«Vedremo il risultato del voto in Italia, ci sono state anche le elezioni in Svezia. Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria». Parole e musica di Ursula Von der Leyen. Quantomeno, la presidente della Commissione europea ha avuto la decenza di proferire queste parole fuori dalle istituzioni europee. Per l’esattezza, lo ha fatto nel corso di un dibattito a Princeton. Lei negli Usa, Draghi negli Usa. Scusate ma non era la Russia a voler influenzare il voto italiano? In tal senso, mi pare che anche le parole giunte dalla Casa Bianca sul prendere le misure da subito al prossimo presidente del Consiglio, ci dicano qualcosa. Così come il disvelante caso di incontinenza verbale della signora che con il suo green deal a tutto vantaggio della truffa ESG ha messo in ginocchio la medesima Europa che dovrebbe guidare.



Questo è il mio ultimo articolo prima del voto. Il prossimo sarà online a cose fatte, a seggi chiusi e scrutini ultimati. Capirete da soli che un appello a recarsi alle urne da parte del sottoscritto suonerebbe incoerente, quindi mi astengo dal farlo. Però, ammetto che la tentazione di andare a votare solo per far del male politicamente a questa gente sta poco alla volta facendosi largo in me. Perché qui ormai siamo ben oltre il commissariamento, di fatti impostoci con il Governo Draghi. Qui siamo al vassallaggio. Che potrebbe anche essere accettabile, se gli ordini arrivassero da qualcuno titolato a darli. Ma Ursula von der Leyen, insieme alla sua degna compare messa non a caso a capo della Bce dopo il disastro argentino al Fmi non fa parte della schiera di chi può permettersi di imporre nulla. A nessuno. Né di consigliare.



Guardate questo grafico, è fresco fresco di pubblicazione e ci mostra la stima flash per il mese di settembre dell’indicatore della fiducia dei consumatori nell’Ue e nell’area euro. E non si tratta di analisi riconducibili a un soggetto privato, non è una banca d’affari ad aver piantato il simbolico chiodo sulla bara dell’Europa: è l’indice ufficiale della Commissione Ue. Ovvero, l’indice di Ursula von der Leyen. Quella che ci avverte che se le cose vanno male – tradotto, se non governerà come al solito il Pd pur avendo perso -, è pronta con la frusta.



Bene, Il calo per quanto riguarda l’Ue è stato di 3,5 punti, mentre quello per l’eurozona di 3,8 punti. Rispettivamente a -29,9 e -28,8, i due indicatori sono oggi al loro minimo storico. Dunque, la gestione di Ursula von der Leyen ha stabilito il record di far precipitare la fiducia dei consumatori europei sotto e scarpe come nemmeno dopo Lehman o nel pieno della crisi greca. E non azzardatevi a dire che la colpa sia di Vladimir Putin che ci ha tagliato il gas. Né, peggio ancora, che le sanzioni funzionano. La colpa è di chi ha scelto Greta Thunberg come proprio consulente di fiducia per la politica energetica, imponendo una transizione a dir poco criminale nei tempi e nei modi. E che, quando la crisi con la Russia ha reso evidente l’errore madornale compiuto, non ha saputo fare nulla. A partire dalla pagliacciata del price cap, rimasto una chimera nonostante i proclami di Mario Draghi e della nostra eroina.

In compenso, ecco che – messa alle strette dal caro-energia che ha costretto la sua Germania a nazionalizzare Uniper per evitare i black-out da insolvenza – la brava Ursula ha deciso di alzare al massimo l’asticella del ridicolo, proponendo uno strumento a leva che dovrebbe garantire all’Ue risorse massime di 140 miliardi attraverso un tetto ai profitti dei giganti energetici. Gli stessi che prima hanno fatto miliardi con la truffa ESG, certificando come green bond qualsiasi cosa avesse un accenno di verde anche solo nel logo e poi hanno ulteriormente fatto gonfiare i bilanci con il grande ritorno al fossile. Solo per salvare Uniper, la Germania ha dovuto mettere sul piatto oltre 20 miliardi dei contribuenti – fra aiuti diretti, linee di credito, acquisto delle quote dalla finlandese Fortum e conseguente aumento di capitale – in un mese e mezzo.

