I grossi sommovimenti solitamente cominciano con tremori moderati. Lehman Brothers fu anticipata da un congelamento del mercato interbancario che soltanto gli addetti ai lavori più cauti colsero come segnale di qualcosa di epocale. Forse, qualcosa di simile comincia a sostanziarsi anche per la pandemia. Anzi, levate pure il forse. E a tutte le latitudini. In Francia, a solo una settimana dal varo del green pass da parte dell’Assemblea nazionale (e non di una cabina di regia), Emmanuel Macron ha dovuto incassare una duplice batosta che a pochi mesi dalle presidenziali non depone a favore di sonni tranquilli.



Primo, uno sciopero nazionale della scuola che ha paralizzato l’intero sistema educativo del Paese, tanto che il premier transalpino, Jean Castex, si è affrettato a confermare la volontà di dialogo del Governo. Secondo, il Tar ha sospeso l’obbligo di mascherina all’aperto. E mentre Spagna e Regno Unito decidono un nuovo approccio alla pandemia, di fatto trattando quella da Covid come un’endemia con cui occorre attrezzarsi a convivere, in Italia il professor Bassetti ha infranto un tabù, di fatto dando vita a un netto cambio di impostazione dell’intero CTS: basta con il report quotidiano sui nuovi contagi, poiché crea solo ansia. Ma, soprattutto, attenzione a come si valuta anche il numero di decessi, poiché a detta del medico genovese molti pazienti entrano in ospedale con altre patologie e solo dopo viene scoperto che erano affetti anche da Covid. Il quale, quindi, viene classificato come motivo della morte, quando nella più probabile delle ipotesi può essere solo una concausa non primaria.



E non basta: in una alquanto sospetta esplosione di aperturismo e su pressione delle Regioni, si valuta la possibilità di togliere l’obbligo di test e quarantena per i positivi asintomatici. Un bel cambio di approccio. E a tempo di record. Come mai? Forse perché ormai si è entrati nel pieno della corsa al Quirinale?

A mio avviso, la mutazione in atto in Italia ha più a che fare con i dati resi noti ieri da Confcommercio della Lombardia: Milano è deserta, di fatto già in lockdown auto-proclamato e auto-imposto. Negozi, bar e ristoranti chiudono con velocità supersonica, ponendo sulla strada del Governo clamorosi punti interrogativi rispetto alla tenuta del Pil e all’entità dei ristori. I quali, giova ricordarlo, a oggi possono contare solo su 2 miliardi avanzati dall’ultimo Def, tanto che M5S ha già dato per certo un nuovo scostamento dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, mentre la Lega lo vorrebbe addirittura prima. Ma Mario Draghi nicchia in tal senso: come mai? Perché teme il ricorso a ulteriore deficit? Forse ha a che fare con il richiamino dell’Europa sul Mes e sui tempi da rispettare, in vista dell’Eurogruppo?



I nodi vengono al pettine, al netto del Pil al 6%. A Milano l’Atm, l’azienda dei trasporti, ha valutato nel 26% il calo di passeggeri registrato nell’ultimo mese: tutti non vaccinati ligi al rispetto di leggi, ancorché idiote e al limite della non costituzionalità, come il sottoscritto? Difficile crederlo, numero di dosi somministrate alla mano. Forse la città è morta, ferma. Complimenti, stante il continuo aumento dei contagi. Contestualmente a tutto questo, l’Oms ha invitato ad aggiornare i vaccini, poiché quelli attuali sarebbero ormai inefficaci anche nella loro funzione di dose booster e a focalizzare la nuova fase dell’emergenza sulle cure, poiché il sistema immunitario non regge a lungo un vaccino ogni quattro mesi. Servono alternative. Le stesse che hanno salvato la ghirba, per sua stessa ammissione, al professor Galli. Tempismo perfetto per il contestato obbligo vaccinale per gli over 50 da parte del Governo italiano.

Ma è dagli Usa che arriva il vero e proprio botto, la scossa di avviso che potrebbe davvero aprire le danze telluriche. Primo, nonostante solo Il Fatto Quotidiano abbia messo la notizia in prima pagina, la Corte Suprema ha bocciato non solo l’obbligo di vaccino ma anche di test per le grandi aziende, uno dei cavalli di battaglia della strategia di Joe Biden. Non sentitevi in colpa o disinformati: le grandi testate italiane, sia cartacee che televisive o via web, quelle autorevoli e che rifuggono le fake news, hanno bellamente censurato o minimizzato la notizia. Come d’altronde è accaduto anche mercoledì, forse perché il protagonista era un vero e proprio eroe del nostri giorni, il virologo della Casa Bianca, quell’Anthony Fauci che non più tardi di ieri ha reso noto al mondo come Omicron prima o poi colpirà tutti, di fatto perdendo così di pericolosità (ma solo per i vaccinati, ovviamente). La Corte Suprema gli ha risposto subito per le rime.

E di quale vicenda è stato poco entusiasta argomento (almeno, così immagino) il virologo che piace alla gente che piace? Avrebbe ripetutamente mentito sul proprio livello di conoscenza rispetto all’origine e alla natura del virus, sia al Congresso che al Pentagono. Il problema è che a lanciare un’accusa di questo genere non è il fronte dei cosiddetti complottisti, intenti a diffondere contemporaneamente alcuni documenti della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) ottenuti da Project Veritas (e in base ai quali fonti militari Usa non solo confermerebbero i rilievi gravissimi contro Fauci, ma attesterebbero l’assoluta efficacia dell’Invermectin nella cura del virus), bensì il Congresso. Come mostrano i documenti ufficiali, due deputati repubblicani – James Comer e Jim Jordan – hanno scritto al presidente dell’House Oversight Committee, Xavier Becerra, allegando testi di e-mail e la trascrizione di una conference call del 1° febbraio 2020, dai quali emergerebbero gravissime responsabilità del virologo italo-statunitense. Di fatto, non solo sarebbe stato a conoscenza di quanto accaduto a Wuhan, ma anche della natura geneticamente modificata del virus, fattispecie che se rese note avrebbero generato una risposta differente e più tempestiva all’approccio di contrasto alla pandemia.

