Dunque, qualche numero per iniziare l’anno partendo come al solito dai dati di fatto e non dalle chiacchiere. Nel 2019 i mercati azionario e obbligazionario hanno aumentato il loro market value di 24 triliardi di dollari, rispettivamente per 17,5 e 6,5 triliardi. Prosit. E sapete quali sono stati i due migliori mercati equity europei? Quelli italiano e greco. Il Ftse Mib, nonostante la crisi di governo estiva, i dati macro da stagnazione conclamata e le varie peripezie economico-finanziarie ha vissuto l’anno migliore dal 1998, mentre la Borsa ellenica è stata addirittura la top performer del Continente, facendo registrare un +43% nell’anno appena terminato. Nemmeno a dirlo, a trainare l’indice principale del mercato di Atene ci hanno pensato i titoli del comparto bancario.
Qualche cifra? Pronti: Piraeus Bank ha segnato un sobrio +250% sull’anno, National Bank of Greece +171%, Alpha Bank +71% ed Eurobank +67%. Direte voi, merito del Governo di centrodestra che ha presentato un piano economico di taglio delle tasse e stimolo fiscale. Balle. Merito della tanto vituperata Europa. Sia nel caso dell’Italia che della Grecia. Chi ha infatti permesso all’esecutivo ellenico di introdurre il cosiddetto “programma Ercole”, ovvero la possibilità per le banche greche di re-impacchettare le proprie sofferenze e incagli, sgravando conti che ancora oggi sono da utilizzo dei guanti di amianto per essere sfiorati? Il Consiglio Ue, senza il via libera – e la garanzia implicita sull’intera operazione – del quale i quintali di immondizia che giacciono tutt’oggi nei bilanci degli istituti ellenici sarebbero rimasti al loro posto: e, con tutta probabilità, i titoli azionari non avrebbero segnato quei rialzi. Voi cosa dite? E poi, chi ha fatto balenare la possibilità di maggiori detenzioni di titoli di Stato da parte delle medesime banche greche, garantendo al governo un bel doom loop con acquirente marginale di carta da parati in casa? La Bce. La stessa Bce che, oltre ad aver calmato le acque di tutta l’eurozona piantando a zero i tassi senza limite e facendo ripartire il Qe, ha lasciato una porta aperta anche a una possibile, parziale riammissione dei bond greci nella platea del collaterale utilizzabile come garanzia proprio presso l’Eurotower per e operazioni di finanziamento. Et voilà, ecco spiegato il perché di quei numeri folli.
Per l’Italia è stato lo stesso: è bastato l’arrivo di un Governo che non minacciasse ogni giorno di uscire dall’euro o di lanciare straordinari strumenti di crescita come i mini-Bot per far terminare in cantina la procedura di infrazione e ogni altra manovra punitiva. Poi, Mario Draghi ha messo il carico da novanta, garantendo di fatto un’estensione della maturity media al nostro debito che si configura come un palese scudo anti-spread, almeno a medio termine. Signori, cominciamo il 2020 con il piede giusto e prendiamo atto di un concetto, chiaro e cristallino: il cosiddetto “libero mercato” non esiste più, esistono le Banche centrali. Ovvero, la pianificazione economica che garantisce sopravvivenza artificiale a chiunque, basta che non disturbi il manovratore. Chi lo nega, blaterando ancora oggi – di fronte a queste cifre e a questi dati di fatto – di neo-liberismo selvaggio o è un poveretto con limiti mentali acclarati o è in malafede fino al midollo. Fidatevi di me. E se non volete farlo, fidatevi della correlazione mostrata plasticamente da questo grafico: vi pare casuale?
Certamente, chi per lavoro necessita di spacciarsi per guru dell’economia o del trading negherà la causalità, il nesso fra intervento delle Banche centrali con la loro liquidità a costo zero e mercati rialzisti con profili di parossismo. Ma lo fa solo perché deve tentare di conservare la poltrona. E la faccia, anche se in questo secondo caso la missione pare disperata e da molto tempo. Almeno per alcuni. Non vi basta ancora? Andiamo avanti ancora per qualche riga, allora. Ricorderete come la settimana scorsa vi avessi segnalato la data del 30 dicembre come spartiacque per capire se la prima parte del nuovo anno sarebbe stata all’insegna dell’euforia irrazionale che ha caratterizzato l’ultima. Si teneva infatti l’ultima asta repo cosiddetto turn, quelle con scadenza di maturazione già nell’anno nuovo e designate emergenzialmente dalla Fed proprio per coprire le esigenze di finanziamento delle istituzioni bancarie per la scadenza di fine trimestre/anno. Bene, quel giorno si è tirato il proverbiale sospiro di sollievo: dei 35 miliardi a 15 giorni disponibili presso la Fed di New York ne sono stati assegnati solo 8,3, tanto da spedire il tasso in ritirata da 2,75% a 2,00%. Il giorno dopo poi, ultimo dell’anno, altra asta. Questa volta di liquidità quotidiana, ancorché molto temuta, visto che la Fed ha aumentato l’ammontare disponibile a 150 miliardi: alla fine, ne sono stati richiesti “solo” 25,6, un livello di sottoscrizione del 17%.
