Il Fondo monetario internazionale l’8 novembre ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il governo congolese su un programma triennale nell’ambito dell’Extended Credit Facility (Ecf) per aiutare il paese a mantenere la stabilità macroeconomica e stimolare la ripresa nel contesto della pandemia.
Nello specifico, il Fmi e Brazzaville hanno concordato il contenuto delle riforme che la terza economia della Comunità economica e monetaria centrafricana (Cemac) dovrà attuare in tre anni per ottenere l’erogazione delle risorse – attraverso diverse fasi – dopo la verifica e la convalida dell’attuazione del programma da parte dello stesso Fmi. L’Ecf prevista a favore di Brazzaville dovrebbe ammontare a “324 milioni di diritti speciali di prelievo (Dsp) o 456 milioni di dollari”.
Tuttavia questo Peco sarebbe il quarto firmato tra Brazzaville e il Fmi dal 2004. Nel dicembre di quell’anno è stata approvata una linea di credito per un importo di 55 milioni di Dsp, appena la metà dei quali è stata erogata. Un secondo Peco di soli 8,46 milioni di Dsp è stato approvato ed erogato tra il 2008 e il 2011. Ma appena il 10% dell’importo del terzo Peco, firmato a luglio 2019 e in esecuzione fino ad aprile 2021, è stato erogato, ovvero 32,4 milioni di Dsp su un totale di 324 milioni. Il Congo, infatti, non ha raggiunto gli obiettivi indicati dal Fondo anche per la pandemia.
Al di là delle richieste di rito formulate dal Fmi, dobbiamo fare due osservazioni. La prima è che il Fondo monetario ha chiesto la pubblicazione di informazioni reali sulla produzione petrolifera come sulle entrate reali che il governo ha raccolto fino a questo momento. E questo significa che il Fondo vuole mettere le mani sulle risorse petrolifere a prezzi stracciati: non a caso ha chiesto una revisione del sistema fiscale nel settore petrolifero. Insomma, che il Congo sia sulla stessa falsariga della Grecia, che fu sostanzialmente venduta, lo indica il fatto che i creditori non sono pochi.
I creditori di cui stiamo parlando – e siamo alla seconda considerazione – sono la Turchia, il Brasile e soprattutto la Cina. Concretamente sarà un pool di gruppi bancari che dovrà gestire la ristrutturazione del debito del Congo. Questo club esclusivo è denominato “Brazzaville Club”, composto da BgfiBank, Congolaise de Banque (Lcb, gruppo Bmce Bank of Africa), Ecobank e la sino-congolese Bank for Africa (Bsca), che ha già rilevato oltre 505 milioni di euro dei debiti pubblici nazionali del Congo, con uno sconto dal 15% al 30%, che lo Stato si è impegnato a rimborsare al tasso del 6,5% in otto anni.
Secondo il Fondo monetario internazionale, il debito pubblico totale congolese in percentuale del Pil è sceso da livelli superiori al 100% della produzione economica nazionale negli ultimi anni a circa il 94% nel 2021. Si prevede che scenderà al 61,3% del Pil entro il 2026.
Allo stesso tempo, la crescita economica negativa negli ultimi anni (-0,4% nel 2019, -8,2% nel 2020 e -0,2% nel 2021), dovrebbe aumentare dal +2,4% nel 2022 al +6,3% nel 2024.
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