Le Banche centrali possono manipolare molto. Moltissimo. Quasi tutto. Ma non tutto. E per quanto la narrativa ci abbia venduto il Brexit di Natale, nessuno è così stupido da esserci cascato. Troppo dimessi e sbrigativi i toni per pensare che davvero sia successo qualcosa di epocale. Troppo ridicolo e sospetto il timing che vede quattro anni e mezzo di muro contro muro sciogliersi in un abbraccio di fraterno addio giusto in tempo per non arrivare a tavola tardi e con i tortellini in brodo già freddi. Per carità, il potere avrà tutte le sue ragioni nel ritenere la gran parte dell’opinione pubblica un branco di pecoroni. Però ci sono anche dei limiti che non andrebbero superati. Perché signori miei, guardate questo grafico relativo al cambio della sterlina e ditemi se quella evidenziata è la reazione di una valuta che ha appena riacquistato la sua indipendenza totale, di fatto svincolandosi anche – e, soprattutto – psicologicamente dal peg con l’euro: volete dirmi che quella è la reazione all’accordo storico? Quello è il movimento di una moneta che è chiamata a festeggiare il trionfo dopo quattro anni e mezzo di discussioni, spesso aspre e più volte giunte al punto di rottura? Quello è il sospiro di sollievo per lo scampato No deal, quando ormai tutto sembrava compromesso?
Per favore, smettiamola con le baggianate. Era già tutto scritto e prezzato, ben prima che penna si poggiasse sul foglio. Probabilmente, persino gli ordinativi di vendita erano già stati inseriti con tanto di target cross. Piuttosto, alla luce di questa pantomima, sarebbe interessante rileggere la cronaca delle ultime ore, quella che formalmente ha fatto ripiombare l’intera eurozona nel panico: la cosiddetta variante inglese del virus. La quale, per ammissione delle stesse autorità sanitarie britanniche, era nota da almeno metà ottobre. Ma che, guarda caso, diventa questione dirimente ed emergenziale proprio a ridosso della scadenza delle trattative sul Brexit, imponendo un comodo lockdown in Gran Bretagna. Soprattutto a Londra, epicentro delle manifestazioni contro l’uscita dall’Ue dello scorso anno. Insomma, la piazza era comunque sistemata. Nessuno, infatti, qualunque siano i contenuti dell’accordo, sfiderebbe polizia ed esercito – mobilitato per mettere mano al disastro in atto al porto di Dover – per scendere nelle strade a protestare nel corso di un’emergenza sanitaria.
E signori, vi sfido a citarmi un contenuto dell’accordo raggiunto: nessuno, né Boris Johnson, né Ursula von der Leyen, si è soffermato sui particolari nel corso delle rispettive conferenze stampa. Quattro parole di stantia retorica, nazionalista da un lato ed europeista da discount dall’altra e tutti a impacchettare gli ultimi regali. Comodo avere la popolazione tappata in casa e spaventata dalle code alla Manica o dagli scaffali dei supermercati in parte vuoti, per non parlare del delirio a Heathrow: se anche Boris Johnson, come in effetti è accaduto, avesse concesso a Bruxelles ciò che fino alla scorsa settimana era ritenuto una red flag, nessuno a oggi lo saprebbe. E, soprattutto, a nessuno interesserebbe realmente. C’è Natale, c’è il Covid, c’è finalmente il vaccino per cui prenotarsi. Alle conseguenze reali di quanto accaduto in sede di negoziazione, ci si penserà poi.
Calcione al barattolo, insomma. Come con le bolle azionarie. Non a caso, persino quel pagliaccio di Nigel Farage si è limitato – forse per un rigurgito di decenza – a un breve video sui social, citando John Lennon e la sua frase simbolo, War is over. Un po’ pochino per il duca di Wellington in sedicesimi. Non a caso, forse proprio per togliersi qualche sassolino che giaceva scomodo nella scarpa fin dai tempi di Waterloo, i più attivi sul fronte comunicativo sono stati invece i francesi: “La Gran Bretagna ha operato concessioni enormi”. Nessuno, né a Downing Street, né a Bruxelles, ha avuto cuore di smentire o contraddire. Chissà, quanto ci metteremo a scoprire la verità. Una cosa è certa: quanto raggiunto sul presunto filo di lana, ha acceso parecchio gli animi a Edimburgo e Belfast. Ovvero, rinfocolato le speranze di indipendenza scozzese e di riunificazione dell’Ulster con le altre province della Repubblica d’Irlanda. Cosa dite, dove non sono arrivate le bombe dell’Ira, arriverà il potere dell’euro e dei fondi europei che i cittadini nordirlandesi d’ora in poi vedranno con il binocolo al di là del confine dell’Eire, maledicendo le spacconate tardo-imperiali di Johnson e soci?
