Questo è l’ultimo articolo che scrivo parlando dell’Italia (e, tra non molto, capirete anche il significato più ampio di questa scelta). Per quanto mi riguarda, dopo l’ennesima pantomima sul Dpcm, consumata in faccia alla sofferenza di malati e personale sanitario che invita a smetterla con i distinguo e le sottovalutazioni prima che sia troppo tardi, chi sta a palazzo Chigi non merita nemmeno la mia contrarietà. E questo Paese, se davvero applaude gente simile e le loro scelte, non si lamenti poi delle conseguenze cui andrà presto incontro. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso recita il proverbio. Non avete idea quanto questo oggi sia vero. Perché nonostante i carri allegorici e i trenini stile Capodanno che hanno seguito l’annuncio del no al Mes, inserito in un contesto quantomeno irrituale come quello della presentazione di misure di tutela sanitaria, i campioni della sovranità nazionale devono aver patito una sorta di dissociazione da trans agonistica che non ha permesso loro di metabolizzare e comprendere bene cosa abbia dichiarato – ancorché a Borse chiuse, bontà sua – il primo ministro di questo Paese ai mercati: “Ehm.. non abbiamo più… ehm molte risorse. Dobbiamo sceglierle bene”.



In compenso, dice no al Mes. Come un disperso in montagna ritrovato in piena ipotermia che dice no alla coperta e chiede una birra ghiacciata. Questo forse non è uno stigma, a vostro modo di vedere? E poi, scusate, delle due l’una. O questo Paese ormai è talmente sano da emettere trentennali a 0% di rendimento e decennali 0,70% e allora basta seguire la ricetta argentina dell’emettere senza tregua per trovare risorse oppure, cosa ancor peggiore, palazzo Chigi sta insinuando il dubbio che il problema della sanità italiana in fase nuovamente pre-emergenziale non siano i fondi, bensì il non saperli spendere. O, peggio, lo spenderli male. Davvero, quindi, se la seconda ipotesi fosse quella reale, i Paesi frugali erano da crocifiggere quando chiedevano stretti controlli preventivi all’esborso dei fondi (mitologici, ormai) del Recovery fund?



Perché infatti dici no ai 36 miliardi del Mes, se contemporaneamente parli di risorse scarse e hai mezza sanità nazionale che già suda freddo? Non ti bastano i Btp a ciclo continuo, quelli tanto non sono mica debito come il Mes, vero? Ai geni della stamperia globale come risoluzione di ogni problema, questo dubbio non è sorto? Forse erano presi a vergare idiozie trionfalistiche su Twitter, mentre Giuseppe Conte dava vita a una questa proverbiale scivolata su buccia di banana. Il tutto, a poche ore dall’appello di Angela Merkel ai cittadini tedeschi, resosi necessario dopo l’aumento record di contagi nel Paese: “Per favore, restate a casa il più possibile… Rinunciate a qualsiasi viaggio che non sia realmente necessario, a qualsiasi celebrazione che non sia realmente necessaria. Quello che sarà l’inverno, il nostro Natale, sarà deciso nei giorni e nelle settimane a venire”. Due toni un po’ differenti. Dello stile e della levatura politico-morale dei due politici a confronto, nemmeno mi scomodo a parlare.



Cosa si agita, in realtà, sottotraccia? Giuseppe Conte non solo ha utilizzato la conferenza stampa del Dpcm per parlare di Mes – di fatto chiedendo per pietà a Pd e Italia Viva di staccare la spina, avendo intravisto quanto stia arrivando all’orizzonte e preconizzato da Confindustria -, ma ha avuto ancora la faccia tosta di scaricare sui Sindaci l’onere dell’unica scelta impopolare potenzialmente presa e messa nella cassetta degli attrezzi dell’emergenza. E voi pensate che con le elezioni per i rinnovi dei Sindaci delle principali città italiane fissate da qui a pochi mesi, ci sia molta voglia di diventare il primo cittadino più impopolare della storia, quello che nega il Mojito? O forse trattasi di scientifica strategia elettorale, visto che a livello locale e amministrativo M5S conta storicamente come il Benevento nella lotta per la Champions League?

Anche a questo estremo atto di irresponsabilità politica e sanitaria, forse, non hanno fatto caso gli ultras anti-Mes che hanno popolato la Rete domenica sera. E mentre loro twittavano proclami da Istituto Luce di vittoria e difesa della Patria, su Canale 34 andava in onda Grand Hotel Excelsior, un classicissimo della commedia leggera anni Ottanta. Nulla capita a caso. Rivederne l’inizio è stato illuminante, oltre che un tuffo nel passato. Perché la conferenza stampa di Diego Abatantuono nel ruolo del Mago di Segrate sembrava la naturale prosecuzione di quella di Giuseppe Conte, nonostante quest’ultimo ancora non possa annoverare nel suo repertorio il numero del magnetismo per fregare monetine, orologi e orecchini. Come cantava De Gregori, il ragazzo si farà, la prossima campagna elettorale per le legislative lo troverà pronto, ne sono certo.

