Con l’avanzare dell’inverno e l’approssimarsi del Natale, in molte città compaiono le piste di pattinaggio sul ghiaccio. Si scivola via leggiadri. Alcuni un po’ meno. E volano culate. Magari un po’ dolorose, ma sostanzialmente senza conseguenze.

Il mercato non è da meno. Ma lui pattina come i grandi. Sui laghi ghiacciati. Dove lo spessore della lastra conta. Puoi essere un campione olimpico, ma, se il ghiaccio cede, allora il problema diventa potenzialmente più serio di un ematoma. Bene signori, è arrivato il momento di chiamare la Lipu. Perché quella che sta configurandosi è una vera e propria strage di canarini. Cadono come mosche.



Di gas nella miniera del mercato deve essercene davvero tanto. Perché qualcuno nelle ultime 36 ore, ha bussato alla porta della finestra repo overnight. Battendo cassa per 200 milioni di dollari.

Un prelievo simile non si registrava dall’introduzione dei lockdowns per la pandemia. A occhio e croce, quel qualcuno doveva scongiurare una margin call fino a quella cifra. Overnight. Pare ci sia riuscito. Ma la red flag è stata issata. Visibile. Sventolante. Soprattutto in un contesto di reverse repo crollato e repo in continuo aumento. Nel primo caso, necessità di liberare liquidità nel sistema. Nel secondo, segnale abbastanza chiaro di banche over-leveraged e sotto-capitalizzate. Alcune, ovviamente. Il 99% è sanissimo. D’altronde, gli stress test parlano chiaro. Da un lato e dall’altro dell’Atlantico. Salute di ferro. Tranne qualcuno che nottetempo ha chiesto 200 milioni. Sull’unghia. E il fatto che il reverse repo cali, mentre il repo overnight salga ci dice che la correlazione comincia a cristallizzare. Non è un segnale di stabilità per i mercati.



E a proposito di proxies da addetti ai lavori: la kurtosis finanziaria – o curtosi come viene chiamata nel linguaggio della statistica – ci dice che molti, troppi investitori stanno diventando la cabina armadio dei Cta algoritmici nella loro esposizione. Curva distributiva vagamente squilibrata. Sintomo di un mercato che sta diventando sempre più fragile. E potenzialmente a rischio di essere colto con la guardia abbassata da tail risks che saltino fuori dal nulla. Overnight, appunto. Magari nell’ordine di 200 milioni di dollari da coprire, prima che la margin call divenga effetto domino. E la coperta dei Level 3 mostri impietosamente quanto i piedi siano all’addiaccio.



Se poi certe dinamiche tecniche vi pare che lascino il tempo che trovano, allora date un’occhiata a quest’altro grafico.

Ci mostra l’andamento del Nikkei di ieri. Praticamente, l’ecocardiogramma di una fibrillazione atriale grave. E, soprattutto, un pessimo indizio del fatto che nemmeno gli interventi della Bank of Japan in modalità “Batman” paiono più sostenere unwind davvero troppo esposti a gradi di leverage a dir poco estrosi (SoftBank alle prese con qualche rognetta, magari)?

Ogni giorno ha la sua pena, si sa. Qui però la realtà pare sempre più configurarsi come un conto alla rovescia verso l’ineluttabile. D’altronde, un crash è necessario per garantire alla Fed di tagliare. Tanto. E presto. Altrimenti certo ottimismo da prezzatura rischia di svanire. E i modelli di VaR sono terribilmente permalosi. Insomma e in parole povere, sotto la lastra di ghiaccio, nuotano squali che hanno perso la strada. Hanno freddo. E fame. E nell’ultima settimana, il mercato ha pattinato nonostante sinistri e sempre più forti scricchiolii sotto le lame.

Per ora, tutto liscio. Per ora. Ma i segnali non mancano. Affatto. Perché il giorno precedente a quel tremore massimo sul repo, infatti, il Fondo sovrano del Qatar ha annunciato la vendita di quasi la metà della sua partecipazione in Barclays. Obiettivo circa 650 milioni. Insomma, il Fondo sovrano del Qatar vuole farci credere che necessita di vendere assets per fare cassa. Qualcosa non torna. Soprattutto quando, in contemporanea, la Banca per i regolamenti internazionali pubblica – out of the blue – un report nel quale mette in guardia dal rischio di una spirale globale di margin calls che schianti le valutazioni e prenda il via dalle clearing houses centralizzate (Ccp). E le cifre per una crisi ci sono tutte. Circa 1 trilione di dollari in assets liquidi e circa 600 miliardi in bond governativi.

Ma cosa si teme? Il fatto che – in tempi di stress finanziario – le Ccp alzino i requisiti di margine inizialmente fissati per i propri membri. Di fatto, il prodromo a furiose fire sales nei mercati sia cash che dei derivati, poiché i soggetti interessati scaricheranno assets per racimolare i fondi necessari. Una dinamica autoalimentante per la volatilità che porterà con sé inevitabili, nuovi rialzi. Come un domino. Ancora più alto il rischio legato ai bonds, questo per la loro natura duale di collaterale a garanzia di un trade e asset sottostante a transazioni su derivati.

La Bis definisce questo possibile cortocircuito un wrong way risk, ovvero la dinamica in base alla quale il calo del valore di collaterale durante una sell-off incoraggia nuove vendite. Le Ccp sovraintendono a un pool di assets liquidi il cui scopo è quello di garantire dai rischi sulla controparte. Per miliardi e miliardi. Al 30 giugno scorso, il collaterale totale in capo alle Ccp ammontava a 1,3 trilioni di dollari, soprattutto sotto forma di cash. Ovvero, riserve delle Banche centrali e contratti di reverse repo. Di fatto, un controvalore pari al 10% di tutti gli assets liquidi high-quality delle banche sistemiche globali. Di cui Barclays fa parte.

Ma attenzione, perché oggi la Bis ha fatto gli straordinari. In un paper separato, ha messo in guardia le società assicurative dal rischio sempre più presente di dover riconoscere le unrealized losses finora ignorate. La ragione? Necessità di finanziamento. Un qualcosa che ricorda molto la crisi bancaria Usa di marzo. Quella talmente risolta da vedere la facility della Fed erogare ancora oggi 114 miliardi alla settimana. Solo per garantire la sopravvivenza del Sistema.

Il Fondo del Qatar vende per uno sgarbo all’Occidente? Reali necessità di cash, ancorché per un ammontare che – se non nella disponibilità di un soggetto simile – creerebbe davvero allarme? Oppure alcuni soggetti continuano a ballare, ma si spostano volteggiando verso l’uscita di sicurezza, prima che la calca si ammassi? Una cosa è certa: per quanto volteggiante, la mossa del Qatar non è per nulla passata inosservata. E l’attivismo allarmato della Bis, neppure. Iniziano davvero tempi senza precedenti.

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