Pochi minuti dopo la pubblicazione del dato occupazionale Usa, il rendimento del Treasury a 10 anni è salito a 4,10%. Due ore dopo era a 3,96%. In chiusura, praticamente invariato sul giorno precedente: 4,051%. Quanto è affidabile un indicatore simile? Soprattutto, quanto avanti si è spinta la manipolazione del mercato?
Sulle prime, la lettura dei non-farm payrolls di dicembre resa nota venerdì ha generato una pavloviana reazione di panico: quel +216.000 allontanava il primo taglio dei tassi a marzo. Uno sprofondo immediato. Poi, però, tutto ciò che era crollato – bonds, equities, futures -, ha ricominciato a respirare. Quasi qualcuno avesse sussurrato nell’orecchio di non preoccuparsi. Su cosa si basa quella certezza?
Ce lo mostra il grafico: 10 degli ultimi 11 dati relativi ai non-farm payrolls hanno subito revisioni al ribasso.
Novembre, ad esempio, da +199.000 e +173.000. Con il consensus a +180.000. Ottobre è passato da +150.000 a +105.000. E in questo caso, il mismatch rispetto alle aspettative originarie è stato persino maggiore. E così via. Praticamente ogni mese dell’ultimo anno. Quanto è credibile quel dato? Pari al rendimento da jo-jo del Treasury a 10 anni, ovvero al benchmark che regola qualche trilione di investimenti e tutti i modelli di VaR?
Ora guardate questo secondo grafico. Mette in comparazione il controvalore di utilizzo del reverse repo della Fed di New York (linea verde da leggere invertita), la capitalizzazione del mercato equities Usa (linea azzurra) e le riserve presso la Fed (linea rossa).
Intuitivo. E disarmante. Non a caso, grazie agli oltre 50 miliardi di liquidità mantenuti nel sistema nella giornata di giovedì scorso invece che a nanna nella sede newyorchese della Fed, il Sofr – ovvero il tasso di rifinanziamento bancario overnight, il successore del vecchio Libor – venerdì è sceso da 5,39% a 5,32%. La settimana è passata. Poi due giorni di mercato chiuso per riorganizzare idee e strategie. In attesa della vera, grande scadenza. Marzo. La data di stop formale alla facility di sostegno bancario. La deadline per il reverse repo a quota zero. E l’atteso, primo taglio dei tassi. Lo stesso che i 216.000 nuovi occupati paiono aver allontanato, stando ai futures. Poi, le revisioni hanno tranquillizzato tutti. E tutto. Da qui a poche settimane, le prezzature torneranno a 150 punti base di taglio per il 2024. Perché senza finire sui giornali o sui siti, quei posti di lavoro scenderanno. E nessuno si chiederà perché. Come nessuno, oggi, si chiede quanto ci sia da festeggiare nel crollo dei posti full-time a favore di part-time e multiple jobs. Una colossale pantomima. Uno jo-jo, appunto. Necessario per direzionare i mercati e tenerli occupati, appunto. In attesa del vero big event.
Quale? Forse, la minaccia del Governo Usa di una causa contro Apple patrocinata dall’Antitrust potrebbe fornire un indizio. Negli Usa tutti ne parlano. Qui, nessuno. Per noi Mag7 è solo un fucile a pompa. Non il contrafforte del castello di carta chiamato Wall Street. Eppure, il mercato sta davvero camminando su un campo minato in questi primi giorni dell’anno nuovo. Prendete la Cina. La mitica udienza per la formalizzazione del default di Evergrande è stata rimandata già tre volte. Sempre venerdì, invece, la Corte chiamata a legiferare sulla richiesta di bancarotta del gigante dello shadow banking cinese, Zhongzhi, ha dato l’ok. A fronte di un buco debitorio da 36,4 miliardi di dollari emerso solo lo scorso novembre. Strano strabismo. E timing. Eppure, siamo sempre in Cina. Dove se il Partito decide che un’udienza deve saltare, nessun giudice si azzarda nemmeno ad alzarsi dal letto. Dove per il quarto anno di fila, il mercato azionario ha chiuso in rosso. Senza che nemmeno all’estero si siano però levati alti lai per un 1929. Ma se a finire a zampe all’aria è un conglomerato di shadow banking, durezza schumpeteriana. Proprio ora, poi. Mentre i costi di noleggio per spedizioni via container sono letteralmente esplosi al rialzo del 61%. Solo questa settimana.
E questo grafico ci mostra come – da metà dicembre – i tassi spot per la tratta dall’Asia al Nord Europa abbiano subito un aumento del 173%.
Dati di Freightos riportati da Bloomberg e che confermano come sui container 40-foot si viaggi ormai a quota 4.000 dollari per prenotazione e pagamento della piattaforma. Va peggio sulla tratta dall’Asia al Mediterraneo, già a 5.175 dollari e dove si fa notare come le principali compagnie abbiano già annunciato ulteriori aumenti, tanto da proiettare le previsioni in area 6.000 dollari entro due settimane. La rotta dall’Asia alla East Coast statunitense? A oggi, solo 3.900 dollari. Solo +55%. E anche Maersk venerdì ha gettato la spugna: sospensione a tempo indeterminato della rotta sul Mar Rosso per i suoi cargo porta-container. Tutta colpa dell’offensiva Houthi contro le navi commerciali. Houthi da sempre foraggiati e armati dall’Iran. Iran alleato e partner commerciale fedele della Cina. Iran che proprio l’altro giorno è stato bersaglio di un sanguinoso attentato con oltre 100 morti. Rivendicato dal blazer blu della destabilizzazione, il redivivo Isis. Lo stesso Iran, il cui vice-ministro degli Esteri, Mahdi Safari, poco prima del botto in un’intervista con la piattaforma russa Sputnik confermava la volontà del suo Paese di spingere per la creazione e l’adozione di una valuta comune dei Brics.. E stante la prima lettera comune delle monete interessate, avanzava anche una proposta di nome: R5. La risposta del fronte opposto pare giunta a stretto giro di posta.
Sempre venerdì, poi, l’inflazione nell’Eurozona è tornata a crescere: +2.9% su base annua a dicembre, frutto dalla fine degli incentivi energetici in gran parte dei Paesi membri. In Italia, ad esempio, dal 1 gennaio l’Iva sul gas a uso domestico è tornata al 22% dal 5% del regime agevolato. E andrà solo peggio, quantomeno guardandosi attorno. Le scorte di greggio a Sidi Kerir (Egitto) sono ai minimi dal 2018: ora date un’occhiata a questa cartina e unite i puntini, così fa farvi un’idea di cosa stia sviluppandosi sottotraccia.
Resta un ultimo quesito, esiziale: la Bce, quanto tarderà a compiere il policy error? Anzi, in realtà, le domande sono due. Tocca porsene un’altra: il 5 gennaio è iniziato ufficialmente il caos con la C maiuscola?
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