I britannici, si sa, sono molto attenti alle forme. Meno alla sostanza, come ci mostra la pantomima in atto a Westminster ormai da mesi e mesi. Comunque sia, dopo averla grigliata fino alle lacrime nel corso della riunione del gruppo parlamentare di mercoledì, hanno ritenuto che Theresa May dovesse restare al suo posto ancora un giorno. Ieri, quando la nazione è andata alle urne per votare alle europee, voto teoricamente inutile, visto che il 31 ottobre prossimo il Regno Unito sarà fuori dall’Ue e i suoi rappresentanti eletti a Bruxelles toglieranno il disturbo, lasciando spazio a una logica spartitoria di ripartizione fra i non eletti dei 27. Tant’è, hanno quattro squadre nelle due finali di calcio, possono tranquillamente passare sopra a queste inezie!



Oggi, con ogni probabilità, Theresa May si dimetterà o verrà costretta a farlo e un nuovo capitolo della sciarada avrà inizio. Cosa mi attendo? Lo sapete da mesi, ormai. E, salvo il trionfo dell’imponderabile, non cambio idea. Attenzione, però, ad alcune dinamiche che quanto accaduto proprio in questi ultimi giorni di campagna elettorale stanno svelando, perché ci mostrano un quadro d’insieme che è decisamente differente da quello che emerge da talk-show e titoli dei giornali.



Prendiamo il caso Austria, a mio avviso da studiare con enorme attenzione e non da relegare, come sembra, a un mero incidente di percorso, se non un esercizio di stile tout court. Mercoledì mattina, quasi tutti i quotidiani e le edizioni dei tg parlavano di governo Kurz nel caos totale, pronto alla capitolazione, dopo le dimissioni di massa dei ministri della Fpo, in seguito al benservito che il cancelliere ha riservato al suo ex vice, Heinz-Christian Strache, per il video scandalo a Ibiza. Come sapete e come vi ho detto già nel mio articolo di ieri, alle 13 di mercoledì tutti i ministri tecnici hanno votato diligentemente nelle mani del presidente, Alexander Van der Bellen. Il Governo è vivo e vegeto, ogni dicastero ha visto tamponato l’addio del suo precedente titolare a tempo di record e ora ci si appresta al voto per le europee e per quello politico di settembre. Dove sarebbe il caos? Sicuramente, nella testa di chi scrive certe cose. Purtroppo, senza informarsi. O, cosa più grave, senza accettare di raccontare alla gente la realtà. Quella testarda e spesso spiacevole da affrontare.



Primo, non vi pare che questa sostituzione, così indolore e fulminea, di tutti i ministri dimissionari sia la spia, l’ennesima, di un “golpe” anti-Fpo ordito dall’interno e pronto da tempo, senza bisogno di scomodare spie russe o Spectre di Soros varie? Io capisco l’efficienza asburgica – e, da milanese, ancora oggi maledico un po’ le Cinque Giornate -, ma qui siamo ben oltre, qui siamo alla pianificazione pura e semplice, al trappolone preordinato. Sarebbe bello, se in Austria esistesse un giornalismo d’inchiesta degno di questo nome, scoprire quando i nuovi titolari di dicastero sono stati contattati e avvertiti della possibilità di carriera che si poneva loro di fronte. Una mail, una chiamata, una convocazione più o meno formale, un incontro galeotto con qualche emissario di governo: sono certo che, pur essendoci sicuramente in Austria un giornalista degno di questo nome, nessuno si sbatterà troppo per scoprire la verità. Basta quella ufficiale: Strache era un uomo pronto a vendere la sovranità e la dignità del suo Paese ai russi, con l’aggravante di essere un poco di buono che tradisce serialmente la moglie (la quale, infatti, gli ha dato il benservito).

Comodo così, non vi pare? Oltretutto, senza nemmeno fare la fatica di cercare le prove o scrivere l’articolo: tutto su un video, recapitato direttamente alla grancassa della più credibile e diffusa stampa tedesca. Eppure la realtà e la verità sono lì davanti a noi, a portata di mano: basta saperle scorgere nei mille proxies dietro cui si mascherano, con cui travisano i loro contorni. Volete la riprova. Eccola, secondo punto del mio ragionamento. Guardate questo grafico, reso pubblico la mattina dell’insediamento dei nuovi ministri e certificato, oltre che dall’agenzia demoscopica Neuwal, anche dal ministero federale dell’Interno.

Compara i risultati demoscopici di tutti i partiti austriaci, dividendo su tre colonne il dato: percentuale ottenuta alle politiche del 2017 (colore verde), quella media da inizio anno (colore azzurro) e quella attuale (colore blu), dopo la crisi di governo e l’addio della Fpo. Chi dite che ne ha beneficiato, a occhio e croce, senza bisogno di particolari studi di politologia o statistica comparata? La cosa interessante, poi, è vedere i trend dei due partiti che fino allo scorsa settimana componevano la maggioranza. L’Ovp, il Partito Popolare guidato da Sebastian Kurz, era già in modalità di aumento dei consensi continua, visto che il suo tasso di approvazione era cresciuto nell’anno in corso rispetto a quello di due anni fa e l’ultima rilevazione, quella del 20 maggio, lo vedeva in ulteriore crescita di ben 4 punti percentuali. Insomma, un beneficio netto e diretto dalla fine della convivenza con la destra dell’Fpo, ma anche, più progressivo, dalla convivenza stessa. E la Fpo? Come notate, dal risultato record del 2017 era già scesa, quasi la sua traiettoria fosse quella tipica della meteora: poi, lo scandalo Strache ha inferto il più classico dei colpi di grazia. Cosa ci dicono questo sondaggio e gli andamenti che ci indica?

