Tranquilli. Non sto per violare ancora la mia auto-imposta regola aurea di non parlare più della situazione politico-economico italiana, mi limito a una considerazione sotto forma di quesito che vi sottopongo: non vi pare che il mercato abbia reagito in maniera un po’ freddina al trionfo in cui si sarebbe sostanziata la tre giorni potenzialmente da incubo di Giuseppe Conte? Prima ha ottenuto la fiducia della sua maggioranza sulla riforma del Mes, poi è volato a Bruxelles dove in quattro e quattro otto si è trovata la quadra con Polonia e Ungheria sul Budget, sboccando di fatto i mitologici 209 miliardi del Recovery Fund. In contemporanea, la Bce ha esteso per durata e ammontare il Pepp, di fatto prolungando lo scudo anti-spread fino al marzo del 2022 e caricando il bazooka principale sul rifinanziamento bancario tramite condizioni al limite del platealmente emergenziale in favore degli istituti tramite aste Tltro e Peltro. Dulcis in fundo, la Fda americana ha dato il via libera alla somministrazione del vaccino anti-Covid della Pfizer. Praticamente, un’apoteosi. Come mai allora le Borse hanno a malapena accennato un plissé, sgonfiandosi poi come soufflè mal impastati? E, soprattutto, come mai il nostro spread ha chiuso la settimana di contrattazioni in rialzo a 118 punti, mentre i decennali spagnolo e portoghese sfidavano il ridicolo e prezzavano per la prima volta in assoluto rendimenti addirittura negativi?
Sicuramente voi avrete una risposta convincente. Io provo a darvi la mia, prendendola – come si suol dire – alla larga. Una delle leggi non scritte di Wall Street presuppone che la nascita di ogni nuovo acronimo o nomignolo coincida con un momento spartiacque del ciclo: quindi, o quando si sta per entrare in orbita o quando ci si sta per schiantare al suolo. Bene, questa immagine fa riferimento all’ultima edizione della newsletter curata dal CiO di Bank of America, Michael Hartnett, The flow show.
Il titolo è tutto un programma e parla di per sé: Frankenbull. Ovvero, la crasi tra Frankenstein e bull market: tradotto, un mostro creato in laboratorio che sta permettendo il delirio rialzista in atto ormai da metà settembre. E indovinate chi è lo scienziato un po’ pazzo che sta giocando a fare Dio? Esatto, Jerome Powell. Ovvero, la Fed. Qualche numero, sempre a cura di Michael Hartnett, tanto per evitarmi la fatica di lunghi e noiosi discorsi e messe in guardia sui rischi esiziali legati al monetarismo senza limiti. Dallo scorso marzo, le Banche centrali globali hanno acquistato assets per un controvalore di 1,3 miliardi di dollari ogni 60 minuti. Contemporaneamente, hanno dato vita a 190 tagli dei tassi: 4 ogni 5 giorni di contrattazioni di Borsa. L’indice Move, quello che traccia la volatilità obbligazionaria, oggi segnala relativamente ai Treasuries Usa il suo minimo storico assoluto a livello trimestrale, a quota 37. Il rendimento medio per bond ad alto rendimento con rating CCC, praticamente immondizia allo stato puro, oggi garantiscono a chi è così saggio da investirci un rendimento del 9,2%. Tantissimo, stante la media globale e i 17 triliardi di debito mondiale con rendimento negativo. Peccato che quella percentuale sia la più bassa dal settembre 2014.
Ma non basta. Quest’anno le emissioni di bond investment grade, ad alto rendimento e tramite leveraged loans ha toccato quota 2,5 triliardi di dollari, il massimo storico. E che dire dei titoli di Stato Usa? Sempre quest’anno, il Tesoro ne ha emessi per un controvalore di 3,4 triliardi di dollari: altro record assoluto. E sapete di quanto è salito il market cap dell’azionario globale dai minimi? Un nulla come 38 triliardi di dollari. Direte voi: tutto sostenibile, tutto basato sui fondamentali. Magari sì. Ma il fatto che l’espansione dei multipli di utile per azione a 12 mesi sull’MSCI ACWI sia oggi a 25,3x, massimo dal marzo 2000, tende a farmi porre qualche quesito al riguardo. Ma chi se ne importa? Finché la giostra gira, occorre saltarci su. E infatti, solo nelle ultime sei settimane il flusso d capitali in ingresso nel mercato azionario globale è stato pari a 139 miliardi di dollari. Altro record assoluto, capace di polverizzare il precedente che risaliva al gennaio 2018.
Vogliamo parlare delle Ipo, i collocamenti miracolosi come quelli appena andati in scena di Doordash e Airbnb? Basterebbe questo grafico per mostrarvi plasticamente il livello di delirio cui siamo giunti, ma i numeri parlano più di parole e anche immagini: da inizio anno, le offering obbligazionarie (Ipo, emissioni at the market, ecc.) hanno totalizzato quota 9.730, portando il controvalore annualizzato a 1,1 triliardi di dollari. Nemmeno a dirlo, nuovo record e miglior anno di sempre. Tanto che il livello di Ipo e secondary issuances quest’anno e per la prima volta dal quarto trimestre del 2009 è stato superiore al controvalore di buybacks operati sullo Standard&Poor’s 500.
Ora, capirete da soli come – a fronte di numeri simili e snocciolati non da un blogger fanatico ma dal CiO di Bank of America – ogni altro mio commento appaia inutile e ridondante: parlano da soli, tratteggiano alla perfezione e senza sbavature il quadro del delirio in cui le Banche centrali ci hanno infilato con l’alibi di contrastare le crisi sistemiche e sostenere le economie reali. Balle. Lo sappiamo benissimo, almeno dal 2011-2012. Lasciatemi quindi aggiungere soltanto due grafici e un interrogativo finale, tanto per rallegrarvi la domenica. Le immagini sono queste e ci mostrano altre due sfaccettature della realtà di questo incredibile 2020 che – se il Signore vuole e ci assiste – sta per volgere al termine.
Primo, il mercato non è solo sovra-valutato, è in bolla totale. Mai così caro, mai così pericoloso. Secondo, la smart money, gli investitori talmente istituzionali da essere definiti The big boys nel gergo di Wall Street, continuano a stare alla finestra. Anzi, seduti placidamente lungo la sponda del fiume. Come mai? Schifati dai soldi facili? O magari certi che quando partirà il big reset – quello vero, non le correzioni di marzo o inizio settembre – la calca alle uscite di sicurezza sarà tale da tramutarsi automaticamente in una carneficina? Voi cosa ne pensate? Ma, più che altro, fatevi una domanda finale: alla luce di un quadro talmente manipolato e lisergico da inanellare un record positivo dopo l’altro, nonostante il mondo sia ostaggio di una pandemia sempre precedenti ormai dai un anno, la reazione tiepida del mercato ai risultati storici emersi da Bruxelles e Francoforte fra giovedì e venerdì scorsi, cosa ci dice implicitamente dello stato di salute e delle prospettive di medio termine per l’Italia?