Tornando seri, sapete perché Angela Merkel ha usato quei toni così drastici e drammatici nel chiedere ai propri cittadini di evitare azzardi non necessari? Ce lo spiega, fresco fresco, questo grafico, il quale attraverso il proxy della correlazione fra rendimenti del Bund a 2 e 10 anni – uno storico indicatore di recessione per la Germania – parla chiaramente e già oggi del rischio di una nuova double-dip recession.

I 15 punti base cui è sceso nelle prime contrattazioni della settimana, infatti, rappresentano il minimo da circa 10 anni: di fatto, il mercato già prezza un nuovo lockdown e misure drasticamente restrittive per contrastare una seconda ondata di pandemia. Nei fatti. E nei numeri. Mi limito a farvi riflettere su un particolare, per l’ennesima volta: quale sarà il contraccolpo di questo eventuale, nuovo tonfo dell’industria tedesca per il comparto delle subfornitura componentistica del Nord Italia? Il tutto, badate bene, a prescindere dal fatto che qui si arrivi o meno al lockdown totale, quindi anche per le imprese: se la Germania rallenta o addirittura si ferma, in Italia possiamo tenere aperti tutti i bar e le palestre che vogliamo, siamo alla fine del film. E con il forte rischio di un Governo a fine corsa e quindi nettamente sbilanciato verso il fronte sindacale, in fatto di tutele e vincoli sul mercato del lavoro. Auguroni. Ma tanto, abbiamo evitato il Mes, c’è da festeggiare. Forse per questo hanno lasciato bar e locali aperti fino a mezzanotte.

E noi infatti come contrastiamo il tutto, al netto del benaltristi del virus che di colpo hanno imparato l’importanza della statistica nella logorante vita moderna, quasi un Cynar che corrobora la stupidità politica tramutandola in virtù? Trasformando Sindaci in scadenza di mandato (la movida, di fatto, fa danni a Milano, non in paesini di montagna o dell’entroterra siculo) in sceriffi dell’aperitivo e, di fatto, tenendo tutto il resto come prima: se sai che la vita notturna se ne frega dei divieti e diventa vettore di contagio, visto che chi si comporta da idiota nei locali ha quasi sempre una famiglia che poi verrà infettata al pranzo della domenica, non tieni aperti i locali fino a mezzanotte, tanto per garantire un elettoralistico consenso. Fai come a Parigi, città che non mi pare poco avvezza ai festeggiamenti e alla bella vita: alle 21, tutto chiuso e tutti a casa fino alle 6 del mattino dopo per sei settimane. Altrimenti, lasci tutto aperto, se l’emergenza a tuo modo di vedere non esiste. Il comportamento di Conte, invece, rappresenta al meglio il cancro storico dell’Italia: l’atteggiamento gattopardesco del non decidere per non scontentare nessuno, poiché tutti tengono famiglia. E vedrete come finirà con i sindacati, in vista della fine del blocco dei licenziamenti.

D’altronde, come ha detto il Premier, le risorse sono poche. Quindi non si può garantire ristoro a tutti. Tradotto, rischiamo la pelle della gente, piuttosto che le nostre chances politiche future. Davvero uno statista. Ma soprattutto, un patriota. D’altronde, ha detto no al Mes e per i gonzi questo è sufficiente. Anzi, quasi motivo sufficiente al conferimento di una medaglia al valore. Vi siete accorti che, nel giro tre giorni dall’asta dei miracoli di Btp, lo spread è già tornato a 130 punti base, invece che schiacciare ulteriormente al ribasso la soglia psicologica di 120 per tentare l’assalto al cielo della doppia e non più tripla cifra? Non vi siete accorti, troppo ebbri di gioia per il no al Mes? Chissà quanto durerà quella gioia, di fatto? Perché, al netto della chimera del vaccino che serve solo per garantire ogni tanto un titolo a Libero che non porti in tribunale la direzione per vilipendio od oltraggio a qualcosa/qualcuno, la questione ora è tanto semplice, quanto poco rassicurante: è tutto nelle mani di Christine Lagarde e della riunione del Consiglio Bce del 10 dicembre prossimo.

Nelle stime degli analisti, i prospettati 400 miliardi di aumento della disponibilità di risorse del Pepp sono già saliti a 500, stante proprio il clima da lockdown imminente in mezza eurozona: si farà davvero? E se per caso, quell’aumento risultasse poi inferiore? O, paradossalmente peggio ancora, se i falchi del Nord cedessero sì al clima di emergenza generale e dicessero il loro , ma, contestualmente e forti del nuovo membro olandese in ingresso il 15 dicembre, imponessero in cambio la posa della pietra tombale sulla volontà di qualcuno di trasferire le tre deroghe fondamentali del Pepp ai programmi di acquisto statutari dell’Eurotower? Sicuri che a quel punto la scelta di quell’irrituale, propagandistico, irresponsabile e del tutto elettoralistico no al Mes non lo rimpiangeremmo come il primo amore ai tempi del liceo?

Per una volta, la risposta la offro io senza dubitativi di sorta: siatene pur certi, fin da ora. Con l’Italia, io ho chiuso qui.