Terzo punto, quello più importante: i partiti cosiddetti populisti/sovranisti sono destinati alla cannibalizzazione da parte di quelli tradizionali, poiché il loro ruolo storico è ontologicamente eterodiretto al fine di sdoganare verso il pensiero comune e “moderato” tematiche fino a ieri tacciate di estremismo dal politicamente corretto imperante, nato con l’elezione di Barack Obama e diffusosi a macchia d’olio. È la logica del Brexit e dell’elezione di Trump che diviene concetto generale, trend politologico planetario: è la spiegazione del successo, più personale che di partito, del ministro Salvini. Puro e semplice, dire ciò che si pensa e che fino a ieri era sconveniente ammettere in società. E Sebastian Kurz ha giocato magnificamente le sue carte. Non conoscevo la storia politica austriaca degli ultimi due anni, lo ammetto. Quando ho la fortuna di tornare nel basso Tirolo, in quella minuscola perla che è Amlach, l’ultima cosa di cui mi preoccupo è chiedere come funzioni il governo: mi godo quel paradiso, la pace e l’ordine che promanano ovunque. Basta però un nemmeno troppo complesso giro sui principali e più autorevoli siti di informazione (nel mio caso, prevalentemente economica) per notare come la sibillina frase di Kurz del mese scorso in un’intervista (“Negli ultimi due anni ho dovuto ingoiare molti bocconi ma era l’unico modo per fare le riforme”) si basasse in effetti su dati di fatto: i due anni di convivenza sono stati parecchio tormentati, costellati da liti a livello sia ministeriale che locale. E da parecchi scandali da parte dell’Fpo.

Per carità, nessun Watergate all’ombra del Großglockner, roba relativamente da poco: qualche eccesso di spregiudicatezza nel fare affari, qualche appalto in odore di favoritismo e, soprattutto, parecchi casi di derive xenofobe, quando non apertamente neo-naziste, da parte di dirigenti locali dell’Fpo. Sembra l’Italia, insomma. Tutte questioni minori, ma che, come mostra il sondaggio di prima, hanno lentamente eroso il consenso della destra di Strache e Hofer. E fatto crescere il consenso per il risoluto buonsenso e la continenza morale dell’agire politico dell’Ovp di Kurz. All’interno della quale, sicuramente, ci sarà qualche furbacchione o mela marcia, ma, quantomeno, non gente che si fa beccare platealmente nel corrispondere favori o nel fare saluti al Reich in birreria o nelle sagre.

Poi, a fine aprile, il colpaccio: mentre la Fpo concentrava tutti i suoi sforzi governativi sull’approvazione della controversa legge per il divieto del velo islamico nelle scuole inferiori del Paese, l’Ovp metteva il cappello sulla questione sociale, presentando una manovra shock di sollievo fiscale da 6,5 miliardi di euro, frutto di surplus di budget e tagli alla spesa, destinata ai ceti medio-bassi e ai pensionati meno abbienti, a partire dal 1° gennaio prossimo e a colpi di generose detrazioni. Bloomberg, nel descrivere la manovra presentata il 30 aprile scorso, parlava chiaramente di “un Kurz che presenta tagli fiscali per fronteggiare settimane di scandali ed estremismo dei suoi alleati”. Insomma, il colpo finale all’alleanza travestito da provvedimento economico. E voi volete dirmi che l’intera vicenda Strache non sia stata orchestrata magnificamente, da tempo e tutta a livello interno, senza scomodare Kgb, Cremlino o strane consorterie mondialiste?

Certo, esiste un mandante occulto esterno all’intera operazione, ma è tale solo se non si vuole guardare in faccia la realtà: a dire “stop” all’alleanza, invitando a un ritorno a pieno nell’alveo democratico della tradizione popolare, è stata Angela Merkel attraverso alti emissari sia della Cdu che della Csu bavarese, in legami strettissimi – per ovvi motivi territoriali, storici e di lingua – con l’Ovp austriaca. L’operazione di quarantena del sovranismo è partita in grande stile, certamente prima delle europee, ma, come mostra il sondaggio, già in atto da tempo. Quasi da subito dopo il voto del 2017 che ha portato al potere l’alleanza di centro-destra a Vienna. Erosione del consenso perenne, sfruttamento dei toni più hard al fine di conquistare approvazione senza “sporcarsi le mani” e sdoganamento dei metodi forti, prima alieni alla tradizione popolare, soprattutto sul tema dirimente della lotta all’immigrazione clandestina.

D’altronde, non è stata la Merkel a spingere perché l’Ue sborsasse 6 miliardi alla Turchia, affinché bloccasse la scomoda rotta balcanica? E non è stata la stessa Merkel, con un quasi perfetto gioco di equilibrismo politico, a compiere una mezza giravolta sullo stesso tema, spinta dalle pressioni dei bavaresi e dell’opinione pubblica? Attenzione all’asse e agli equilibri che potrebbero nascere dopo il voto di domenica, attenzione a sottovalutare il disegno normalizzatore della destra sovranista rappresentato in queste ore, a ogni piè sospinto, da Silvio Berlusconi, novello pontiere auto-promosso e auto-incoronato fra Ppe e forze di destra in cerca d’autore a Bruxelles.

Ciò che conta, infatti, non è certo la ripartizione partitica dei 19 seggi europei che spettano all’Austria, il caso Strache non è certo stato orchestrato per quello. Il “modello austriaco”, per quanto minore e formalmente risolto in un battito d’ali, è estremamente istruttivo per farci capire quali siano le dinamiche sotterranee già in dispiegamento e quali treni è meglio non perdere, subito dopo che saranno entrati in stazione domenica sera, a urne chiuse. Il futuro è semplice. Basta saperlo leggere.