Cosa succede in Cina? La narrazione (cinese) ci aveva abituati a una Cina zero Covid e casi “importati”. Pechino ha adottato una strategia precisa: Sars-Cov-2 diventa Covid e guai definirla Sars, i casi sono tanti, ma sempre asintomatici (se interni), pochi e con sintomi (se importati). Il messaggio, non tanto sottile? Che quasi esista una versione Covid-Cina più “tranquilla”.



La realtà, però, non sembra dar ragione alla narrazione di Xi Jinping e compagni di partito: si creano strutture (fatiscenti) dove internare positivi (anche stranieri) nel mentre vengono edificati ospedali. In mezzo, la versione ufficiale: paghiamo il contagio da Omicron (variante importata).

La questione, però, pare più semplice: la maggioranza dei cinesi non è vaccinata e il vaccino locale sembra non funzionare molto (soprattutto sui casi gravi). Non per nulla gli stranieri hanno preferito vaccinarsi nei paesi d’origine, soprattutto se occidentali.



Ma esattamente, cosa succede in Cina? Shanghai ricorda un recente film: lockdown indefinito. Bambini separati dai genitori, animali domestici soppressi, divieto d’uscire, supermercati chiusi e cibo (d’asporto) ai minimi storici, mentre i lavoratori vivono in ufficio onde evitare che le produzioni si fermino. Tutto questo per la variante Omicron?

Molte fonti dalla Cina non offrono un quadro chiarissimo, tra social bloccati e un regime sempre più tentacolare. La muraglia cinese virtuale, però, si era inceppata circa dieci giorni orsono, quando iniziò a girare una notizia (non verificata) che in loco vi fosse una nuova variante, notizia ovviamente “sparita” in qualche ora. Le aziende cinesi iniziano a essere preoccupate, la produzione è rallentata e la popolazione è insofferente, tanto che iniziano a esserci rivolte.



Oltre alla possibile variante, l’altra ipotesi è che Pechino sperimenti futuri lockdown energetici, del resto la produzione mondiale ante-2020 è sostenibile solo tagliando altro. La guerra in Ucraina ha spezzato l’equilibrio mondiale, di fatto la crisi preoccupa la Cina, che senza il supporto occidentale non ha possibilità per evolversi a livello tecnologico.

Una Cina “spaziale” sempre più al centro della propaganda, infatti, vuole dimostrare di essere al passo con il G-7. In realtà, l’alleato maggiore (la Russia) ha un Pil inferiore alla Spagna e capacità militari non ai livelli teorizzati. Una fonte locale fa notare che i lockdown duri sono iniziati con l’Armata Rossa impantanata in Ucraina. La Russia non ha uno sviluppo tecnologico e produttivo superiore a quello cinese, quindi, sempre secondo fonti locali, Pechino ha deciso di “provare nuove strategie”.

Il colosso asiatico, che ancora non ha fatto vera luce sull’origine del Sars-Cov-2, non riesce a dare vera concretezza alla propria ripresa, attuando strategie lontane dal ruolo di super potenza a cui ambisce.

La verità è che la Cina dipende dall’estero nel cuore stesso della propria produzione, ovvero manca della parte legata ai brevetti, che portano sviluppo industriale, perché copiare non basta. Da valutare, quindi, il vero senso di quella che si può definire dittatura sanitaria: è politico o d’insabbiamento?

Il mercato cinese scricchiola e gli sbocchi sono limitati in questo scenario mondiale, non rimane quindi che puntare alla diversificazione energetica e produttiva che passa anche da macro esperimenti sociali ed economici.

Il mondo del 2019 non esiste più e in Occidente si fatica persino a constatarlo.

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