Ora si comincia a fare sul serio. E non concentrate la vostra attenzione sulla Manovra e i suoi emendamenti. Si fa sul serio perché da ieri, l’Italia è ufficialmente l’unico Paese europeo a non aver dato vita alla ratifica parlamentare del Mes riformato.
La Corte costituzionale di Karlsruhe, infatti, ha respinto i ricorsi e dato via libera al Bundestag. Casualmente, quando l’eco del golpe che intendeva colpire simbolicamente e concretamente proprio la casa della democrazia tedesca era ancora nell’aria. Come dire, qualsiasi materia passi da quell’emiciclo, sarà comunque accettata e financo benedetta. Perché ancora simbolo della possibilità di decidere del popolo. Si chiama manipolazione percettiva. E media e social ne sono il braccio armato. Comunque sia, la notizia era ovviamente nell’aria. E scontata. Ora toccherà vedere quali carte intenda giocare il nostro Governo, soprattutto alla luce di un duplice segnale in codice.
Primo, il fitto colloquio privato fra il Presidente Mattarella e Ursula Von der Leyen in occasione della Prima della Scala. Secondo, il riacutizzarsi quasi a freddo dello scontro con Parigi. Con tanto di febbre diplomatica della presidente del Consiglio, apparentemente in formissima mentre si faceva immortalare solo l’8 dicembre scorso per i social, intenta a decorare l’albero insieme alla figlia. Ma assente al vertice di Alicante per improvvisa indisposizione. Colpo di freddo nel salotto di casa? Maledetti termosifoni in modalità Kiev! Apparentemente, lo snodo sembra formale o poco più. In realtà no. Perché cade a pochi giorni dalla riunione della Bce, dalla quale capiremo molto. E, come ho già detto, paradossalmente a svelarne i piani saranno più le omissioni che le dichiarazioni.
Ovviamente, lo spread per ora resta placido. Il Tesoro ieri ha piazzato 6 miliardi di Bot a 1 anno con rendimento in calo frazionale e 1,42 di bid-to-cover. Ma come la storia ci insegna, ci vuole un attimo a invertire la tendenza. Ma un vero e proprio terremoto per rimettere le cose a posto. Il rischio isolamento europeo adesso è reale. Sul fronte politico e anche su quello finanziario. Perché le criticità si sprecano.
Giorgia Meloni, infatti, sconta un pesante deficit di rapporto nei confronti dell’asse renano. Con la Francia addirittura in rotta di collisione e con la Germania di totale, apparente indifferenza nei rapporti. Certo, il Presidente Mattarella e l’omologo Steinmeier vantano un rapporto che va oltre la stima istituzionale, ma, solitamente, quando in questo Paese il Colle deve subentrare con eccessive toppe di supplenza politica e diplomatica, le cose tendono a non finire bene. E il colloquio alla Scala potrebbe aver avuto fra gli argomenti proprio la questione Mes. Che va al di là del mero ambito di bandierina e trincea politica per Fratelli d’Italia e Lega. È un qualcosa di operativo. Senza ratifica del Mes, niente Tpi in caso di bisogno.
Ovviamente, larga parte della maggioranza di governo dipinge questo isolamento come una medaglia al valore sovranista da appuntare al petto. E rifugge il cappio del Tpi esattamente come quello del Mes. Ma lo fa forte di una condizione di tranquillità sul debito che ci vede totalmente estranei a risvolti di volontà o azione: se lo spread resta in area 200 punti, sappiamo tutti che è solo per il backstop garantito dal formale regime di reinvestimento titoli in vigore alla Bce. E che dovrebbe rimanere operativo fino al 31 dicembre 2023. Partendo da un simile presupposto, nessuno può stupirsi di una certa spocchia. Ma siamo certi che nulla cambierà? E non fra tre o sei mesi, magari già dalla prossima settimana?
La Bce è nota per molte caratteristiche, ma da quando alla sua guida è approdata Christine Lagarde, il tratto distintivo appare quello della poca affidabilità comunicativa. Dolosa o colposa non è dato a sapersi. E se una mezza parola della conferenza stampa venisse travisata dal mercato? E se, passata indenne dal botta e risposta con i giornalisti, Christine Lagarde dovesse prendere atto della solita fuga di notizie ed emorragia di rumors verso Bloomberg o Reuters da parte di qualche fonte anonima ma ben informata? Potrebbe non essere come è stato finora. Perché da ieri, l’Italia è sotto vigilanza speciale. Essendo l’unico Paese a non aver ratificato il Mes e, soprattutto, a non aver informato in maniera chiara l’Europa su cosa intenderà fare. Perché la nota del ministro Giorgetti al riguardo appariva decisamente dadaista. Un guazzabuglio di richiami degno di James Joyce che, alla fine, si condensava in un concetto: visto che la Germania non ha ancora deciso, noi ci fermiamo. Peccato che ora la Germania abbia deciso. E, al limite, il tempo a nostra disposizione ora appare quello che intercorrerà fra la sentenza di Karlsruhe e il più che scontato voto di ratifica al Bundestag. Poi, seconds out.
A quel punto, Bruxelles e Francoforte vorranno un chiarimento. Ma vero, lineare. Un sì o un no. E una data. Dopodiché, le conseguenze potrebbero accelerare in maniera auto-alimentante. E quanto detto (o non detto) dalla Bce dopo il board di giovedì prossimo diverrà dirimente e si porrà come spartiacque fra una navigazione relativamente tranquilla verso la recessione europea (e quindi verso un più che annunciato stop al rialzo dei tassi) e l’incoronazione ufficiale a capro espiatorio e alibi per il prossimo programma di stimolo. La nuova Grecia, il nuovo Covid.
Basterà una parola fuori posto, un accenno anche minimo da parte di un membro del board ai rischi di inficiare l’azione di rialzo dei tassi connaturati all’espansionismo in fieri del reinvestimento titoli per farci precipitare in emergenza. E non fatevi ingannare dal littorio e simbolico me ne frego che pare giungere dai Palazzi del potere in direzione Bruxelles: se si sta studiando un programma di sconto per l’acquisto retail di Btp è perché si prezzano già potenziali (e serie) difficoltà nel collocamento per il 2023. Ovvero, dopo banche e assicurazioni, il doom loop riguarderà anche il signor Rossi. Se poi la Bce deciderà di mandare un segnale, preparate gli ombrelli.
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