Con la nomina dei tre saggi – Andrea Tomat, Andrea Bolla e Carmela Colajacovo – parte ufficialmente la corsa che porterà alla designazione del nuovo presidente di Confindustria. Il punto di arrivo è fissato nel 21 maggio quando l’assemblea degli associati sarà chiamata a pronunciarsi sul nome che avrà avuto il maggior numero di consensi nella seduta del Consiglio generale in programma il 26 marzo.
In questi giorni sarà quindi possibile verificare la solidità delle autocandidature, che dovranno essere sostenute da almeno il 10 per cento dei voti assembleari, o constatare il formarsi di candidature spontanee che per essere prese in considerazione dovranno raggiungere il 20 per cento delle preferenze. Insomma, siamo alla prova della verità.
Secondo quanto si è detto o fatto trapelare fin qui, al nastro di partenza si schiereranno in quattro. In ordine alfabetico: il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, la vicepresidente di Confindustria Licia Mattioli, il numero uno dei FederlegnoArredo Emanuele Orsini, il presidente dell’associazione di Brescia Giuseppe Pasini. L’industriale del caffè Andrea Illy si riserva di giocare in seconda battuta.
I territori di origine degli sfidanti sono quattro: Lombardia (Bonomi e Pasini), Piemonte (Mattioli), Trentino (Illy) ed Emilia-Romagna (Orsini). La particolarità della competizione sta nel fatto che tutti i concorrenti finora conosciuti hanno numeri e meriti da poter esibire. E dimostrano una voglia di partecipazione che per la Confederazione di viale dell’Astronomia è un’indubbia dimostrazione di vitalità.
Va considerato, inoltre, che almeno quattro dei cinque aspiranti presidenti fanno attualmente parte della squadra di Boccia: Bonomi e Pasini sono alla testa rispettivamente dei Comitati tecnici per il Fisco e l’Energia, Mattioli è molto attiva come vice con la delega all’internazionalizzazione, Orsini è a capo di una delle categorie più importanti del sistema e del prestigioso Salone del Mobile di Milano.
A seguito del lavoro di ascolto e sondaggio assegnato ai saggi, si capirà verso chi potrà andare il maggior numero di simpatie. Quindi, chi avrà una credibile possibilità di catturare il voto della maggioranza dei membri del Consiglio generale cui è delegata, in definitiva, la scelta dell’uomo o della donna che avrà l’onore e l’onere di guidare per quattro anni la prima organizzazione imprenditoriale del Paese.
Appare evidente che una griglia di partenza così affollata – e che in teoria potrebbe diventare ancora più folta – porterà a intese e accorpamenti prima del possibile ballottaggio tra i pretendenti che saranno riusciti ad assorbire le preferenze di chi deciderà di abbandonare il campo: per definire il prossimo presidente di Confindustria sarà fondamentale il gioco delle alleanze.
Considerando la qualità dei candidati e anche le premesse, sarà una competizione interessante. Ciascuno dei partecipanti dovrà e potrà esporre il suo programma ed è davvero difficile immaginare che possano discostarsi di molto dal solco attuale se si deve dare credito a quanto dichiarato finora da ognuno di loro: centralità della questione industriale, rilancio degli investimenti a partire dalle infrastrutture, crescita, apertura dei mercati, attenzione ai giovani, taglio delle tasse, contesto europeo.