Oggi è il giorno del Btp Futura. Auguroni al Tesoro per il collocamento. Sono sincero, nessuna ironia. Soltanto, mi permetterete qualche breve puntualizzazione, al netto dei rendimenti offerti del titolo in emissione. Primo, un giornalista non offre consigli di investimento. Mai. Per questo, ci sono specialisti con studi alle spalle, esperienza sul campo e abilitazioni professionali riconosciute. I giornali non sono newsletters (o, almeno, non dovrebbero esserlo) di promozione finanziaria. Certo, esistono i cosiddetti “redazionali”, ovvero marchette che enti e aziende esterni commissionano alle testate o forniscono belle e pronte alle stesse e pagano perché vengano pubblicate, garantendosi l’effetto “nobilitante” dell’articolo e non del mero spazio pubblicitario istituzionale. È un trucchetto vecchio come il mondo, un metodo che a qualcuno deve essere sembrato più elegante del classico do ut des sempre esistito fra inserzionista e media: ovvero, io compro spazi pubblicitari, quindi tu parli bene di me. O, quantomeno, non parli male. Funziona così, fidatevi, bazzico questo ambiente e le redazioni da oltre 20 anni e le cose, in tal senso, sono solo peggiorate. Quantomeno, a livello di ipocrisia di base.
I giornali (come le tv o le radio) devono informare, punto. Chiunque si spinga oltre, sta tradendo in primis il minimo sindacale di deontologia richiesta. I casi Wirecard nascono anche così, fidatevi. Quindi, prima di comprare o desistere dal farlo, parlate con qualcuno che ne capisce, qualcuno che certe dinamiche lo conosce e le segue per lavoro, quotidianamente. E che, soprattutto, non fa nulla gratuitamente o per amicizia: solitamente, i soggetti riconducibili a queste ultime due fattispecie di comportamento sono lastricatori di strade verso il disastro. Soprattutto, se ci sono di mezzo soldi.
Secondo, smettiamola di raccontare balle. Ufficialmente, il Btp Futura viene infatti emesso dal Tesoro per finanziare la ripresa post-Covid del Paese. Insomma, la certificazione che le casse statali sono talmente vuote da obbligare il Tesoro – e, quindi, il Governo – a chiedere ai cittadini (essendo questa emissione indirizzata primariamente a clientela retail, anzi focalizzata proprio sulle famiglie) di anticipare i soldi per mettere in atto le misure necessarie a tamponare lo sprofondo del Pil.
Non male, vi pare? Davvero pensate che, al netto del risultato dell’emissione (sicuramente un successo, annunciato), quei soldi finiranno in qualcosa di più intelligente che non una mera partita di giro, un gioco di specchi? Scusate, se comprate Btp per finanziare la ripresa e poi quella medesima finalità si sostanzia in bonus vacanza o incentivo per l’auto euro 6 o il monopattino, cosa significa? Niente più del fatto che state prestando allo Stato i soldi che poi lui millanta di regalarvi per comprare il mezzo di locomozione green o permettervi di andare cinque giorni in ferie a Pinarella di Cervia. Sono soldi vostri, comunque! È una presa in giro: vacanze, auto o monopattino ve li state pagando da soli, se comprate quel Btp. E se non lo fate, ma usufruite di quegli incentivi, ringraziate i vostri conoscenti che hanno aderito al collocamento, perché sono loro che vi hanno garantito il bonus. E pagato sdraio e ombrellone. Roba da Stato libero di bananas, Woody Allen sarà deliziato. Lo Stato fa soltanto da collettore e smistatore di fondi, al netto di un’emissione di debito decennale a tassi fuori mercato rispetto al premio di rischio creditizio reale che pagheremmo, se la Bce non ci stesse salvando le terga da quattro mesi. Lo Stato si accolla solo l’onore di pagare in futuro interessi e coupon: oggi incassa, domani pagherà. Quando comunque, vista la maturity di quella carta, certamente non sarà più a palazzo Chigi questo esecutivo.
Terzo, sapete a cosa serve il Btp Futura? A saldare tutto l’arretrato di quanto promesso e non mantenuto finora, in modo da tacitare i critici e i talk-show che quotidianamente presentano la contabilità di chi ancora non ha ricevuto Cig o contributo per gli autonomi, se non nella prima tranche di marzo. Il voto regionale di settembre si avvicina e cosa fa lo Stato, inteso come governo giallo-rosso? Vi chiede in prestito i soldi che utilizzerà per finanziare la “potenza di fuoco senza precedenti” che ha millantato quattro mesi fa e che con il passare delle settimane si è palesata per ciò che è realmente: una pistola caricata a salve, come quella degli starter dell’atletica leggera. Il rumore sembra quello di un’arma vera. Ma l’efficacia è pari a zero.
