Contenimento del danno. L’intervento di Christine Lagarde al Forum Bce di Sintra si è basato su questo principio precauzionale, particolarmente necessario quando a prendere la parola è l’ex numero uno del Fmi. E in effetti, bastava dare un’occhiata alle prime pagine dei quotidiani online per rendersi conto della residualità della questione: titoletti striminziti, tutti incentrati sul nodo dell’inflazione. Insomma, il minimo sindacale e senza rivoltare pietre, tante per usare un modo di dire anglosassone molto efficace.
A detta di Christine Lagarde, il trend dei prezzi nell’eurozona è alto e in modo non desiderabile. Insomma, l’inflazione non è più transitoria, almeno questo è ufficiale. Ma non basta, siamo proprio agli antipodi della narrativa che ci ha accompagnato fino a primavera inoltrata: Si prevede che questa dinamica resterà tale ancora per qualche tempo, sostanziando così una grande sfida per la nostra politica monetaria. E quindi? Gli acquisti netti di assets nell’ambito dei nostri vari programmi termineranno questa settimana. A luglio intendiamo alzare i tassi di riferimento per la prima volta in 11 anni. Abbiamo fornito alcune indicazioni per la riunione di settembre e per il percorso dei tassi che prevediamo di seguire in seguito. In tal senso, a settembre l’aumento dei tassi potrebbe essere più consistente, se il quadro dell’inflazione deteriorasse. Agiremo velocemente e le decisioni saranno legate all’andamento dei dati.
Tradotto, la Bce sta seguendo pedissequamente il playbook e il cronoprogramma della Fed. In tutto. Sia nel percorso di progressiva aggressività, ovvero un quarto di punto di aumento a luglio cui potrebbe seguire un rialzo di 50 punti base a settembre, sia nell’auto-assolversi per l’immobilismo e il negazionismo del recente passato, promettendo celerità di intervento. Insomma, nulla di nuovo. E nulla che, oggettivamente, valesse più di un titoletto di spalla, a fronte di notizie come il G7 o il vertice Nato di Madrid. O, magari, una siccità che sta devastando l’Italia, apparentemente senza che il Governo sia particolarmente interessato alle conseguenze.
Fin qui, l’ufficialità. Ma a tradire la delicatezza del momento, ottimamente mascherata da uno spread rimasto fra il placido e l’indifferente, ci hanno pensato la Reuters e le sue solite gole profonde. Nonostante il passaggio a dir poco didascalico dedicato da Christine Lagarde al mitologico scudo anti-spread che da dopodomani dovrebbe schermare i rendimenti obbligazionari dei Paesi più a rischio di frammentazione, stante anche la fine del programma APP, qualcosa stona. Primo, l’ennesimo, trito richiamo al mandato conferito ai tecnici per elaborare lo schema operativo del nuovo strumento. Ovvero, la certificazione che per qualche tempo i debiti di Italia, Grecia, Portogallo e Spagna nuoteranno in mare aperto senza salvagente e aggrappati unicamente alla promessa della Bce, la quale dovrebbe operare da garanzia presso il mercato. Speriamo bene. Secondo, Reuters offre un’anticipazione di quale sarebbe la traccia su cui Francoforte starebbe lavorando. E non suona benaugurante. Il famoso concambio fra titoli dell’Europa core da vendere e dell’Europa periferica da comprare, al fine di agire come un Qe mascherato ma a saldi invariati per non offendere l’inflazione, è già andato in soffitta. Tradotto, la Bundesbank si è messa di traverso a difesa del Bund.
E quale ricetta alternativa sarebbe allo studio? Di fatto, la riproposizione dello schema Smp (Securities Markets Programme) utilizzato durante la prima crisi debitoria dell’eurozona. Ovvero, il 2011. Tradotto? Drenare liquidità dal sistema per utilizzarla nell’acquisto di debito periferico. Insomma, mantenere il principio dei saldi invariati ma non sacrificando i rendimenti e gli status di bene rifugio dei bond dell’Europa core, bensì invitando le banche europee a parcheggiare l’extra-liquidità presso l’Eurotower, chiaramente a tassi interessanti. Detto fatto, la partita di giro vedrebbe la Bce acquistare bond sul mercato secondario senza formalmente intaccare gli equilibri di bilancio.
Piccola notazione, la quale da sola spiegherebbe il perché Christine Lagarde si sia ben guardata dal toccare l’argomento. Sicuri che in un momento in cui la Bce, dopo 11 anni di tassi a zero e alluvioni cicliche di liquidità, decide di alzare il costo del denaro e promette di farlo in maniera spedita e incisiva, le banche saranno felici di parcheggiare liquidità all’Eurotower in pieno prospettiva di credit crunch da recessione e aumento delle sofferenze nell’economia reale, fra bollette stellari e rate dei mutui in rapido aumento? Tradotto per chi la mattina si alza e va in fabbrica o alza la saracinesca di un negozio o un’azienda: preparatevi a banche sempre più con il braccino corto rispetto a prestiti, sconfinamenti, mutui e fidi, perché l’extra-liquidità accantonata durate le vacche grasse del Qe, ora servirà a comprare Btp, Bonos e carta a rischio assortita.
Capito perché Nostra Signora dell’Euro ha preferito glissare sull’argomento? Ora, però, la prova dei fatti: quanto ci metterà il mercato a prezzare le conseguenze per l’economia reale e i bilanci degli istituti di una scelta simile? Poco. Non fosse altro perché fra 48 ore finiscono gli acquisti dell’App. E verremo gettati in piscina. Senza braccioli, né salvagente.
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