Oggi tutti scopriranno magicamente i problemi dello yen svalutato e l’esistenza stessa del Giappone. Sono gli stessi che vi dicono che il debito non esiste. O se esiste, si sterilizza. Oppure ci pensa l’inflazione. Sono gli stessi che vi hanno venduto le ricette della Bank of Japan come salvifiche, dall’helicopter money al controllo sulla curva dei rendimenti fino alla distruzione del mercato obbligazionario sovrano attraverso acquisti onnivori. Sono gli stessi che vi dicono che il debito non è un problema, se a detenerlo sono i suoi cittadini e non la speculazione estera brutta e cattiva.



Bene, nelle ultime tre settimane, i cittadini giapponesi hanno per il 6% di potere d’acquisto, grazie alle deliranti scelte della loro Banca centrale. Sono gli stessi che minimizzano il fatto che per riportare il cambio con il dollaro a 155 dopo aver toccato il massimo da 34 anni di 160, ieri mattina la Bank of Japan abbia bruciato denaro come nemmeno Bankitalia nel 1992. E, soprattutto, che quell’altalena folle sia avvenuta nell’arco di due ore. Una delle monete più trattate al mondo e a cui fanno riferimento trades per trilioni che si muove come una penny stock.



Ovviamente, tutto bene. Parleranno del Giappone. Finalmente. Alla buon’ora. Ma lo faranno con grande senso di tranquillità. Perché tanto sono certi che la Fed non abbandonerà l’alleato. Swap line e passa la paura. Garantisce Zio Sam. Quello che genera 1 trilione di nuovo debito ogni 100 giorni. E l’anno prossimo pagherà solo di interessi su quel debito 1,7 trilioni di dollari. La voce di esborso federale più alta in assoluto. Un modello, a detta di qualcuno.

Ed eccoci al nodo. Oggi e domani si riunisce il board della Banca centrale Usa. Cosa farà? Se fosse vera la favoletta della data-depedency, Jerome Powell dovrebbe alzare i tassi di un quarto di punto. L’ultima lettura macro parlava chiaro: stagflazione all’orizzonte, poiché i prezzi tornavano a salire e la crescita rallentava ben oltre le attese. Ma se alza i tassi, cosa succede? Wall Street implode. Forse è ciò che si cerca, botto e poi stamperia?



Perché una domanda sorge spontanea, restando agganciati alla narrativa del fil rouge che unirebbe Fed e Bank of Japan. Ovvero, quale strana ragione ha imposto come linea politica l’ossessione del rialzo dei tassi di marzo con cui Tokyo ha dato il via a tutti i guai della sua valuta? Ovviamente, il Nikkei ha festeggiato. Non foss’altro per l’export che pesa enormemente a livello di equities. Ma dopo dieci anni di monetarismo faustiano, perché non accodarsi a tutte le altre Banche centrali e prendere ancora un po’ di tempo, citando come ragione la necessità di testare i trend dell’inflazione e valutare gli impatti delle crisi geopolitiche? Cosa sarebbe cambiato attendere l’estate? Nulla. La stessa Fed è passata in pochi mesi da prezzatura futures di 6 tagli nel 2024 alla quasi certezza di nessun intervento fino al marzo 2025. Eppure, Wall Street fino al mese scorso faceva faville. Non sarà che le Banche centrali stiano svelando ormai in maniera sempre più disperatamente spudorata, quale sia il loro reale mandato? Ovvero, sostenere il casinò azionario globale e i trilioni di derivati che operano da sottostante.

Nel frattempo, tutt’intorno la narrativa si sgretola. L’intelligence Usa ammette che Vladimir Putin non ha ordinato l’omicidio di Alexei Navalny. Ovviamente, nessuna apertura di quotidiano. E dubito che susciterà molto clamore anche il contenuto di questa tabella pubblicata dal Financial Times, dalla quale emerge l’ennesima prova di ipocrisia collettiva attorno al tema delle sanzioni.

Ricordate le idiozie in base alle quali l’estromissione delle banche russe dal sistema Swift avrebbe generato il collasso del sistema finanziario di quel Paese, tramutando il rublo in carta igienica? Bene, apparentemente la carta igienica invece la stampano con impulsi elettronici in Giappone. Mentre in Russia, oltre al Pil, volano i profitti delle banche occidentali rimaste operative. Le quali chiaramente pagano tasse al Cremlino. Circa 800 milioni di dollari lo scorso anno. Quattro volte tanto la media pre-sanzioni. In compenso, guardate la comparazione dei profitti. E come noterete, c’è tanta Germania. Ma anche il fior fiore creditizio italiano: Unicredit e Intesa Sanpaolo. Sicuri che sia una mossa intelligente proseguire con l’atlantismo a oltranza? Il caso delle nazionalizzazioni di Ariston e Bosch parla chiaro. Il Cremlino comincia a essere stanco di questo gioco delle parti. E non a caso, colpisce Italia e Germania. Le cui banche stanno come pascià in Russia. D’altronde, se tu congeli i miei beni e ne utilizzi gli interessi per finanziare l’Ucraina, appare quantomeno ipocrita pensare che io possa non dare vita a una ritorsione.

E attenzione, perché per sottolineare ancora di più il carattere di avvertimento ad personam, a differenza del passato Mosca non ha passato la gestione delle aziende nazionalizzate al ministero competente, bensì a Gazprom.

Avrete notato come, nonostante il diluvio di parole, finora io non abbia mai citato la Cina. La quale sta preparandosi a una svalutazione epocale dello yuan. Signori, onde evitare disastri peggiori, si sta cercando di spostare il focus delle criticità sul fronte valutario. Sicuri che la Bce lo abbia capito? Sicuri che la Bce non sia così stupida da seguire le mosse della Bank of Japan e tagliare i tassi prima della Fed, di fatto diventando epicentro del caos?

Apparentemente, questi giorni appaiono placidi sul mercato. Invece sta accadendo un reset sotterraneo con pochi precedenti storici. E il silenzio europeo al riguardo forse dovrebbe spaventare persino di più dell’interventismo nipponico.

Cosa farà domani sera la Fed? Stavolta la domanda non è retorica. E qualsiasi possa essere la risposta, rischia di non restare senza conseguenze. E quando utilizzo questo termine di certo non penso alle reazioni pavloviane degli algoritmi di Wall Street. Quando all’orizzonte si prospetta un’operazione emergenziale e coordinata delle Banche centrali, serve sempre qualcuno da sacrificare, il salvato di turno. Proprio sicuri che sarà la Bank of Japan? Proprio sicuri che non abbia scatenato la crisi, al fine di meglio prepararsi alla fuga verso le scialuppe?

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