È un mondo di dissimulazioni, ormai. A dir poco delirante. Volete un altro esempio? Pronti. Guardate questa tabella, la quale ci mostra – su dati di Statista, non della Fox News – come la retorica delle ultime ore rispetto all’abuso di utilizzo dell’istituto delle grazia da parte di Donald Trump sia stata, quantomeno a livello numerico, un pochino dettata dalla solita ideologia. I campioni della clemenza, di fatto, a Pennsylvania Avenue sono stati altri.
Certo, Donald Trump ha graziato amici e collaboratori: in compenso, l’amministrazione Obama ha fatto in modo che venissero insabbiate ex ante le accuse contro Hillary Clinton e il suo utilizzo disinvolto di server federali per uso privato. Direi che siamo pari. Anzi, forse la seconda questione appare un pochino più seria. Quantomeno a livello di sicurezza nazionale. E quantomeno perché grazie a quell’insabbiamento la signora Clinton nel 2016 ha potuto correre per la Casa Bianca, quando l’alternativa a livello di edificio federale era quella di una prigione. E a proposito di grazia: nel mio articolo di ieri facevo notare come l’Iraq sia tornato prepotentemente nel mirino della Casa Bianca in modalità di proxy anti-iraniano. Sapete l’ultimo provvedimento di grazia firmato da Donald Trump chi ha riguardato? Paul Slough, Evan Liberty, Dustin Heard e Nicholas Slatten. Ovvero, i quattro mercenari della Blackwater condannati per il loro ruolo nel massacro del 16 settembre 2007 a piazza Nisour a Baghdad: diciassette iracheni uccisi. Persino l’Onu è intervenuta attraverso il portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani, Marta Hurtado, sottolineando come in questo modo gli Usa “garantiscano impunità e lancino un pericoloso messaggio al mondo dei contractors bellici, quasi un’istigazione a sentirsi liberi di operare al di fuori della legge e delle regole”.
Chissà, forse alla Casa Bianca più che avvelenare i pozzi si è già passati alla fase più spicciola del gettare acqua sul fuoco. Del sobillare artatamente i peggiori istinti delle piazze. Ma si sa: è Natale, c’è il Covid, c’è il lockdown. E, soprattutto, occorre correre a prenotarsi per il vaccino. Al riguardo, ad esempio e per finire, la stampa italiana non ha trovato molto tempo e spazio nelle sue edizioni on-line (fino a domani i giornali non sono in edicola) per raccontare ciò che invece ha spinto il New York Times ha scomodare i suoi reporter: il New York Times, non un blog complottista o no-vax. Ovvero, l’ammissione da parte del mitologico dottor Fauci di aver gonfiato il dato relativo alla percentuale necessaria di vaccinati per raggiungere l’immunità di gregge, al fine di vincere le resistenze degli americani verso l’ago nel braccio.
Insomma, gli scienziati a cui la gente dovrebbe guardare come oracoli di cui fidarsi ciecamente nella lotta al virus, ammettono – dopo essere stati colti in flagrante da giornalisti che fanno il loro lavoro – di aver mentito, gonfiando le cifre al solo fine di far salire il numero di cittadini pronti a vaccinarsi. Caso strano, Donald Trump ha immediatamente twittato rispetto al successo straordinario dei primi giorni di campagna vaccinale negli Stati Uniti.
E, attenzione, perché il fenomeno non pare affatto confinato Oltreceano. Vogliamo parlare della diretta a reti unificate delle varie tappe del viaggio dei vaccini Pfizer dal Belgio verso l’Italia, quasi un’iconoclasta e più laica via Crucis della speranza sanitaria che ha caratterizzato il giorno di Natale su siti di informazione e canali all-news? Vogliamo prevedere quale copertura mediatica avranno domani le prime vaccinazioni? Vogliamo parlare del giro d’affari legato ai tamponi pre-cenone di Natale (e ora, pre-serata di Capodanno), tutti ovviamente eseguiti in strutture private e a pagamento, al fine di non contagiare la nonna e potersi abbracciare in sicurezza sotto il vischio?
Insomma, dobbiamo accettare tutto, dobbiamo entrare nell’ordine di idee delle bugie raccontate a fin di bene, come si fa con i bambini non ancora senzienti? Sempre bugie sono, signori. In un mondo di bugie. Attenzione, perché sottotraccia sta delineandosi una realtà poco rassicurante, coperta dall’alibi pret-a-porter del virus. Il quale esiste, è pericoloso e necessita di tutta la nostra attenzione e senso di responsabilità. Ma che sta per essere trasformato in altro, in materia e argomento politico. In sedativo della realtà. E una volta varcato il Rubicone dello stato di emergenza permanente, tornare indietro è dura. Quasi impossibile. Marzo non è distante, ormai. E allora vedremo davvero le macerie economiche e sociali di quanto accaduto.