Chi di noi non ha sentito la storia del promesso sposo che ha comunicato en plein air il tradimento da parte della fidanzata e la sua intenzione di chiudere il rapporto? Massimo Segre probabilmente voleva solo prendersi una pacchiana, inelegante e puerile rivincita. In realtà, si è tirato la zappa sui piedi. Perché il suo approdo sulla ribalta mediatica ha dato modo ai giornali di rendere noto come la sua Directa Sim sia finita nel mirino di Bankitalia. E con un’accusa poco gradevole: agiva abusivamente da banca. Ovvero, intermediava tra istituti di credito senza averne l’autorizzazione.



Ovviamente, 9 italiani su 10 non sanno cosa sia una Sim. O pensano alla card del telefonino. Ma qualcuno fra Sim e Sgr potrebbe aver cominciato male le vacanze, vedendo questa pratica spiattellata sui giornali. Perché se invece di Segre il protagonista della vicenda si chiamasse Wang, parleremmo di shadow banking. E il fatto che Bankitalia abbia acceso un faro su Directa, i cui soci si sono immediatamente detti all’oscuro di tutto, rappresenta alla perfezione una unintended consequence, una conseguenza imprevista. L’unica, reale fattispecie di rischio in un mercato pianificato e manipolato. Perché nemmeno la Spectre può avere la certezza assoluta che tutto vada per il verso giusto. Nemmeno per il piano più diabolico.



Ecco quindi che un dato poco trattato dai media, fa pensare. Se letto in questa logica. Stando all’ultimo studio della Cgia di Mestre, al 31 dicembre scorso l’indebitamento medio per nucleo familiare italiano era di 22.710 euro. E a Milano, primatista nazionale, addirittura di 35.342 euro. Lo stock complessivo dei debiti bancari – in capo a tutte le famiglie italiane – si è attestato sul livello record di 595,1 miliardi di euro ed è aumentato del 3,5% rispetto al 2021. E sempre la Cgia di Mestre mette in guardia: una situazione simile porta con sé il rischio potenziale di recrudescenza dell’usura. Non si sarà esagerato con le dinamiche salariali bloccate, l’erosione del potere d’acquisto alle stelle, l’inflazione spacciata per transitoria mentre la si rinfocolava a colpi di speculazione? Non si rischia una colossale “conseguenza imprevista” da ordine pubblico, nel momento in cui una recessione dovesse mettere a repentaglio la tenuta dei conti pubblici – già oggi poco inclini a incasellarsi nelle previsioni del Def – e che in autunno dovranno settarsi su una logica di probabile disimpegno Bce, Mes da ratificare e Patto di stabilità da riformare?



Quel debito per nucleo familiare, quanto peso può avere in un contesto di salvataggio ciclico e strutturale come unica àncora di salvezza della sostenibilità del Sistema? Nuovi Npl record? Sostegni impossibili, stante l’assenza di fondi statali a disposizione? La logica del finanziamento e del prestito, la libertà del Rid, il falso benessere del credito al consumo, la stessa che finora ha garantito all’Italia la sua pax Findomestic, può tramutarsi – dalla sera alla mattina, magari – in una conseguenza imprevista?

Volete un esempio di potenziale detonatore? Proviamo. Ci sono parecchi proxies relativi alla possibilità che la Bce abbia concluso il suo ciclo rialzista. Uno di questi è dato dal calo costante dello short interest sui titoli real estate europei, come mostra il grafico. Ovvero, il numero di azioni prese in prestito per scommesse al ribasso sul totale del flottante.

Già il rimbalzo del 14% dello Stoxx 600 Real Estate tra fine giugno e fine luglio scorsi anticipava il trend. Oggi la minore pressione della speculazione su titoli come SBB, Balder, Fabege, Aroundtown, Unibail-Rodamco-Westfield e LEG sembra confermarlo. D’altronde, questo grafico parla chiaro: su rilevazione di UBS, un 30% di sconto sulle valutazioni come quello patito nel corso dell’anno fa il paio con periodi di crisi sistemica.

Insomma, se da un lato qualcuno potrebbe cominciare a pregustare un trade contrarian in modalità da centometrista sui blocchi verso un goloso short squeeze, dall’altro uno dei settori più soggetti a leverage pare tornare a respirare (almeno in Borsa) dopo l’asfissia da tassi e inflazione. Domandone: quale tipo di matching potrebbe venirsi a creare, in caso il real estate europeo registrasse un netto aumento delle valutazioni e il settore in Italia fosse ancora alle prese con il mistero buffo del superbonus? Ovvero, una trentina di miliardi di crediti incagliati ormai arrivati in area 40 e la contemporanea riapertura della loro accettazione fino a 50.000 euro da Poste Italiane. Ovvero, Cassa depositi e prestiti. Il tutto a monte dell’interrogativo più grande, quello realmente sistemico in vista dell’autunno e del Def. Ovvero, assodato che l’ingresso a spinta dell’edilizia nel Pnrr a scapito del dissesto idrogeologico parli la lingua di un’Europa che voleva evitare un elefante nella stanza che barrisse in pieno prodromo recessivo, quanto manca a una cartolarizzazione di massa di quei crediti?

Poco. A meno di miracoli contabili. Ma se metti sul mercato crediti incagliati sotto forma di paccottiglia da piazzare in modalità fire sale, i prezzi li fa il mercato. Lo stesso che sta perdendo interesse verso le scommesse al ribasso. Lo stesso che starebbe per monetizzare uno short squeeze con leverage da controbilanciamento basato nientemeno che sulla leva di Francoforte. Lo stesso che potrebbe vedere i giganti europei del real estate gonfiare il petto sulla spinta di valutazioni pronte ad annullare il trading a sconto e viaggiare magari su un germoglio di multiplo.

Insomma, se l’Italia del mattone si ritrovasse in costume da Calimero, mentre tutto intorno volteggiano leggiadri cavalieri e cicisbei, quanto ci metterebbe il cortocircuito a scaricare tensione a terra? Se si cartolarizza, quasi certamente sarà invasione di fondi locusta in un contesto da piaga biblica a forma di obiettivo Pnrr. Ma se non si cartolarizza, cosa si fa? Cdp? Calcolando che il Mef ora deve trovare soldi per la Rete TIM, qualcosa mi dice che sedicenti cavalieri bianchi esteri abbiano già aperto la finestra.

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