Insomma, va benissimo, per carità. Lo logica che pervade gli Stati che ricorrono strutturalmente all’indebitamento tramite emissioni obbligazionarie sovrane è sempre quella di farsi finanziare il deficit a basso costo, soprattutto durante i regimi espansivi di Qe che schiacciano i rendimenti corrisposti ai minimi storici. Perché però vendere la panzana della ripresa da finanziare? Al di là che appaia come gridare che il Re è nudo, visto che trattasi della versione edulcorata dell’oro alla patria che si rinfaccia quotidianamente al senatore Salvini, non vi pare quantomeno scorretto annunciare destinazioni d’uso che – conti pubblici alla mano – non saranno quelle reali?
Vi vogliono far pagare la Cig arretrata, punto. Perché non possono permettersi, a due mesi dal voto che potrebbe mandarli a casa, stante anche i numeri in Senato, di ammettere che la riapertura in fretta e furia dal lockdown non è stata benedetta dai virologi e dal pragmatismo, bensì imposta dall’emergenzialità dei numeri dell’Inps e del Mef: non c’è più un euro. Non a caso, ieri l’apertura di prima pagina del Sole24Ore era dedicata a un’intervista con il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, il cui concetto-chiave era chiaro fin dal titolo: Non ci dicono la verità. Pragmatismo lombardo al suo meglio. Signori, ve lo ripeto per l’ennesima volta, la sabbia nella clessidra sta finendo. E scende sempre più veloce.
Quarto, decisamente grave. Forse più grave delle tre criticità già elencate e messe insieme. Perché dovete finanziare voi la cassa di spesa corrente dello Stato, in attesa che un miracolo in sede europea (leggasi Recovery Fund, di fatto il corrispettivo finanziario del Sarchiapone di Walter Chiari) faccia guadagnare ancora qualche mese al Governo in carica, quando basterebbe accedere al Mes per avere, pronta cassa, 36-37 miliardi a disposizione? Scusate, puzza più di fregatura il rischio di eventuali condizionalità future legate all’utilizzo del Fondo salva-Stati (quando, di fatto, siamo già oggi commissariati e sotto vigilanza tramite la dipendenza totale dagli acquisti della Bce) o il fatto che si voglia evitare lo stigma elettorale dell’accesso a quello strumento istituzionale, preferendo chiedere in prestito denaro a un tasso reale un pochino più alto (ma comunque spalmato su dieci anni) ma senza conseguenze politiche alle famiglie italiane? Provate a pensarci?
Se come millantano, non hanno bisogno dei soldi del Mes e i conti pubblici sono in ordine, perché approfittare subito di questa finestra di emissione? Solo perché la Bce ancora ci scherma i rischi sovrani, ma, come ho scritto nel mio articolo di sabato, non si sa quanto questo regime di favore andrà ancora avanti, stante la spaccatura ormai ufficiale in seno al board dell’Eurotower sui criteri di deviazione sistemica dalla capital key? Oltre al voto regionale, temono forse anche la Bundesbank? Strano timing, comunque, non vi pare? Si annuncia che tutto quanto promesso verrà saldato in tempi brevi – quantomeno, con l’effetto Carramba che sorpresa di conti correnti che magicamente respireranno prima della pausa per le vacanze, simbolicamente finanziate anche tramite bonus statale – e poi si fa partire una campagna pubblicitaria martellante per il Btp Futura dedicato alle famiglie come non si vedeva dai tempi dello spot del Maxibon con Stefano Accorsi in versione esordiente. Per favore, andate a vendere la vostre merce propagandistica altrove.
Quinto e ultimo, ecco che magicamente la cronaca sembra volermi ulteriormente venire incontro, quando cerco di farvi capire come mai io auspichi, aneli con tutto il cuore l’arrivo del commissariamento ufficiale e della Troika, destino che – oggi occorre onestamente ammetterlo – purtroppo abbiamo evitato nel 2011 e per cui ancora stiamo pagando il prezzo di classi dirigenti sovranissime ma incapaci e pavide nell’affrontare il male per la sua gravità reale. Sabato scorso si è ufficialmente insediato il nuovo segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri e sapete quale proposta ha avanzato al Governo, fra le altre? La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. In questo momento, in piena e disperata ripresa da lockdown, con il Pil che veleggia in prospettiva verso uno sprofondo di fine anno a doppia cifra, la geniale intuizione di quello che da sempre è il sindacato più dialogante e di buonsenso della Triplice – e per questo, più di una volta, bollato come collaborazionista, se non addirittura giallo, dalle ali estreme della Cgil – è degna di un congresso dei Cobas e rispondente a logiche che ormai sembrerebbero desuete e totalmente inefficaci persino a Fausto Bertinotti o alla Cgt francese.
Signori, fate pure quello che volete: acquistate il Btp Futura oppure no, votate o meno alle regionali se siete interessati da quel turno elettorale, sostenete il Governo in carica oppure l’opposizione andata in piazza a Roma sabato scorso in un tripudio di patriottismo da film di Alberto Sordi. Siete liberi. Ma siate almeno consapevoli. E fate vostra la certezza, drammatica, del presidente di Confindustria: non ci dicono la verità. Tanto vi dovevo, per onestà.