Con la crisi del gas Eni è tornato prepotentemente al centro della scena italiana. Il colosso energetico creato da Enrico Mattei (che fu nominato dal governo per liquidare l’Agip ed invece s’inventò l’Eni… altri tempi e altri uomini) ha da sempre in mano la spina dorsale del nostro Paese: fornisce energia per produrre e la procaccia sul mercato internazionale.
Eni ha proprie strutture ove opera (nell’interesse nazionale) e ha garantito indipendenza energetica dalla Russia (per noi vale un 40%) entro il 2025, questo operando una diversificazione d’approvvigionamento.
Il nuovo esecutivo avrà in mano la carta della nomina del nuovo amministratore delegato (non esclusa la conferma dell’attuale) e soprattutto studierà un sistema per alzare la quota statale (ora al 25%, mentre Germania e Francia hanno nazionalizzato del tutto) e dare più “spazio di manovra” al colosso.
Eni nel 2021 ha chiuso con utili importanti e certificati, il che ha portato ossigeno anche alle casse dello Stato italiano. Eni è l’ottavo gruppo petrolifero a livello mondiale, ma con giusti accorgimenti potrebbe entrare nei primi cinque, ovvero realizzare il progetto di Mattei. Oggi è una multinazionale che opera in ben 66 Paesi e dà lavoro a oltre 32mila persone. La società è presente nei settori del petrolio, del gas naturale, della chimica, della produzione e distribuzione dell’energia elettrica e delle energie rinnovabili, e qui si colloca tra i primi tre player mondiali.
Eni potrebbe dare una grossa mano alle produzioni italiane a grande intensità (pensiamo a Fincantieri o a Leonardo) e anche alle Pmi (la nostra manifattura va aiutata, è seconda in Europa e quinta al mondo…) con forti agevolazioni sulle bollette, proprio sull’esempio della Basilicata.
Nel periodo compreso tra il 1996 e il 2021 (alla data del 30 giugno) Eni, in joint-venture con Shell, ha versato alla Regione Basilicata e ai Comuni interessati dall’attività estrattiva, un importo pari a 2,035 miliardi di euro in royalty. Nel solo 2021 (sempre alla data del 30 giugno) sono state corrisposte da Eni royalties per un totale di 55,5 milioni di euro, di cui 32,6 milioni alla Regione Basilicata, 17,1 milioni allo Stato e 5,8 milioni ai sei Comuni interessati dalle attività petrolifere (corrispondenti alla produzione per l’anno 2020).
Questo sistema può essere applicato tranquillamente anche ad altri settori. Per esempio, in Alto Adige – provincia autonoma strategica, atta a fornire energia alle attività ad alta intensità del Triveneto – si potrebbe puntare sull’idroelettrico, potenziando la rete e puntando al comparto Eni dedicato all’elettrico (assorbendo le società locali), di fatto portando royalty per milioni di euro ai territori, che a quel punto li potrebbero tranquillamente utilizzare per aiutare Pmi e privati nelle modalità più consone.
Sono aspetti tecnici macroeconomici che non risultano in contrasto con le normative Ue, non creano pasticci con cedole di debito e soprattutto non portano i bilanci regionali (o provinciali) in pressione. Nel caso specifico dell’Alto Adige ne gioverebbe anche l’industria turistica, che avrebbe forti sconti a livello energetico (a quel punto gestibili dalla Provincia, che attualmente è bloccata tra ente nazionale e bilancio immobile, causa pandemia e crisi energetica).
L’Eni di Enrico Mattei creò il boom economico, di fatto portando energia e gas nelle fabbriche e nelle case degli italiani; oggi il colosso può ridare linfa al nostro Paese, portandolo a produrre a costi contenuti, rendendolo competitivo a livello internazionale.
“L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”, sosteneva il fondatore dell’Eni: è giunto il momento di rendere di nuovo questa massima una “vision”, per il bene futuro del nostro Paese.
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