Un falco anti-cinese al Dipartimento di Stato. La nuova Amministrazione Trump si presenta così. Il resto è fuffa. Ma fuffa strumentale. Utilissima. E molto pericolosa. Perché, ovviamente, a fare notizia è la nomina di Elon Musk in tandem con l’imprenditore repubblicano Vivek Ramaswamy alla guida del Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge). Insomma, l’uomo che per anni ha goduto di miliardi di sussidi governativi e credito d’imposta per Tesla e Space X e per i suoi clienti, ora dovrà guidare la crociata contro gli sprechi federali. Il Conte Dracula a capo dell’Avis.
Forse è il caso di spegnere con largo anticipo gli entusiasmi. La nuova Amministrazione Usa nasce con il chiaro intento di schiantare definitivamente l’Europa come concorrente globale, restringere i players in campo a due e poi spalancare la porta allo scontro aperto con Pechino. Utilizzando Taiwan come pallina da tennis, essendo ormai le fabbriche di Tsmc in Arizona sulla strada dell’indipendenza nella produzione di chip avanzati. Tempi lunghi, chiaramente. Ma non per la prima fase. Quella che ci riguarda direttamente.
D’altronde, come dare torto agli Usa. I quali in due giorni hanno pronta la nuova squadra. Mentre la Commissione Ue è ancora alle prese con i suoi casting in stile X Factor, nonostante si sia votato a inizio giugno. Abbiamo perso prima ancora di scendere in campo. Cerchiamo almeno di limitare il passivo, sperando nella differenza reti.
Date un’occhiata a questo grafico, il quale ci mostra quale sia oggi il peso dei dipendenti statali negli Usa. Alla faccia della patria del libero mercato e dell’impresa.
Intendiamoci, questa è tutta eredità dell’Amministrazione Biden e della sua narrativa del soft landing. La stessa che i nostri media si sono bevuti fino all’altro giorno. In un Paese dove il Pil dipende ancora al 70% dai consumi personali, la situazione macro era talmente rosea da dover gonfiare il dato occupazionale con insegnati, sceriffi e bidelli in modalità stamperia di denaro. Il modello Fed. Presentando la nomina di Elon Musk e Vivek Ramaswamy, Donald Trump ha parlato di un Manhattan Project dei nostri tempi. Addirittura, il neo-Presidente si sbilancia con le tempistiche, ritenendo che l’opera di taglio della burocrazia e dell’inefficienza si concluderà non più tardi del 4 luglio 2026. Ovvero, il 250mo compleanno degli Usa. E quando si scomodano questi simbolismi, l’odore acre di fuffa propagandistica diviene immediatamente insopportabile. Un po’ come per i miliardi del Pnrr.
Elon Musk si dice pronto a tagliare fino a 2 trilioni di dollari dal Budget federale, mentre Vivek Ramaswamy punta a licenziamenti di massa fra i dipendenti pubblici. In base ai numeri della loro previdenza sociale. Non vi ricorda la pagliacciata del You’re fired che ha reso celebre proprio Donald Trump nello show televisivo The apprentice? La credibilità è la stessa. Perché in base a quanto scritto in un tweet del 12 novembre 2023, anche il buon Vivek Ramaswamy avrebbe un cronoprogramma.
E sapete cosa imporrebbe in base alla tabella di marcia? Il licenziamento del 50% dei dipendenti statali nel primo giorno di incarico. E sapete in base a quale criterio scientifico opererebbe questa strage dei parassiti d’Oltreoceano? Se il tuo numero di previdenza sociale termina con un numero dispari, sei fuori. Praticamente, un’idiozia. Inutile stare a fare tanti giri di parole. Il problema è che se anche quel post fosse stato un sussulto provocatorio di efficientismo liberista e anti-statalista, oggi la realtà vede il suo autore nella condizione di tramutarlo in realtà. O forse credete anche a questa coincidenza?
Ora tornate un attimo al primo grafico, quello relativo al numero di dipendenti statali intruppati dalla Bidenomics per truccare i conti. Sapete tagliare il 50% di quel numero nel primo giorno, cosa significherebbe? E arrivare al 75%, percentuale ideale di tagli per la strategia di efficienza aziendale più volte rivendicata come vincente e necessaria da Vivek Ramaswamy, a partire dalla famosa intervista al podcast di Lex Fridman che si trova facilmente su YouTube? Insomma, stando alle premesse, l’America di Donald Trump amplierà l’esperienza delirante dell’attuale Governo argentino. Oltretutto, intorbidendo le acque con le criptovalute.
Voi ci credete? Oppure l’unica priorità reale che si nasconde dietro questo colossale gioco di specchi e di cortine fumogene è quella di schiantare a tempo zero l’Europa con i dazi e le tariffe? Martedì è stato pubblicato il dato dell’indice Zew tedesco. Le aspettative hanno segnato 7,4 contro attese di 13,2 e un dato precedente di 13,1, mentre la situazione attuale si è fermata a -91,4 contro attese di -85,0 e un dato precedente di -86,9. Per capirci e mettere la questione in prospettiva, quest’ultimo dato è ai livelli di picco di crisi pandemica. E non distante dalla lettura negativa record registrata nel novembre 1983 con -98,5.
In compenso, il Dax fino al giorno prima brillava di luce propria. Non lasciatevi irretire dal sospiro di sollievo che un’Amministrazione Trump sembra garantire a livello di liberazione dal giogo woke e dall’idea di interventismo bellico Usa tipico dei Democratici al potere. Non sparate simbolici mortaretti per l’intemerata di Elon Musk contro i giudici italiani sul tema delle espulsioni, soprattutto alla luce della contemporanea minaccia a mezzo stampa di Steve Bannon sul Corriere della Sera. Magari gli Usa faranno anche finire le ostilità in Ucraina. Ma hanno una sola idea in testa, a cui né Russia, né Cina certamente si opporranno, stante la miopia autolesionista messa in campo dalle autorità europee negli ultimi due anni. Soggiogare l’Europa. Renderla inoffensiva. Commercialmente suddita. E, soprattutto, territorio di spartizione.
Certo, difficile dare torto a Donald Trump, se di fronte a sé si ritrova istituzioni occupate a farsi i dispetti sui Commissari. Resta il fatto che occorre sperare in un sussulto. Magari, uno shock. Ma il voto tedesco del 23 febbraio 2025 appare troppo lontano. Per allora, gli Usa avranno già messo in campo un intero arsenale. La loro è la logica del Day 1. Guerra lampo. E che, tendenzialmente, non prevede la presa di ostaggi o prigionieri.
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