Alla fine, uno solo resterà. All’Unione degli Industriali di Napoli va in scena una trama ispirata alla saga di Highlander. E il Presidente Maurizio Manfellotto usa carta e penna con la stessa foga che l’eroe scozzese mette nel brandire lo spadone. Fuori uno, fuori un altro al vertice dell’associazione fino a chiedere le dimissioni dei vicepresidenti sospettati di alto tradimento.
L’ultima occasione di scontro riguarda la partecipazione di alcuni maggiorenti confindustriali alla presentazione da parte di Ambrogio Prezioso, già a capo dell’organizzazione di Palazzo Partanna, del progetto Est(re)moenia che si propone di rigenerare il pezzo di città che dalla stazione centrale si spinge fino al centro coinvolgendo la fondamentale area del porto.
Un proposito che avrebbe dovuto trovare l’Unione allineata e collaborativa visto che si tratta di creare valore urbanistico in un’area da troppo tempo dimenticata (mai come Bagnoli, però) nonostante i ripetuti propositi d’intervento. E infatti l’iniziativa ha catturato l’attenzione e l’adesione d’industriali, professionisti, accademici, cooperative sociali.
Anche il neosindaco Gaetano Manfredi ha salutato con favore l’intervento e il governatore Vincenzo De Luca ne ha auspicato la rapida attuazione mostrando che le principali istituzioni pubbliche, Comune capoluogo e Regione, sono finalmente in asse dopo anni di dissidi dovuti alla vaghezza amministrativa, per essere educati, dell’ex primo cittadino Luigi De Magistris.
Insomma, per una volta sembrava si potesse manifestare una piena convergenza di tutti gli attori per il raggiungimento di un obiettivo in grado di contemperare interessi pubblici e privati come accade quando si lavora per accrescere il benessere collettivo attraverso investimenti in grado di potenziare l’attrattività turistica e imprenditoriale di un territorio.
Invece no. Suggestionato da chissà quali fantasmi o semplicemente consigliato male – o tutte e due le cose com’è assai probabile – il dirigente della multinazionale giapponese Hitachi scelto per completare il mandato lasciato a metà da Vito Grassi, passato alla vicepresidenza nazionale, ha visto una minaccia invece che un’opportunità e ha cominciato a tirare fendenti.
Sotto forma, in questo caso, di taglienti missive: spieghino, i signori partecipanti, a che titolo abbiano preso parte all’iniziativa Est(ra)moenia; vengano a giustificare il proprio comportamento davanti ai probiviri; prendano le distanze dalle proprie scelte o si dimettano dagli incarichi perché verrebbe a cadere la fiducia in loro riposta.
Da quando la libertà di associazione sia diventata un atto di lesa maestà non è dato di sapere. L’intemerata potrebbe rivolgersi contro il suo autore. E la reazione risentita dei destinatari del malumore (o malessere) del presidente Manfellotto non fa presagire nulla di buono tra le pareti di un palazzo che si appresta a tornare al voto per eleggere i nuovi rappresentanti.
L’inaspettato attivismo del Presidente potrebbe avere come mira proprio il voto della primavera prossima quando gli associati – quelli che resteranno – torneranno alle urne per eleggere la squadra di vertice che avrà l’opportunità per i successivi quattro anni di orientare decisioni e realizzazioni riferite alle opere del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Ogni circostanza diventa buona per regolare i conti con i troppo indipendenti. E non fa niente se nel frattempo il sodalizio si svuota di storiche presenze rimpiazzate da ingressi a tariffe agevolate per mantenere una dignità di numero. Se l’obiettivo è garantire un certo risultato ne vedremo delle belle. A dispetto del galateo, del bon ton, di ogni pretesa di fair play.
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