Joe Biden alla Casa Bianca garantirà una svolta positiva all’influenza che gli Stati Uniti esercitano negli equilibri politici ed economici mondiali, oltre che alle scelte di politica interna? Wall Street è salita a razzo il giorno successivo al voto, nonostante regnasse l’incertezza più totale: sintomo che dell’identità dell’inquilino della Casa Bianca non interessa nulla a nessuno. Potrebbero metterci anche Borat, la Ocasio-Cortez o Eminem: l’unica cosa che conta, l’unico driver in grado di far girare la ruota è la Fed. Così come in Europa è la Bce. Punto.
Davvero credete che una presidenza di Joe Biden porrebbe fine all’inondazione di liquidità cui assistiamo da anni? Pensate che i democratici daranno un taglio ai deficit allegri? Che metteranno un freno all’abuso di posizione monopolistica dei giganti tech della Silicon Valley o dei trading desk delle banche d’affari? Primum vivere. Volete la riprova? Se Joe Biden diverrà Presidente, pensate che bloccherà la scelta di Donald Trump di spostare da Tel Aviv a Gerusalemme l’ambasciata Usa in Israele? Queste sono le domande da porsi. Ovvero, valutare il cosiddetto cambiamento attraverso gli atti concreti verso soggetti ritenuti di pari potenza. Quantomeno strategica, diplomatica e di moral suasion della deterrenza. Non a caso, quando la matematica ormai lo dava pressoché per certo vincitore, quale è stato il primo impegno che Joe Biden si è sentito di rendere noto in veste di Commander-in-waiting? Rientrare subito nell’accordo di Parigi sul clima. Ovvero, la classica mossa politically correct che ti garantisce immediata beatificazione laica, un invito da Lilli Gruber, una copertina sul magazine del Corriere, ma nessuna conseguenza concreta sugli equilibri che contano. Anzi, decisamente gradita a banche e Wall Street e con timing perfetto, visto il business delle emissioni dei bond social denominati ESG (Environmental, Social and Governance) in piena esplosione a livello globale.
Non ci credete? Guardate questi due grafici: il primo mostra i flussi record di capitali in entrata negli Etf che tracciano appunto l’andamento dei cosiddetti social bonds – le sedicenti obbligazioni sostenibili ed etiche – solo quest’anno, mentre il secondo ci mostra quali siano i primi 10 detentori del principale Etf del comparto. Non trovate che vi sia qualcosa che stona nella narrazione ufficiale?
Parliamo quindi un attimo di cose serie. Tipo l’avvelenamento dei pozzi posto in essere da Giuseppe Conte con l’ultimo Dpcm. Il primo ministro sa che ormai ha i giorni contati (politicamente, sia ben chiaro), sente il ghiaccio scricchiolare sotto i suoi pattini, gli stessi che pensava potessero farlo scivolare verso un futuro radioso e meno oscuro di quello garantito dalle aule universitarie. D’altronde, i miracolati faticano più degli altri ad accettare la perdita del magic touch. Se il nuovo regime di lockdown che riguarda la Lombardia e che inizia oggi proseguirà davvero fino al 2 dicembre possiamo tranquillamente dire che l’attività commerciale di una città residuale per l’economia nazionale come Milano subirà un colpo da cui è impossibile riprendersi: fine dei giochi, game over.
Se esiste infatti un periodo che garantisce un minimo di sostegno ai consumi è quello che anticipa il Natale. E che, di fatto, comincia adesso, visto che un negoziante non può ordinare la merce ai fornitori da un giorno con l’altro. E intendiamoci, il sottoscritto ha grande timore del virus. Se l’Amuchina garantisse stock options a chi acquista e utilizza più gel per le mani, sarei miliardario. Non ho mai tolto la mascherina, nemmeno durante l’estate. La metto anche per scendere a gettare l’immondizia, perché la ritengo una precauzione doverosa nelle parti comuni del condominio. Quindi, sgombriamo il campo da ogni possibile negazionismo rispetto alla serietà della situazione. Altresì, ho visto il tasso di irresponsabilità generale, soprattutto dei giovani, nel corso dei mesi più caldi, quando sembrava che l’incubo fosse finito. In parte, la seconda ondata ce la siamo un po’ cercata, quantomeno con queste rapidità ed entità di trasmissione. Tutto vero. Ma quale rischio di contagio può creare un negozio di abbigliamento, dove già si entrava in numero contingentato, con mascherina, dopo essersi igienizzati le mani e spesso anche dopo la rilevazione della temperatura corporea? E poi, cosa significa derogare i negozi di articoli sportivi e di abbigliamento per bambini? A quale priorità assoluta danno risposta? E perché farsi tagliare i capelli o la barba rappresenterebbe un diritto inalienabile dell’uomo lombardo e andare in libreria invece no?
Signori, intesi come cittadini e contribuenti della mia Regione, vogliamo capirla che il problema non è chi arriverà alla Casa Bianca, ma sempre più l’interlocuzione con un potere sclerotizzato come quello di Roma, intesa come epicentro di uno Stato in pre-default conclamato ed entità burocratica attualmente in mano a degli incompetenti senza speranza di redenzione? I governatori regionali hanno molte colpe, occorre ammetterlo. Non ultima, quella di chiedere allo Stato di decidere, come hanno fatto nell’ultima tornata negoziale. Così facendo, automaticamente ti metti nelle condizioni di non poterti poi lamentare di quanto Roma fa piovere dall’alto. Al netto della Val d’Aosta, il cui Pil è pari a quello di Corso Buenos Aires, chiudere Lombardia e Piemonte appare decisione di quelle decisamente miopi. O, al contrario, mirate. Tanto più se a queste vai a unire la Calabria, Regione incapace di reagire perché politicamente sede vacante dopo la dipartita di Jole Santelli e in attesa del ritorno al voto. Ma, soprattutto, unica regione a non aver subito restrizioni da parte del Governo tedesco.
