Secondo fonti di intelligence, nelle ultime settimane l’istituto cinese Qualland Institution sta conducendo analisi approfondite sugli argomenti ma anche sulle analisi che i numerosi ricercatori europei si servono per contestare la linea ufficiale del partito comunista cinese. Nello specifico questo istituto versa ingenti somme di denaro per avere informazioni specifiche sull’Indo-Pacifico e soprattutto su come gli Stati europei intenderebbero muoversi. Ufficialmente si presenta come una istituzione che promuove ricerche strategiche e di politica internazionale e nello stesso tempo promuove gli interessi relativi alla Belt and Road Initiative (Bri).
Servendosi delle informazioni l’istituto cinese raccoglie report, organizza simposi, seminari, pubblica articoli accademici che riguardano la Cina. Un’attività questa perfettamente legittima, tra l’altro, che viene sistematicamente compiuta anche dagli istituti strategici e di politica internazionale sia europei che americani. Si tratta ad ogni modo di monitorare attraverso l’analisi di informazioni aperte quali sono le opinioni dei principali istituti di ricerca europei sulle questioni che riguardano la Cina.
Questa attività di analisi risulta naturalmente preparatoria rispetto a quella che poi verrà posta in essere dai servizi di sicurezza cinesi: infatti una volta fatta una mappatura ampia e capillare delle analisi che vengono fatte dalle istituzioni strategiche e di quelle di politica estera europea, i servizi di sicurezza avranno come loro principale compito quello di individuare i punti deboli del Paese europeo e/o di individuare le possibili aree di influenza in cui il Pcc può costruire la sua influenza in Europa.
Questa informativa relativa all’istituto cinese ha una provenienza molto evidente che è quella del servizio di sicurezza francese (Dgse) e costituisce quindi un’informazione molto interessante. Lo dimostra il fatto che non esiste sul motore di ricerca Google alcun riferimento esplicito in lingua inglese ma solo in lingua francese.
Tuttavia l’elemento più interessante è il fatto che non siano state poste in essere misure attive per attuare una contro-offensiva informativa da parte dei servizi di sicurezza europei.
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