Chiuse le urne elettorali, prima di ogni commento è necessario far parlare i numeri per capire come mai Paolo Truzzu, il candidato della Meloni, abbia perso per poche migliaia di voti contro Alessandra Todde, candidata dell’alleanza Pd-5Stelle. A destra, nel quartier generale di FdI, ieri notte sono andate in scena riunioni fiume per trovare le prove (da portare alla premier) di chi sia stato il “traditore” che ha fatto perdere il centrodestra.



La nostra fonte, presente nella sede romana, ci racconta che sono volati paroloni grossi, accuse e sospetti in un clima da tutti contro tutti. Nessuno si è voluto assumere la responsabilità della sconfitta, men che meno attribuirla alla Meloni. “Non eravamo più abituati” ci dicono “ad analizzare un ko elettorale”. Eppure, come dicevamo, i numeri parlano chiaro e uno, più di tutti, ci indica che il primo vero colpevole di questa sconfitta è proprio Truzzu: a Cagliari, nella città di cui è sindaco, il candidato del centrodestra ha perso 34,6% a 54% ed è stato superato di 12mila voti dalla Todde.



Nonostante questa scoppola a casa sua, quando mancano gli ultimi 26 seggi da scrutinare, la Todde ha solo 3.609 preferenze (incolmabili) di vantaggio sul suo avversario: 328.108 contro le 324.497 di Truzzu. Potremmo fermarci a questi pochi numeri per trovare una spiegazione plausibile a questa sconfitta. Del resto se candidi un sindaco in carica, della città capoluogo, è perché pensi che abbia amministrato bene e che quindi porti in dote, oltre al buon governo, anche i voti del suo “fortino” elettorale. Si dice che il candidato presidente debba rappresentare un valore aggiunto in termini numerici: nel suo caso ha portato, dal suo “feudo”, meno di 12mila voti alla coalizione. Sarebbe interessante sapere a chi abbiano commissionato il sondaggio pre-elettorale per capire se Truzzu poteva essere il candidato vincente della coalizione.



Però c’è qualcuno a cui fa comodo ignorare questi dati e, per autodifesa, sta cercando di insinuare che i veri colpevoli non siano da ricercarsi in casa propria ma tra gli alleati. Anche qui i numeri ci vengono in soccorso per rispondere a questo quesito: la somma dei partiti di centrodestra ha preso un totale di 329.757 preferenze, mentre Truzzu ha totalizzato 324.497 voti totali (118 sezioni su 144).

Dunque il candidato del centrodestra ha preso 5mila voti in meno delle liste a lui collegate. Tralasciando la decisiva disfatta di Cagliari, sarebbe bastato prendere tutti i voti di lista (329.757)  per vincere il confronto con la Todde che ne ha totalizzati 328.108. In molti durante la campagna elettorale agitavano il pericolo del voto disgiunto, che c’è stato e si è limitato a 5mila voti.

Ma anche a questi voti mancanti non è poi così difficile trovare una spiegazione e una responsabilità: sappiamo che Truzzu ha “tolto” il posto di candidato a Solinas, il presidente uscente espressione del Partito Sardo d’Azione, con una forzatura di Meloni e Fratelli d’Italia che da Roma hanno imposto il nome del sindaco di Cagliari. Conosciamo bene la ritrosia dei sardi nel farsi comandare dagli “stranieri” e quanto tengano alla loro autonomia. Motivo per cui chi ha scelto Truzzu avrebbe dovuto mettere in conto un’emorragia di voti dal partito autonomista, che alla fine si è ridotta a quei 5mila contro i 36mila totali ottenuti dal Partito di Solinas. Ignorando tuttora i meriti e i numeri che hanno portato alla candidatura di Truzzu, molto probabilmente si pensava che sarebbe bastato ancora una volta il tocco magico della premier per far diventare vincente il sindaco di Cagliari. Speriamo che qualcuno nello “stanzone romano” rilegga obiettivamente questi numeri, senza agitare fantasmi. Per continuare a vincere bisogna imparare a perdere, iniziando dal riconoscere i propri errori.

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