Un +6.150% in quattro giorni su circuiti over-the-counter non è cosa che accade spesso. E Credit Suisse lo sa, visto che il suo ETN legato ai futures del gas naturale è passato dai 400 dollari del 4 agosto ai 25.000 del 12 agosto, come mostra il grafico più in basso. Attenzione, però. Andiamo per gradi e partiamo dal definire cosa sia un ETN. Si tratta di Exchange Traded Notes, ovvero strumenti finanziari emessi da una banca o una Sim a fronte dell’investimento diretto dell’emittente nel sottostante o in contratti derivati sul medesimo. Il prezzo degli ETN è quindi legato direttamente o indirettamente all’andamento del sottostante.
Come i più noti e diffusi ETF, gli ETN sono negoziati in Borsa come delle azioni e replicano passivamente la performance del sottostante (tipicamente un indice) a cui fanno riferimento rientrando a pieno merito nella famiglia dei cloni. La ragione del loro successo? Ampliano le opportunità d’investimento, poiché consentono agli investitori l’accesso a indici e sottostanti diversi dalle materie prime già coperte dagli ETC. Il criterio che distingue i primi dai secondi è infatti esclusivamente la natura del sottostante: quando è una materia prima ci si riferisce agli ETC, mentre in tutti gli altri casi agli ETN.
Lanciato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2006, questo strumento di fatto tramuta il sottoscrittore in creditore dell’emittente. Si tratta infatti di titoli di debito che non fruttano interessi e non distribuiscono cedole o dividendi, ma consentono agli investitori di condividere i ritorni di indici benchmark, al netto di una commissione d’investimento. Infine, l’enorme differenza rispetto agli ETF sta nel fatto che l’emittente è una banca ed esiste quindi per l’investitore il rischio che questa fallisca.
Credit Suisse è forse fallita? No. Anzi, gode di ottima salute. Però, dopo le montagne russe degli ultimi dieci giorni, ha chiuso il suo ETN legato al gas naturale. Il tutto in un cotè di traders imbufaliti per le margin calls cui sono incorsi per chiudere posizioni ribassiste che si stavano sostanziando in sentenza di morte (finanziaria, ovviamente) e investitori/detentori delle notes del DGAZF (questo il ticker dell’ETN in questione) che verranno ripagati in base a un valore medio relativo al trading degli ultimi giorni. Il problema è che se il 12 agosto la chiusura di mercato è stata a 15.000 dollari, l’altro ieri viaggiava a 124 dollari.
Ovviamente, ora Credit Suisse finirà sul banco degli imputati per aver agito tardi e male, oltretutto alla luce della sospensione dell’emissione di securities già dal 22 giugno (sintomo di qualche dubbio già esistente) e del de-listing dal Nyse Arca di New York datata 12 luglio. Per capirci, il 12 agosto il market cap dell’ETN era di 4,58 miliardi di dollari a fronte di total assets per 37,9 milioni. Praticamente, l’incarnazione degli unicorni. E, nonostante le rassicurazioni di Credit Suisse rispetto all’assenza di contagio verso gli altri suoi ETN attivi, qualcosa pare essersi rotta sul mercato.
C’è un problema, infatti, al di là del singolo evento e delle perdite personali. Stando al Wall Street Journal, oggi esistono meno di 3.000 aziende Usa quotate a fronte di oltre 7.000 ETF a livello globale. I quali, di fatto, sono diventati i veri dominatori della price action. Ed ecco quindi il busillis che sta turbando le notti di molti attori di mercato, banche francesi in testa, vista la loro propensione all’abuso di investment desk su securities quantomeno esotiche: sicuri che, dopo i giochini con auto-callables e leveraged loans, quello in cui è occorsa Credit Suisse non sia solo il canarino nella miniera di un classico accident waiting to happen a livello generale? Insomma, per quanto sul banco degli imputati oggi ci sia l’istituto elvetico, sicuri che tutti gli altri possano permettersi il lusso di scagliare la prima pietra e lanciare la prima pernacchia di disapprovazione e ludibrio?
No. E a testimoniarlo ci pensa il fatto che di questa notizia nessuno ha parlato, al di fuori dei circuiti finanziari. Certo, la materia appare ostica, argomentazione da addetti ai lavori, ma è il concetto di fondo che va tenuto ben nascosto, come sporco sotto il tappeto della realtà: il Qe globale e permanente ci ha completamente anestetizzato. Peggio, ci ha abituato a navigare senza bussola, avendoci venduto la narrativa dei cieli sempre blu e dei mari sempre calmi e senza ostacoli. Quello di Credit Suisse, invece, rischia di essere la classica punta dell’iceberg. Visibile, certo. Ma reputata troppo lontana e astrusa per interessare direttamente la nostra gioiosa e placida navigazione, guidata dal capitano Achab delle Banche centrali. Così non è: sotto il pelo dell’acqua, l’iceberg si espande a dismisura. È enorme. E deve fare paura. Non ci rendiamo conto di come il mercato, a causa dei tassi a zero perenni e del denaro a pioggia, sia tutt’altro che un prato all’inglese su cui fare un pic-nic: in realtà è un infido campo minato. Senza segnalazioni.
Giochereste a golf su un campo minato? Bene, in molti lo stanno facendo. Ad esempio, qualche centinaia di migliaia di pazzi che opera su piattaforme come Robinhood senza sapere minimamente come funziona non tanto la Borsa, quanto i suoi meccanismi manipolatori. Sapete davvero, fino in fondo, cosa giace nel portfolio di investimento che vi hanno proposto e che finora si è comportato bene, di fatto operando front-load con la stamperia globale degli indici sempre in rialzo? E se qualcosa andasse storto, dalla sera alla mattina? Se saltasse fuori, dal nulla e dall’armadio del mercato, la vecchia regola dell’effetto palla di neve? Guardate questo grafico relativo al rialzo dei rendimenti obbligazionari Usa a seguito della pessima asta di trentennali tenuta dalla Fed il 13 agosto (26 miliardi di dollari di controvalore, record assoluto).
Non solo quel bond ha visto lo yield corrisposto risalire al livello della pubblicazione delle minute del Fomc di giugno, ma ha immediatamente influenzato altri due hard assets: il Treasury decennale che ha visto il suo rendimento salire oltre lo 0,70% e la Borsa, sgonfiatasi come un soufflé dopo il risultato dell’asta. Signori, attenzione alla silenziosa e soprattutto silenziata risalita dei tassi Usa. Perché qualche triliardo abbondante di investimenti si basa su modelli di VaR tarati in base al mondo degli unicorni: se qualcosa dovesse andare fuori controllo a livello sistemico, quanto accaduto con l’ETN legato al gas naturale diventerebbe quotidianità.
Non ci credete? Fate pure, io in coscienza vi lascio con questi due ultimi grafici di Ferragosto tanto per capire il livello di rischio potenziale che si corre a pensare che la Fed, comunque vada, sia il master of the universe.
Nessuno pensava che Lehman potesse fallire o Trump diventare Presidente, eppure. Guardate dove potrebbe finire il Nasdaq, se il trend dovesse essere quello di un re-couple anche solo a metà strada con i rendimenti del Treasury a 10 anni in rialzo. E guardate che strana correlazione che il Dow Jones con i suoi corsi attuali sta vivendo con quelli del triennio 1928-1932. Lettore avvisato…