La ragione della presunta omissione del professor? Di fatto, sempre la stessa: un conflitto di interessi che vedrebbe coinvolti la Ong newyorchese EcoHealth (direttamente legata a Fauci), oltre a nientemeno che il direttore del National Institute of Health (NIH), Francis Collins, i vertici del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e almeno altri 11 scienziati presenti alla conference call rispetto alla pratica del gain-of-function, ovvero una tecnica utilizzata dai virologi per aumentare l’aggressività dei virus in maniera artificiale e poterne studiare le cure. Pratica all’epoca dell’esperimento di Wuhan – apparentemente sfuggito al controllo – però vietata dalla legislazione statunitense. Casualmente, lo scorso 5 ottobre Francis Collins annunciò a sorpresa le sue dimissioni da capo dell’NIH, la potente ed enorme agenzia di ricerca sanitaria Usa, a fine anno. Qualcosa era già nell’aria?

L’unica certezza, scritta nero su bianco in un documento ufficialmente del Congresso, è rinchiusa nelle sette domande che i due deputati rivolgono simbolicamente a Fauci e allo stesso Collins tramite l’interpellanza all’House Oversight Committee. Domande pesanti, praticamente macigni. Anzi, lapidi. Simboliche, ovviamente. Ad esempio, Fauci e Collins hanno avvisato qualcuno alla Casa Bianca rispetto al potenziale del Covid-19 originato in laboratorio e intenzionalmente modificato geneticamente? Se no, quale ragione c’era alla base di quella scelta di omissione? Quali nuove evidenze, se ne sono emerse alcune, sarebbero giunte alla luce fra l’1 e il 4 febbraio 2020, tale da cambiare la convinzione rispetto alla natura artificiale e di laboratorio del virus? Fauci o Collins hanno editato il paper dal titolo The Proximal Origin of SARS-CoV-2 pubblicato su Nature Medicine, scritto da quattro dei partecipanti alla conference call i quali nell’arco di quelle 72 ore avrebbero abbandonato inspiegabilmente la pista della manipolazione genetica in laboratorio? E ancora: la conoscenza anticipata di queste evidenze avrebbe garantito un beneficio rispetto a vaccini e sviluppo dei trattamenti di cura? A far data dal 1° febbraio 2020, giorno della conferenze call, Fauci o Collins erano a conoscenza degli avvertimenti del Dipartimento di Stato rispetto alla sicurezza del bio-lab di Wuhan? E infine, questo eventuale (e mancato) preavviso avrebbe cambiato in qualche modo la risposta iniziale alla pandemia di Covid-19?

Domande. Poste non da blogger convinti che la Terra sia piatta e che i vaccini contengano feti o microchip. Ma da due deputati del Congresso e impresse nero su bianco su un’interpellanza ufficiale all’organo di sovrintendenza e controllo della Camera statunitense. Casualmente, nel giorno della tanto temuta audizione di Jerome Powell davanti alla Commissione bancaria del Senato. Durante la quale, dopo aver riconosciuto il carattere di pericolosità e grave minaccia rappresentato da un’inflazione elevata, ha espresso senza titubare il seguente concetto: Se dovremo aumentare i tassi di interesse di più nel tempo, lo faremo. Reazione del mercato? Euforica per tutti gli indici, quasi il capo della Fed avesse appena annunciato un nuovo Qe. L’America ha appena sacrificato l’onorabilità del suo eroe per il bene superiore del mercato, mostrando volutamente al pubblico un enorme vaso di Pandora che in realtà non potrà mai essere davvero scoperchiato?

L’8 novembre, data delle elezioni di mid-term, può apparire lontana. Ma con le attività sotto esame accadute ancora sotto la Presidenza Trump e con le accuse mosse da due deputati repubblicani, alla Casa Bianca potrebbero aver ragionato sul lungo termine. E sul male minore. Tutt’intorno, la pandemia. E un mondo in cui sta accadendo di tutto, non ultimo un tirare la corda con Mosca da parte della Nato che potrebbe risultare fatale. Ma anche le dimissioni del vice-presidente della Fed per insider trading, giunte nella serata di mercoledì, avendo movimentato milioni sul proprio conto titoli prima delle decisioni della Banca centrale sul piano di acquisti pandemico. Tranquilli, anche in questo caso non siete voi disinformati: la stampa autorevole ha giudicato (al posto vostro) che non fosse notizia degna di nota, se non di un trafiletto nascosto. In compenso, l’ennesimo, demenziale capitolo della pantomima delle autorità australiane con il visto di Novak Djokovic merita titoli a 157 colonne. D’altronde, si tratta solo del numero due della Banca centrale più potente al mondo, il burattino monetario che tira i fili del sistema e che ha sfruttato una pandemia da migliaia di morti per fare soldi in Borsa. E di cui però ora è rotolata la testa, dopo che nei mesi scorsi per lo stesso motivo avevano detto addio anche Eric Rosengren e Robert Kaplan, alla guida di due potenti filiali regionali della Fed come quelle di Boston e Dallas. Non a caso, in queste ore Joe Biden sta provvedendo alla nomina dei tre sostituti.

Che dite, saranno falchi o colombe? Ma soprattutto, che dite, non è arrivato il tempo di chiedere conto a politici e media anche a casa nostra? Non è giunto il tempo di scuse formali, dimissioni e un salutare e umile periodo di oblio dal video?

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