Ricordate il mio consiglio dell’altro giorno di tenere sotto controllo il livello di utilizzo della facility di reverse repo della Fed di New York come canarino nella miniera di tensioni sulla liquidità e, conseguentemente, come proxy di un nuovo Qe? Tre giorni fa l’ammontare accettato era – per la prima volta da oltre due anni – sceso sotto quota 1 trilione. Pe l’esattezza, 988 miliardi. Mercoledì le operazioni si sono concluse con soli 944 miliardi a fare la nanna nel lock up newyorchese, a fronte di una discreta remunerazione per i loro depositanti. Insomma, 44 miliardi meno in un giorno non sono pochi. E giovedì? L’ammontare è stato di 912 miliardi. Altri 32 miliardi in meno.
Ricorderete come i guru del repo abbiamo ufficiosamente fissato a 750 miliardi il livello di guardia, oltrepassato al ribasso il quale, qualcosa potrebbe grippare nell’interbancario. Hell freezes over. Magari non un perfetto e pedissequo déjà vu del settembre 2019, ma qualcosa di molto simile. E stante la situazione attuale, persino un sequel in sedicesimi sarebbe sufficiente a fare danni. E costringere la Fed a bloccare il Qt e lanciare un Qe emergenziale. Ricordate, il famoso 3 R*** event prospettato da Goldman Sachs nel suo report dedicato ai rischi connessi al basis trade legato ai Treasuries Usa e ai loro rendimenti tachicardici.
E tanto per capirci, sempre giovedì il Tesoro Usa ha declinato la propria sonnacchiosa routine con due aste di T-Bills a 4 e 8 settimane. Per un ammontare sobrio: 95 miliardi per la prima e 85 per la seconda. Insomma, prima della merenda, già 180 miliardi di debito in vendita. Ed ecco che sempre Goldman Sachs ci mostra come nelle ultime sedute gli hedge funds abbiano drasticamente cambiato impostazione sulle equities, talmente in maniera radicale da far pensare a un imminente flip sul lato long.
Per capirci, negli ultimi dieci giorni di trading, la cosiddetta smart money ha acquistato titoli azionari statunitensi per un controvalore di 70 miliardi di dollari, il massimo storico in quell’arco temporale. Ma ecco che è quest’altro grafico a offrirci lo pterodattilo nella miniera, altro che canarino.
L’ultimo sondaggio mensile di Bank of America fra i gestori di fondi Usa vede tre quarti di quest’ultimi convinti che il 2024 non vedrà alcun hard landing dell’economia. Se va male, soft landing. Se va bene, no landing. Si vola.
Se tre indizi fanno una prova, qui c’è materiale per una bella indagine. Perché i dati macro parlano abbastanza chiaro. I consumi non brillano (non a caso, sempre giovedì Walmart ha diffuso cifre decisamente negative riguardo i propri conti trimestrali e parlato di un netto rischio deflazione per i prossimi mesi), l’indebitamento privato e retail esplode, le dinamiche salariali stagnano. Ma il mercato sente le farfalle nello stomaco. Lo si percepisce. C’è elettricità nell’aria, quella che solitamente anticipa il primo bacio. O la tempesta. E in questo caso, serve la seconda per rompere gli indugi e attrezzarsi a un portentoso buy the dip in vista della riattivazione della stamperia. Ancora una volta, apparentemente, il medesimo schema. Tutto pianificato. Manca solo il botto. E in contesto simile, anche un solo decimale può fare tutta la differenza del mondo.
Prendete il dato CPI statunitense, l’inflazione. Tutti lo attendono al 3,3% e lui decide di presentarsi col vestito buono: 3,2%. Boom! Trattasi di over-reaction. Tradotto, gioia incontenibile per il gol del pareggio al 96mo. In netto fuorigioco. E alla prima di campionato. Ce lo mostra il grafico.
Preso atto che la Fed aveva terminato il suo lavoro sui tassi al rialzo, gli hedge funds hanno dovuto fare i conti con un’altra realtà: essere troppo short sul Russell 2000 per coprire tutte le posizioni e andare long. Quindi? Indigestione di opzioni call. Record storico. Roba da Tso.
Ma perché mettere in piedi un simile e potenzialmente rischioso teatrino? Semplice. Stando a calcoli del Fmi, nei prossimi due anni andranno a maturazione 4,5 trilioni di debito corporate Usa. Da rifinanziare. E siccome al netto di rimbalzi del gatto morto e buybacks, il 40% delle aziende Usa quotate hanno status di zombie in base ai loro conti tra flusso di cassa e oneri, come mostra il grafico, il fatto che il 60% di quei 4,5 trilioni di debito sia stato emesso proprio da queste entità più morte che vive dovrebbe far riflettere.
Su cosa? Sul fatto che i Treasuries da emettere per finanziare il debito federale record dreneranno liquidità proprio a quelle aziende già nei guai, rendendo praticamente impossibile il rifinanziarsi. Ricordate, solo giovedì aste per 180 miliardi in titoli a brevissimo termine? Tradotto, game over. Default a catena. Disoccupazione. Nell’anno delle presidenziali. Quando invece basta ancora un po’ di Qe per risolvere tutto.
Il reverse repo è il vero canarino nella miniera. E tranquilli, esattamente come nell’autunno del 2019, andrà tutto secondo i piani. Perché in caso contrario, quali conseguenze potrebbe avere oggi un cigno nero che vada a stravolgere gli equilibri malati di Sistema totalmente sconnesso da price discovery e fair value, stante valutazioni autoreferenziali e frutto di un riciclaggio fra finanziamento a tassi zero senza fine e riacquisto titoli per gonfiare le valutazioni?
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