Eh già, il 30 ottobre scorso Berlino ha dichiarato l’intera Italia zona rossa, decretando che chiunque giunga in Germania debba essere sottoposto a tampone e quarantena obbligatori. Tranne dalla Calabria. Vogliamo forse parlare del caso Campania, poi? L’epicentro della Morte Nera, quantomeno stando alle dirette Facebook del suo grottesco governatore, pare che invece sia oggi degno di una versione moderna dell’ode All’amica risanata: miracoli del Cts. O, forse, di ben altro. E poi, scusate: trovandovi di fronte a un’emergenza, voi reagite in cinque minuti o in cinque giorni? Il Governo, dopo aver dato vita a tre Dpcm in tre settimane, ha intavolato una surreale trattativa in stile suk che incontra il manuale Cencelli, perdendo appunto cinque preziosi giorni nella lotta alla pandemia. Se io capo del Governo so che la situazione sta precipitando, numeri alla mano, decido d’imperio. Oneri e onori del potere, all’inferno la conferenza Stato-Regioni e la mediazione con partiti ed Enti locali. Fatta così, invece, la torta risulta davvero poco cotta e indigesta. Calcolo politico, questo ci tiene in vita come Paese.
Ah no, dimenticavo: oltre al calcolo politico, ci pensa anche la Bce. Chissà cosa accadrà, da qui al 10 dicembre? Chissà che la minaccia fatta trapelare dalla Reuters e di cui vi parlavo nei miei articoli di ieri e dell’altro ieri non divenga realtà. D’altronde, in punta di nuovo Dpcm e addirittura di lockdown in Lombardia e Piemonte, appare sempre più lunare il no al Mes, trattandosi di 36-37 miliardi pronta cassa da utilizzare proprio per spese sanitarie dirette e indirette. Ma si sa, esattamente come quel pallone gonfiato di Pedro Sánchez, la componente grillina di governo pensa che l’albero della Bce continuerà a generare frutti in grado di sfamare il popolo a costo zero. Quindi, puntare tutto su emissioni a ciclo continuo del Tesoro. E poi ricordiamoci che, come i bambini credono a Babbo Natale, i grillini credono ancora ai 209 miliardi del Recovery fund.
Povere anime, quale orrendo risveglio li attende, da qui al 10 dicembre. Perché scordatevi, cari lettori, che Christine Lagarde possa dar vita a un ampliamento del Pepp senza condizionalità di qualche genere: è escluso, significherebbe dichiarare una guerra alla Bundesbank ancora peggiore di quella già in atto. E per quanto si voglia credere alla favoletta dell’Europa in rosa che ha superato il tabù dell’austerity e del rigorismo, le cose sono differenti.
Primo, Ursula von der Leyen è tedesca, prima che donna. Secondo, a metà dicembre entra operativamente nel board Bce l’attuale direttore generale della Banca centrale olandese in sostituzione di Yves Mersch: come dire, un intero stormo di falchi al posto di un singolo rapace. Terzo, la decisione Bce del 10 dicembre avverrà temporalmente ancora sotto il semestre di presidenza tedesco. Ovvero, del Paese la cui Banca centrale – principale azionista dell’Eurotower – ha ottenuto un conferimento di mandato diretto dalla Corte costituzionale che contempla il diritto/dovere di chiamarsi fuori dal Pepp, se questo violasse i principi di proporzionalità. E su cosa hanno fatto leva gli appunti dei Paesi del Nord, riportati dalla Reuters? Sull’abuso distorsivo, in chiave di finanziamento dei deficit sovrani e compressione degli spread dei Paesi più indebitati, proprio della deroga alla capital key, ovvero il non plus ultra della proporzionalità. E se ieri se ne è accorto con preoccupazione persino l’house organ del Governo che risponde al nome de Il fatto quotidiano, significa che la minaccia esiste. Eccome.
E sapete cosa lo conferma indirettamente? Il fatto che in contemporanea sia stata messa sapientemente in circolazione su alcuni media la panzana di una Bce che invece, alla luce della seconda ondata, starebbe addirittura ragionando su un azzeramento del debito. Visto che gli Usa vanno tanto di moda, utilizzerò un modo di dire di quelle parti per delineare il grado di credibilità di questa ipotesi: è più facile che nevichi all’inferno. D’altronde, attorno a noi è tutto così credibile. Mentre il commissario Paolo Gentiloni rendeva noto che l’Italia non rivedrà la sua crescita economica pre-Covid nemmeno nel 2022, Piazza Affari aumentava i guadagni. Festeggiava. Tutti idioti o solo patologicamente dipendenti dalla Bce, per usare la formula con cui il centro studi di Intesa-San Paolo ha definito nel suo ultimo report il debito pubblico italiano? La cui sostenibilità, sempre a detta di Paolo Gentiloni, non è argomento di preoccupazione in Europa. Quando si comincia così, si finisce con i loden.
Dai, ancora un pochino di pazienza. Poi sarà finalmente commissariamento. Più o meno ufficiale, più o meno diretto o tramite il proxy del Cavaliere bianco. Poco cambia e poco conta. L’importante è cominciare a staccare i cavi dell’alimentazione alla Bestia centralista e alla sua fame di debito, clientele e assistenzialismo. Forse, ci potremo augurare con il sorriso “Buon Natale”. Anzi, Frohe Weihnachten.