Fate voi due calcoli in prospettive. E vogliamo dimenticare la transitorietà dell’inflazione che la Fed ha suggerito alla Bce e che Christine Lagarde ha immediatamente fatto sua, lasciando che i prezzi arrivassero pressoché in doppia cifra prima di cominciare ad alzare i tassi o soltanto ad ammettere che esisteva un problemino? Che dite, l’inflazione fuori controllo può avere avuto qualche minimo impatto in quel crollo della fiducia dei consumatori europei? Andare al supermarket ormai rappresenta un atto di coraggio, al pari di aprire la busta delle bollette. E piaccia o meno, a determinare l’aggravarsi esiziale di dinamiche globali già estreme sono state le istituzioni europee, Commissione e Bce in testa. Le stesse che ora dettano legge a poche ore dal voto.

La prima dicendoci chiaro e tondo che, se votiamo male, faremo la fine dell’Ungheria, la seconda ricordandoci con approccio a dir poco sospetto come lo stock del nostro debito sia troppo grande per poter accettare deviazioni anche minime dal percorso tracciato nel Pnrr. Ovvero, riforme contenute in un piano nato prima della guerra in Ucraina. Un piano che, ad esempio, oggi vede interi blocchi di appalti totalmente a rischio di andare deserti, poiché non pondera nei costi l’aumento delle materie prime. Ma l’Europa non vuole che si tocchi, va bene così.

Proprio sicuri che sia la Russia a voler interferire con le nostre elezioni? Il problema, però, sta alla radice: l’Europa può permettersi una tale sfacciataggine solo perché ci tiene per il collo attraverso il reinvestimento titoli. Insomma, il patto è chiaro: Francoforte ci tiene lo spread sotto controllo e Roma esegue pedissequamente il compitino. Inutile negarlo, una parte di responsabilità – grande, al limite dell’enorme – fa capo all’Italia e ai Governi che si sono succeduti. Oggi, però, i tempi sono diversi. Oggi viviamo in un altro mondo, viviamo una de facto economia di guerra. Non a caso, Francia e Germania hanno nazionalizzato e messo sotto tutela statale le utilities strategiche. Senza che nessuno dicesse nulla. L’Italia dei Migliori nemmeno ci ha pensato a politiche di tutela nazionale. Ha millantato transizioni indolori da Gazprom fino all’altro giorno, salvo poi imporre contatori intelligenti nelle case e razionamenti dell’energia. E se per caso dovessimo toccare gli stoccaggi, state certi che il giorno dopo l’Algeria ci comunicherà qualche problema con le forniture concordate. Ovviamente, risolvibile e superabile a tempo di record con un ritocchino al prezzo. Per riempire le scorte ci siamo letteralmente svenati sullo spot market, facendo la gioia della Norvegia. Insomma, se Roma ha le sue colpe, Bruxelles e Francoforte certamente non hanno brillato. Anzi, di fatto hanno aggravato e non poco le dinamiche. In compenso, ora minacciano. E apertamente.

Alla fine, io non voterò. Troppo forte la pregiudiziale delle sanzioni contro la Russia e delle armi all’Ucraina per consentirmi di turare il naso, stante l’unidirezionalità in tal senso di tutti i partiti. Voi però pensateci bene, lasciate per un attimo cadere a terra tutte le beghe di casa nostra. Concentratevi su quel grafico, sulla Germania costretta a nazionalizzare i gestori energetici, sulle prospettive dell’inflazione e sul crollo delle previsioni del Pil 2023 appena certificate da Deutsche Bank. E poi, lasciate che un cattivo pensiero si insinui in voi: sicuri che, in una condizione simile, l’Europa possa permettersi la crisi stile 2011 del vero elefante nella stanza? Sicuri che le banche francesi reggerebbero all’urto, stante i Btp ancora in pancia e il prezzo stracciato cui dovrebbero venderli o iscriverli in perdita a bilancio, già gravato da Level3 finora nascosti? Sicuri che una nostra crisi sovrana nel pieno di una recessione a livello continentale ci vedrebbe uniche vittime? Nel caso vi voleste lasciare tentare da questo cattivo pensiero, votate di conseguenza. Perché questa è l’ultima chance possibile per mettere il granello di sabbia nell’ingranaggio. Da perdere, stante le prospettive di recessione, non abbiamo più niente.

P.S.: Il fatto che Silvio Berlusconi, pur nel suo stile da moderato sotto copertura, abbia di fatto giustificato l’operazione speciale della Russia in Ucraina, parlando di «persone perbene da mettere al posto di Zelensky», non vi fa capire nulla rispetto al cambiamento di direzione del vento già in atto? Non sottovalutate il Cavaliere.

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