Pericolo scampato su tutta la linea. Quantomeno, quello legato alle esigenze congiunte di fine trimestre e fine anno, talmente temute da aver spinto la Federal Reserve a mettere in campo fra inizio dicembre e metà gennaio di quest’anno liquidità per circa 500 miliardi di dollari, fra aste repo e term e acquisti in seno al Qe. Capito, ci vuole poco a far funzionare il mercato, basta che a mettere i soldi ed eliminare il concetto di rischio ci pensino le stamperie globali. Facile fare i capitalisti e gli investitori così, non vi pare? Non a caso, chi ci ha lasciato le penne nel 2019 sono stati gli hedge funds, ovvero quei soggetti speculativi che nella maggior parte dei casi vanno a operare su settori come il cosiddetto distressed debt, ovvero scommettendo contro aziende o assets che reputano sopravvalutati o addirittura garantiti da cifre mendaci.
Questo grafico parla da solo: tranne che nel mese di febbraio, nel 2019 gli hedge funds globali hanno conosciuto fughe di investitori ogni singolo mese. Perché? Perché perdevano, sempre. E il motivo di quelle sconfitte continue è ancora più semplice: giocavano contro il banco. Qualcuno, immagino, sarà felice di questa che appare quasi una rivalsa del karma contro chi ha fatto profitti sulla rovina altrui per anni e anni. Ma, attenzione, i rovinati di turno da parte degli speculatori erano a loro volta molto spesso personaggi che puntavano a imbrogliare gli investitori, presentando bilanci e performance gonfiate, false o aggiustate da certificatori di rating compiacenti o incapaci. Se sono sano, liquido, in grado di far fronte alle spese e ai debiti, nessuno è così pazzo da scommettere contro di me. Piuttosto, cercherà chi trucca le carte e punterà a fargli saltare il bluff. Un bluff che frega gli investitori – fondi pensione e di investimento inclusi, spesso in testa -, non certo professionisti come chi opera in un hedge fund.
Ecco il mondo che stanno regalandoci le Banche centrali onnivore, onnipresenti e onnipotenti: un mondo senza più vigilantes, senza più pesci-spazzino che tengano pulito l’acquario. Un mondo dove i mercati sono sempre, tutti al rialzo a dispetto delle condizioni macro dell’economia, dove equity e bond crescono in sincrono all’oro e a bitcoin a livelli record. È il Bengodi dei capitani di ventura, dei pendagli da forca, dei truffatori da fiera di paese, dei gestori di baracchini per il gioco delle tre carte, dei venditori di autoradio rubate nei parcheggi degli autogrill. Spiegatemi altrimenti come mai, da quando Fed e Bce hanno cambiato idea sulla normalizzazione della politica monetaria e dello stato patrimoniale, per i mercati è stata sempre domenica, con cieli sereni e sempre blu. Sempre la solita casualità? E spiegatemi come mai le banche greche, le stesse che fino a un anno e mezzo fa venivano viste come un relitto di Trabant, ora sono diventate delle Ferrari.
Sapete perché? Non perché siano sane, né perché abbiano fatto pulizia, ma solo perché gli è stato consentito di re-impacchettare l’immondizia e rivendervela, levandosela dai bilanci e facendoci sopra dei soldi. Tanto con i mercati sempre al rialzo grazie alle Banche centrali, qualsiasi cartaccia vale oro e viene richiesta come fosse un’azione di Tiscali prima del collocamento. Ecco il mondo in cui viviamo, ecco il mondo che è appena entrato negli anni Venti del nuovo Millennio. Sapete a che punto siamo, per farla semplice e intuitiva?
Ve lo mostra questo grafico, la seconda perfetta correlazione di oggi: l’attuale trend del Nasdaq con quello del biennio 1999-2001, quello dell’esplosione della fantasmagorica bolla tech. Ecco dove siamo, lo vedete segnalato dalla scritta you are here. Se anche questa correlazione si dimostrerà rispettata nella sua totalità, saprete chi ringraziare.