Sembra proprio che siano infinite le insidie che il Covid-19 tende un po’ a tutti, senza fermarsi davanti ad ostacoli di nessun tipo, capovolgendo continuamente le regole del gioco e lasciando tutti sempre spiazzati, davanti a quella che si potrebbe chiamare l’intelligenza perversa di un virus solo apparentemente senza testa. Riesce a raggirare con facilità tutti gli addetti ai lavori, trattandoli da sprovveduti, siano scienziati che clinici, economisti e giornalisti, ma soprattutto politici condannati ad essere sistematicamente smentiti dai fatti.



Sembra quasi che ogni affermazione si risolva in un bla bla bla, non voluto ma in definitiva assai poco rassicurante. Le principali fake news che hanno riempito i social, spacciandosi per teorie scientifiche; le previsioni sull’evoluzione della pandemia, smentite nel giro di poche ore; le promesse sulle soluzioni assolutamente definitive, come il vaccino in doppia tripla dose… tutto finora è caduto nel vuoto della contraddizione e nell’inevitabile conflittualità tra gli addetti ai lavori. Complice anche lo scenario televisivo con i suoi talk show, sempre più gridati e spesso ormai anche sempre più sguaiati.



Ad un cittadino mediamente attento alla realtà che lo circonda, ai suoi segnali, ai rischi in cui si potrebbe imbattere e che francamente desidera scansare per sé e per le persone care, questo virus ha posto una serie di quesiti, che finora sono rimasti senza risposta. È stato detto tutto e il contrario di tutto, ma ancora non sappiamo da dove arriva, e non basta rispondere da Wuhan, perché la domanda successiva in un gioco di rimandi infiniti diventa: a Wuhan come è arrivato? Ma poi subito dopo ci si può e deve chiedere come fa, nonostante gli infiniti ostacoli che nel frattempo si sono messi in gioco, ad eludere tutte ma proprio tutte le dogane, tutti i controlli, per arrivare davvero dovunque in tempo reale, adattandosi al contesto per tornare a colpire più, prima e peggio…



Tutto ciò mentre noi lo rincorriamo, almeno in Occidente, con vaccini super-garantiti per efficacia e sicurezza. Avevamo a lungo creduto che avrebbe colpito le classi fragili, i famosi ultraottantenni della prima ora, ma attualmente siamo sotto la soglia dei 10 anni. È lì dove si stanno concentrando le nuove vittime designate. Ormai anche loro in cerca di vaccino: vaccino prima dose, che diventerà presto vaccino seconda dose e forse anche per loro vaccino terza dose.

In questo caos globale si intrecciano le voci dei tecnici: dai membri del Comitato tecnico-scientifico agli esperti dell’Istituto superiore di sanità per finire con le voci del Governo, dove tra Speranza e Sileri si ha la sensazione che la difformità degli approcci sia sempre più evidente. La voce pacata e rassicurante di Speranza lancia messaggi che all’oggettiva drammaticità dei numeri accompagnano sempre il giusto antidoto: non importa come vadano le cose nel mondo, dove pure stanno andando male, ma noi siamo i più bravi. Noi siamo i più illuminati, anzi forse gli unici veramente illuminati. Noi abbiamo capito prima di tutti gli altri cosa occorresse fare: vaccinarsi non appena la curva dei contagi sale, vaccinarsi tutte le volte che sarà necessario: 2-3 e magari anche quattro volte. Vacciniamoci, magari anche documentandolo sul proprio sito, sui social, in Tv e tutto si risolverà.

Leggermente diversa la voce più diretta e immediata di Sileri, meno paludata, meno drammatica. Più realista e concreta: non sente affatto il bisogno di dare spiegazioni di ciò che non si sa, ma non accetta lezioni né dai vax né dai no-vax, entrambi fanno finta di sapere ciò che non sanno. Ma al dunque, in modo assolutamente pragmatico, anche Sileri ripete, nel dubbio conviene vaccinarsi. Fa meno male vaccinarsi che non vaccinarsi, quindi meglio vaccinarsi. D’altra parte abbiamo gli armadi pieni di dose di vaccini e conviene somministrarle, raggiungendo spazi sempre più ampi di popolazione.

Come se il sillogismo sotteso fosse: il vaccino, nonostante i nostri tentativi di batterlo, gira ancora indisturbato; noi abbiamo comprato quintali di vaccini: il vaccino sembra che tutto sommato faccia bene, allora usiamolo e vacciniamoci. Poiché però il timore sotteso resta quello degli eventi avversi da vaccino, basta una qualsiasi formula matematica per dimostrare che gli eventi avversi da virus superano quelli da vaccino, quindi ancora una volta vaccinarsi è meglio. La dialettica vaccino sì e vaccino no, paradossalmente, non interessa l’obbligatorietà del vaccino. Nessuno parla di vaccino obbligatorio. Ciò che è obbligatoria è la certificazione dell’avvenuto vaccino, a cui nessuno si può sottrarre, tanto che è diventato un’ossessione tenere a portata di mano il green pass viste le innumerevoli volte in cui occorre mostrarlo. Il vaccino non è obbligatorio: l’invito a vaccinarsi è una sorta di moral suasion, ciò che conta è il green pass. Potenza delle contraddizioni e delle ipocrisie del sistema in cui nessuno dà realmente il numero degli eventi avversi da vaccino, la loro tipologia, i rimedi messi in atto e se necessario gli eventuali indennizzi o rimborsi…

Conosciamo però a memoria numero di contagi; numero e tipologia dei tamponi; numero dei ricoverati, dei pazienti in terapia intensiva; numero dei guariti e dei decessi. Tutte le colpe del virus sono attentamente esaminate, catalogate e messe in bella mostra… Conosciamo meno sul tipo e sul numero dei vaccini, il numero degli eventi avversi, la loro tipologia e le conseguenze a breve e medio o lungo termine. Ma di questo nessuno parla: né il Cts, né l’Iss, né ministro o sottosegretari… e neppure SuperMario.

Potenza della stampa, che ripartisce tutti i torti al virus e tutti meriti al vaccino. Noi ci atteniamo all’antico detto: Dubito ergo sum; mi vaccino ma continuo a dubitare…

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori