Nel primo discorso da premier al parlamento francese Michel Barnier ha deciso di dare ampio spazio al debito e al deficit pubblico. Per il nuovo primo ministro il debito pubblico “è la vera spada di Damocle sospesa sulla testa della Francia e di ogni francese”. Secondo le ultime stime della Commissione europea, la Francia sarà il Paese con il deficit più alto d’Europa sia nel 2024 che nel 2025 (con l’esclusione della sola Slovacchia).



Barnier ha delineato un piano che include tagli di spesa e maggiori tasse, ribadendo l’impegno della Francia a mettere le finanze pubbliche su binari più sostenibili. Gli obiettivi però, nel frattempo, vengono rivisti “al ribasso”. Il primo ministro dichiara un obiettivo di deficit al 5% al 2025; il traguardo del 3% arriverà solo nel 2029, due anni dopo rispetto a quanto previsto. La Francia, quindi, sforerà i target dell’Unione Europea per i prossimi quattro anni. La riduzione del deficit per l’anno prossimo sarà finanziata per due terzi da tagli di spesa che in Francia sono sempre complicati. Per la restante parte il Governo chiederà alle maggiori società con “grandi profitti” un contributo al recupero; Parigi imporrà anche un’imposta eccezionale ai più ricchi.



Ma nemmeno con queste misure straordinarie si arriverà all’obiettivo del 3%, che viene rimandato a un orizzonte temporale incompatibile con le scommesse degli investitori. Cinque anni sarebbero molto distanti anche in fasi economiche e geopolitiche stabili; nello scenario attuale, quei cinque anni sono oltre l’orizzonte di qualsiasi stima. Coalizioni e partiti politici scompaiono e si creano con una velocità inattesa. Questo vale per la Francia e per molti altri Paesi europei. Lo scenario geopolitico, fuori dall’Europa, è molto più volatile di quanto non fosse fino a pochi anni fa. Gli investitori, intanto, si segneranno due novità dal discorso di ieri: il posticipo degli obiettivi di riduzione del deficit di due anni e le sfide politiche implicite in quelli di breve periodo, per quanto poco ambiziosi.



Il Ceo di BlackRock, Larry Fink, passato lunedì da Roma, in più occasioni ha sottolineato sia le forze strutturali che spingono l’inflazione, sia le traiettorie insostenibili dei debiti pubblici. Sono due temi che da almeno un anno tornano ciclicamente nei discorsi degli ad dei principali gruppi finanziari globali. Deficit e spesa per interessi sono “attenzionati”. È notizia di settimana scorsa il sorpasso della Spagna sulla Francia: per la prima volta dal 2007 il rendimento del decennale francese è stato più alto di quello spagnolo. I “mercati” non si sono lasciati sfuggire i problemi dei conti di Parigi. Oggi i timori di recessione e la diminuzione dell’inflazione creano un quadro favorevole ai titoli di Stato e le banche centrali tagliano i tassi. Molto però può cambiare nei prossimi cinque anni.

A premere sulla Francia non ci sono solo i “mercati”, ma anche la Commissione europea; sulle fratture tra centro e Paesi membri si possono generare episodi di volatilità non banali. L’Italia ne ha vissuti almeno due, nel 2011-2012 e poi, molto più breve, nei primi mesi del Governo giallo-verde che, per la cronaca, l’anno successivo produsse uno dei deficit più bassi dall’introduzione dell’euro. È possibile che la Francia scommetta che lo scenario favorevole alle obbligazioni statali possa continuare. È possibile anche che la Francia si sia convinta di non dover combattere su due fronti, quello dei mercati e quello dell'”Europa”. Solo due settimane fa la Commissione ha fatto proprio un piano che prevede investimenti e debito comune per finanziare un piano di rilancio che si misura in punti di Pil e in migliaia di miliardi di euro. Significa che la “nuova” Europa sembra avviarsi su una strada diversa in cui deficit e debiti pubblici non sono più il nemico. In questa nuova Europa gli obiettivi francesi si trovano meglio.

Bisognerà ovviamente fare i conti con chi si oppone, e cioè con l’altro partner su cui si regge la costruzione europea: la Germania. Berlino però oggi è debole politicamente ed economicamente e questo contribuisce a spiegare i nuovi obiettivi di deficit di Parigi. Difficile però pensare che la Germania si dimentichi di quello che sta accadendo.

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