Stiamo vivendo tempi tempestosi e anche curiosi, tempi in cui la finanza creativa ha finito il numero di magie praticabili per tenere in vita questo Frankenstein che è l’Ordine Mondiale occidentale, sempre impegnato a inventare nuove diavolerie.

Gli ultimi anni sono stati contraddistinti dalle piroette finanziarie della Federal Reserve: prima il Quantitative Easing (Qe), la stampa folle di 120 miliardi di dollari al mese, protrattasi durante la pandemia da aprile 2020 a novembre 2021 per sostenere le multinazionali. Poi, da maggio 2022, la crociata contro l’inflazione che si era inevitabilmente causata (altresì detta Quantitative Tightening – Qt), con cui la Fed ha tolto dal mercato 95 miliardi al mese e ha fatto crollare le azioni e i bond dopo una “gloriosa” bolla speculativa durata oltre un decennio.



Infine, a marzo 2023, la sospensione del Qt con le fantomatiche reverse repurchase agreement (Rrp), la vendita di strumenti finanziari con l’accordo di ricomprarli a un prezzo più alto in una determinata data futura, con cui la Fed ha iniettato 300 miliardi nel sistema bancario senza dover stampare “soldi reali”: il tutto per evitare il crollo del domino bancario dopo la scellerata vicenda della Silicon Valley Bank.



Insomma, i banchieri americani non hanno appreso niente dalle lezioni impartite dalla crisi del 2008, anzi hanno continuato a fare gli spavaldi esponendosi con derivati e scommesse di vario tipo.

Purtuttavia i mercati internazionali hanno apprezzato questo escamotage stabilizzandosi, e addirittura si è verificata una risalita del valore delle aziende tecnologiche, soprattutto quelle legate all’Intelligenza artificiale, ma lo tsunami di guai in arrivo non può arrestarsi così facilmente.

La crisi del tetto del debito Usa (31,4 triliardi), teatrino imbarazzante tra Biden e i repubblicani, si è risolta con la banale soluzione di posticipare il problema proponendo un piano di azione per tagliare tutta la spesa federale eccedente i 4,1 triliardi “essenziali” al funzionamento dell’apparato.



Ma la polvere non si può troppo a lungo nascondere sotto il tappeto: dei 346 miliardi di dollari che il Tesoro deteneva a gennaio 2023 nel Tga (Treasury General Account) degli Stati Uniti, sono rimasti solo 38,8 miliardi, dopo che il segretario Yellen ha tentato diverse iniziative per non sfondare il tetto del debito. Risultato: gli Stati Uniti sono a corto di soldi.

Un ostacolo insormontabile si erge ora di fronte a noi: entro settembre (mese che sancisce la chiusura dell’anno fiscale americano) il Governo federale ha bisogno di finanziamenti per 1,2 triliardi sotto forma di titoli del Tesoro. Una tale emissione di titoli di debito è molto difficile da assorbire in questo quadro macroeconomico di equilibrio dinamico e delicato, in quanto potrebbe prima far crollare la fiducia degli americani, e poi anche il valore dei colossi tecnologici e bancari insieme a tutti gli indici di Borsa.

Oltretutto la Fed non ha finito di alzare i tassi di interesse, e molto probabilmente riprenderà a farlo a luglio o ad agosto, perché l’inflazione non è ancora del tutto sotto controllo, continuando obbligatoriamente il Quantitative tightening per ridurre i dollari circolanti di almeno 1 triliardo nei prossimi 3-4 mesi: ecco perché il valore del dollaro e la Borsa americana saranno molto instabili.

Ben presto sapremo se siamo immersi in un’epoca di montagne russe finanziarie un po’ come negli anni ’70, quando il valore del dollaro era stato scollegato dall’oro, o se abbiamo oltrepassato la speranza di un “soft landing” e stiamo precipitando nell’abisso di un’enorme recessione globale.

Insomma, gli Stati Uniti sono un enorme Faust economico, e ora che Mefistofele sta presentando il conto subiscono le conseguenze delle loro azioni e dell’inesorabile avanzata della Storia. Vedremo se il Dio che è presente nel loro motto avrà pietà di loro.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI