Questo articolo è virtualmente diviso in due parti, la prima delle quali rappresenta l’antefatto. Crea le condizioni ambientali per capire cosa accadrà.
La seconda parte, invece, proverà a delineare uno scenario temporale. Ovvero, quando probabilmente accadrà.
Questa immagine parla da sola. La scorsa settimana, gli Etf a leva hanno visto un inflow a livello di valore negoziato su singola azione statunitense pari al record assoluto di 86 miliardi di dollari. Non a caso, ad oggi lo Stock Sentiment Indicator di Goldman Sachs segna il valore più alto dal febbraio 2018. Livello raggiunto il quale, le serie storiche ci dicono come il Volmageddon colpisca. Ovvero, esplosione della volatilità. Ma non un aumento intraday del 2%. Esplosione proprio.
Il tutto mentre, sempre oggi, il mercato azionario Usa pesa per il 49% della capitalizzazione mondiale. L’ultima volta fu prima dell’esplosione della bolla tecnologica di inizio millennio. Tanto per mettere il quadro in ulteriore prospettiva, dall’Election Day lo Standard&Poor’s 500 ha visto un aumento di market cap di oltre 2,5 trilioni di dollari. Capito perché, di colpo, la Fomo di Wall Street ha necessitato dell’appoggio di un nuovo, imperdibile El Dorado come Bitcoin? Perché sempre oggi, l’inflow year-to-date annualizzato su fondi legati a criptovalute ha segnato il record assoluto di 38 miliardi di dollari. Il primato precedente? I circa 5 miliardi del 2022. Praticamente, si entra in giostra a 8X.
Ora guardate molto bene il secondo grafico. Ci mostra come, contestualmente a questo quadro da migliore dei mondi possibili, le condizioni finanziarie nel mercato Usa siano le più rilassate da 24 anni a questa parte. Più che nel 2020 e 2021, per capirci. Anni di pandemia. E Banche centrali in modalità sportello del bancomat. Senza PIN. Quando, quasi overnight, i tassi andarono emergenzialmente a 0.
Bene, oggi le condizioni finanziarie sono migliori. Per l’azzardo. E infatti, le cifre sopracitate parlano da sole. Sempre in questo contesto e sempre oggi, il mercato prezza un 59% di possibilità di un nuovo taglio dei tassi di 25 punti base da parte della Fed al meeting di dicembre. Con condizioni finanziarie simili e l’inflazione CPI che rialza la testa ovunque e che comunque resta al di sopra del 3% da 43 mesi di fila. Unite i puntini. Quale scenario abbiamo di fronte?
Perché tagliare i tassi in un contesto di denaro che sta letteralmente uscendo dalla vasca del mercato equities e nemmeno lo straccio di Bitcoin sembra in grado di tamponare, prima che passi dal pavimento e allaghi il soffitto di chi abita al piano di sotto?
Ora guardate questo altro grafico, perché segna simbolicamente l’inizio della seconda parte dell’articolo. Quella dedicata al quando. In effetti, i vasi comunicanti tra riserve bancarie depositate sui conti della Fed e utilizzo della facility di reverse repo della Fed di New York rappresentano materia fra l’oscuro e il feticista. E cosa ci dice? Che tutto è stato pianificato alla perfezione.
Che al netto della facility di salvataggio bancario resasi necessaria per evitare che Silicon Valley Bank si tramutasse in una Nagasaki con tutto il suo fallout, il giochino della liquidità che entra ed esce dal mercato, mantenendolo comunque artificialmente oliato nonostante collaterale esotico, ha funzionato. E il timing della sua data di scadenza non appare casuale. Quello che potremmo definire il Ground zero della liquidità è fissato nel raggiungimento di quota 3 trilioni a livello di compensazione fra quello che possiamo definire un “dare/avere” del Sistema. E quella cifra, miliardo più o meno che dovrebbe coincidere con l’azzeramento del reverse repo, cadrà nell’immediata prossimità dell’Inauguration Day. L’insediamento di Donald Trump previsto per lunedì 20 gennaio. Un Black Monday per dare il bentornato al tycoon e dettargli subito l’agenda delle priorità, in primis un intervento sulla liquidità?
Il dubbio c’è. E paradossalmente, il fatto che il neo-eletto Presidente stia giocando con enorme anticipo la carta di dazi e tariffe, evitando accuratamente l’argomento di una Wall Street troppo esuberante persino per un tipo come lui, sembra suggerire una totale mancanza di volontà nel pilotare un front run del possibile tonfo derivante dell’emergenza espressa nell’ultimo grafico. Insomma, nessun calo pre-insediamento da imputare a Joe Biden. Il quale con la mossa da Marchese del Grillo nei confronti del figlio è riuscito benissimo a distruggere la narrativa di quattro anni di Bidenomics in un colpo solo, garantendosi un passaggio a futura memoria in nome unicamente del nepotismo. D’altronde, Donald Trump è uno che noi con le banche ne sa qualcosa. Quindi appare troppo rischioso con oltre 500 miliardi di unrealized losses su obbligazioni in pancia ai medesimi hedge funds travestiti da istituti di credito con cui occorrerà lavorare per i prossimi quattro anni.
Ed ecco che questo ultimo grafico spiega quale sia il vero detonatore. Al netto di condizioni finanziarie ultra-accomodanti come quelle descritte nella prima parte dell’articolo, i Primary Dealers del debito Usa che coincidono proprio con quelle banche sommerse dal perdite non contabilizzate, cominciano a patire la mancanza di cash da investire nel gioco delle tre carte del medesimo debito statunitense attraverso l’acquisto sistemico di Treasuries. Un doom loop sempre più necessario, visto che proprio la scorsa settimana quello stock è salito per la prima volta sopra quota 36 trilioni. Qualcosa come 1 trilione di aumento in 115 giorni.
Siamo ormai al grido del Re nudo. Perché la Sec, il cui capo dirà addio con un anno di anticipo casualmente proprio a fine gennaio, ci avvisa che dal 9 dicembre aumenterà il Minimum Margin Amount per le securities governative, to make sure the FICC collects enough margin during times of extreme market volatility. Ovvero, l’ente riscossore, il cassiere della facility di compensazione e regolamentazione finanziaria Usa si prepara a una Bonanza. L’ennesima. Ciclica.
E tutto questo cosa ci dice, unendo i puntini? Che l’ingresso nel 2025 porterà con sé major moves sul debito. E serve liquidità per evitare eccessivo attrito.
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