Un titolo e un testo per volare alto, in considerazione dell’ospite di riguardo: il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Si presenta così l’assemblea pubblica annuale di Confindustria che per bocca del suo Presidente rinvia ad altre sedi la discussione sui conti pubblici, la Legge di bilancio, i rapporti con il Governo. Dunque, si è parlato di “Impresa, lavoro e democrazia” come “strada della Costituzione” dopo aver proiettato e apprezzato un filmato sulla dedizione al Paese di aziende e istituzioni nei momenti più difficili come quelli dell’ultima alluvione in Emilia-Romagna (ma si potrebbe raccontare la stessa cosa per i terremoti e le altre catastrofi).
L’occasione per deviare sui temi di attualità il Presidente Carlo Bonomi l’avuta e colta subito dopo in sala stampa nel corso della consueta conferenza con i giornalisti. Cosicché l’appuntamento clou dell’Associazione presso il Parco della Musica di Roma si è diviso in tre momenti e in tre luoghi diversi: la difesa della democrazia e delle libertà come configurato dalla nostra Carta fondamentale nella Sala di Santa Cecilia, la manovra prossima ventura per mettere in sicuro i conti pubblici senza rinunciare alla crescita nei locali allestiti per l’incontro con i media, le indiscrezioni sul cambio della guardia al piano alto di viale dell’Astronomia negli ampi corridoi.
Nel primo tempo Mattarella e Bonomi hanno duettato seguendo uno stesso spartito volto a enfatizzare i valori fondamentali – e comuni – della Repubblica con note particolarmente forti a tutela della dignità del lavoro e dei lavoratori. Sicurezza e un salario che non induca alla povertà sono alla base di una società più giusta capace di premiare le sue forze migliori e trattenere i giovani troppo spesso inclini a cercare fortuna all’estero. Bisogna evitare di cavalcare le paure che opprimono, impegnarsi per ridurre le diseguaglianze che disgregano le comunità, restituire fiducia nel futuro evitando di ingenerare l’ansia che paralizza. E proseguire nelle riforme vivificanti.
Il secondo tempo è stato scandito dalle domande dei giornalisti che hanno consentito a Bonomi di recuperare il terreno dell’attualità. All’Esecutivo della Premier Giorgia Meloni (presente in sala con quasi tutti i suoi ministri) il Presidente di Confindustria consegna tre messaggi: confermare il taglio del cuneo fiscale e se possibile aumentarlo a costo di sacrificare altre forme d’incentivo come le tax expenditures, procedere con coraggio sulla via degli investimenti nel pubblico attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza e nel privato rilanciando i crediti d’imposta, insistere sulle riforme abilitanti senza le quali ogni sforzo può essere vano.
C’è stata anche l’occasione d’intervenire sulla misura che mira a recuperare risorse dai cosiddetti extra profitti delle banche, misura concepita in modo da sfuggire alle classificazioni della letteratura scientifica e per questo più vicina a un prelievo forzoso che a un atto virtuoso. Ma ci sarà modo e tempo di aggiustare il tiro in Parlamento. Qualche perplessità sulla Zona economica speciale (Zes) unica per l’intero Mezzogiorno perché pur se ispirata a un sano principio di razionalizzazione degli interventi potrebbe ostacolare l’avvio o la prosecuzione delle iniziative già mature e pronte a essere varate nelle regioni interessate.
Il terzo tempo è tutto per le voci che s’inseguono sulla scelta del futuro Presidente della più importante confederazione degli industriali, forte di oltre 150mila iscritti e di un invidiabile posizionamento nelle stanze del potere in Italia. Questa è stata infatti l’ultima assemblea guidata da Bonomi e ora si aprono i giochi per la sua successione. A gennaio s’insedieranno i saggi per l’ascolto del sistema ed entro marzo si dovrà individuare e designare colui o colei che a maggio prenderà possesso dell’incarico per i quattro anni a venire. I nomi che circolano per la competizione sono noti: Alberto Marenghi, Emanuele Orsini e Antonio Gozzi i più esposti. Ma i giochi sono ancora tutti da fare.
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