Lo accusano di prediligere il dialogo preferenziale con il centro-destra. Di essere un fautore del ritorno al liberismo economico. E di presentarsi come esponente del blocco di potere padano, portavoce del Nord in rotta di collisione con l’anima meridionalista del Governo, rappresentata dal ministro Provenzano e dallo stesso premier Conte. Carlo Bonomi è – in parte – ancora un oggetto misterioso, da interpretare e derubricare. Ma è prevedibile che, se con l’esecutivo sarà indotto a un appeasement (sul Recovery fund) e con i sindacati dovrà scendere a patti (sui contratti), è con il Mezzogiorno che il numero uno degli imprenditori italiani resta in campo per una partita tutta aperta, uno scontro da vincere a tutti i costi.
“Abbiamo bisogno di far crescere il Sud – dichiara all’Assemblea degli industriali di Cremona – ma non con mille bonus, occorrono infrastrutture e risolvere il tema legalità. Anzi, per dirla tutta, se non si risolve il tema della legalità non arriveranno gli investimenti al Sud”. Che è un po’ come buttare la palla in tribuna e rinviare alle calende greche il problema strutturale della riduzione del divario territoriale interno. E sia detto facendo la tara di una legittima polemica contro la posizione di Bonomi, perché sarebbe tutto da verificare se il tema legalità, oggi come oggi, riguardi solo il Mezzogiorno. E qui basterebbe citare il magistrato Giuseppe Pignatone, che in un intervento del lontano 2011 all’Università Bocconi di Milano affermava: “Occorre impiegare risorse al Sud, per contrastare la forza delle mafie là dove è il centro vitale di accumulazione del loro potere criminale ed economico; contemporaneamente però esse vanno contrastate con lo stesso impegno nelle altre regioni d’Italia, specie quelle più ricche, dove hanno sviluppato le loro propaggini territoriali”.
Il 29 settembre scorso, giorno della sua prima Assemblea di Confindustria, Bonomi arriva con una relazione di 23 pagine, a metà della quale chiarisce la sua posizione sul tema della coesione territoriale tra Nord e Sud: “Abbiamo accumulato una lista molto numerosa di incentivi e bonus ad hoc per il Sud e del perché appare sconsigliabile affiancarvi altri bonus a tempo”. E aggiunge: “Nel volume che consegneremo ‘Italia 2030-2050’ il Governo troverà la nostra analisi del perché i bonus non ottengono risultati indicati all’atto del varo”.
Il libro in questione è Italia 2030-2050 scaricabile dal sito di Confindustria. Vi si può leggere il capitolo su “Coesione territoriale e sviluppo del Mezzogiorno”, dove si possono constatare considerazioni fondamentali (che in taluni passaggi sembrano di fonte Svimez) e di cui Bonomi, nelle sue esternazioni pubbliche sul Mezzogiorno, non sembra tenere conto. È come se tra la bocca che parla e gli occhi che leggono ci fosse una soluzione di continuità. E siccome la liturgia confindustriale prevede che l’antifona sul Sud (incapace di spendere e di crescere e di riscattarsi) resterà vigente nei mesi prossimi, vale la pena andarci a spulciare in quel volume. Scopriamo, a proposito delle “rilevanti risorse europee e nazionali per la Politica di Coesione…”, che quanto dice di giorno Bonomi è asimmetrico rispetto a quello che scrivono – di notte – i professori dell’Università “Luiss Guido Carli” nel volume edito da Confindustria Servizi. Ecco dove:
1) Risorse sostitutive. “Purtroppo, tali risorse (europee. Ndr) hanno sistematicamente sostituito le minori risorse ordinarie, perdendo così la loro funzione addizionale e il loro contributo al riequilibrio… (pag. 233)”.
2) Sud marginalizzato. “… il Mezzogiorno ha subito una progressiva e sempre più pericolosa ‘marginalità economica’, anche se interrotta da un breve periodo (2015-2018) di crescita comunque più bassa… (pag. 239)”.
3) Impegno straordinario. “(la situazione) generata dal Covid, conferma la dinamica divergente del Mezzogiorno, interromperla e invertirla richiede un impegno straordinario, in termini di efficienza e di efficacia di impiego di risorse pubbliche di entità eccezionale… (sottolineatura nostra, pag. 233)”.
4) La madre delle riforme. “La prima delle riforme deve, quindi, essere quella di una efficiente ed efficace Politica di Coesione territoriale e di Sviluppo del Mezzogiorno e il Piano Sud 2030 rappresenta un significativo passo avanti in tal senso, da integrare e coordinare col Recovery Plan… (pag. 239).
5) Una logica redistributiva. “Si deve quindi uscire definitivamente dalla logica ‘difensiva’ delle risorse destinate al Sud e adottare una logica ‘redistributiva’ nel Sud, basata su una chiara programmazione multi-livello Stato-Regioni degli investimenti “nel” Mezzogiorno… (pag. 241).
6) No autonomia differenziata. “Logiche aprioristiche di accentramento/decentramento della spesa, come quelle che sembrano emergere anche dal dibattito sulla cd. “autonomia differenziata”, vanno quindi superate e basate su principi di equità, efficienza ed efficacia… (pag 241)”.
7) Riallocare le risorse. “Privare il Mezzogiorno di risorse non utilizzate non ha senso ed è dannoso e perverso, ha senso, invece, riallocare queste risorse nel Mezzogiorno, spingendo così a una maggiore competizione tra Regioni ed enti Locali ‘del Mezzogiorno’ per disincentivare le inerzie… (pag. 241).
8) Puntare sulla qualità. “… le prospettive di investimento non possono essere quelle di far competere il Mezzogiorno con economie a più basso costo del lavoro; per le Regioni del Sud Italia si deve più decisamente puntare sulla ‘qualità’ degli investimenti e delle produzioni”.
Abbiamo un problema, ma stavolta al viale dell’Astronomia, Roma. Mettere d’accordo emisfero destro col sinistro.