Poi si chiedono perché Donald Trump stravinca in Iowa. E agitano lo spettro del fascismo. O della Russia.

Qui ormai siamo oltre anche alla pillola rossa o blu di Matrix. Perché quando il Wall Street Journal arriva a pubblicare un articolo con un titolo simile vuol dire che il Sistema è alle soglie di una crisi di nervi.



Percezione, questa è la parola chiave. Non sei povero, ti sembra solo di esserlo. Ma basta caricarti di debito su carte o vincolarti mani e piedi per il prossimo ventennio a una finanziaria che ti offre soluzioni di credito al consumo e immediatamente puoi tornare a consumare. Come a bei tempi dei sostegni federali da Covid, quando i risparmi in eccesso abbondavano. Il tuo potere d’acquisto non è talmente eroso da obbligarti alla logica strutturale del multiple job, ovvero due, tre lavori a tempo pieno per arrivare a fine mese. Semplicemente, vivi nel migliore dei mondi possibili. Dove esistono flessibilità e mobilità occupazionale. O vorresti forse il posto fisso? Attento a fare certi discorsi, perché l’AI è alle porte. E in un batter d’occhio potresti perdere anche i multiple jobs di cui ti lamenti. Ricatto occupazionale, la vera leva del mondo.



Quel titolo del WSJ è rivelatore: chi di dovere sta cucinando i dati, preparando così un ventaglio di scenari possibili. Tutti con un unico terminale di riferimento: la Fed. La politica monetaria. La stessa che in questi giorni sta godendo della supplenza dei suoi proxies, tra Btfp ai massimi di utilizzo e reverse repo in modalità jo-jo per bilanciare riserve e liquidità. Ora però date un’occhiata a questo grafico.

Ci mostra un indicatore pre-recessivo che, stando alle serie storiche, non ha praticamente mai fallito. Si tratta del poco conosciuto Coincident Index della Fed di Philadelphia. Ci mostra il numero di Stati degli Usa con cambiamento negativo degli indicatori economici su base mensile. In 50 anni di onorato servizio, mai un errore. Sicuramente quello di fronte a noi sarà il primo, perché stavolta è differente. Per antonomasia. Lo dice il Wall Street Journal.



C’è un problema, però. Donald Trump che trionfa in quel modo in Iowa non è frutto del fascismo. Né delle interferenze del Cremlino. Semplicemente, Mr. Smith percepisce il Coincident Index sulla sua pelle. Ovunque. In Iowa come in Michigan come in Arizona. Trattasi di realtà contro narrazione. Vita reale contro vita percepita. Il rischio? Che il Sistema, ovviamente, non si arrenda. E che da qui a novembre generi mostri e capri espiatori in serie, pur di gettare fumo negli occhi all’elettorato. Ma, soprattutto, al consumatore.

Donald Trump è un pericoloso rivoluzionario? No. Trattasi di figlio prediletto dell’America post-1999. Imprenditore spericolato e con il gusto per la bancarotta. E l’indebitamento. Semplicemente, evita di vendere realtà economiche parallele e si affida al vecchio mantra – un po’ schumpeteriano, un po’ da Happy days – della proverbiale “seconda occasione” che l’America offre sempre. A tutti. E lui ne è l’esempio plastico. Ma la percezione non è materia che riguardi solo gli Usa e la loro economia da sliding doors. Ancorché da quelle parti siano dei veri e propri maestri.

L’ultimo esempio? Martedì è stato pubblicato l’Empire Manufacturing Index. Ovvero, l’indice di variazione mensile dell’attività manifatturiera nello Stato di New York.

L’attesa era per -5.0, la lettura precedente era -14.5. Bene, il risultato è stato -43.7. Per dirla con linguaggio tecnico, a 10-sigma miss. Per dirla in parole povere, il peggior risultato sull’arco temporale dei due mesi di sempre. Fatta eccezione per il maggio 2020. Ovvero, il picco di sprofondo della pandemia. Un dato talmente eclatante da far pensare a un errore di battitura. Peccato non lo sia.

Ma veniamo all’Europa e alla sua distorsione della percezione. Ad esempio, date un’occhiata al grafico. Rendere noto urbi et orbi l’ingresso in recessione ufficiale della Germania nel giorno in cui Berlino veniva invasa e paralizzata da trattori che contestano appunto le politiche economiche del Governo, decisamente appariva poco raccomandabile. Ed ecco allora il miracolo.

Se il dato del quarto trimestre con il suo -0,3% si sostanziava come il proverbiale chiodo nella bara, ecco che il problema viene risolto con una contemporanea e quanto mai opportuna revisione del Pil del 3° trimestre. Il quale da -0,1% passa a un più rassicurante 0,0%. E il bimestre di contrazione che sancisce – libri di economia alla mano – il criterio ufficiale per l’ingresso in recessione viene rimandato alla lettura di febbraio. E in giorni come questi, il Governo Scholz è pronto a tutto pur di guadagnare anche solo una settimana. Sperando in cosa, però?

Dopo il dato dell’economia tedesca del 4° trimestre, infatti, immediatamente i futures relativi a un taglio dei tassi della Bce nel mese di aprile sono calati. Pavlovianamente. E, soprattutto, in linea con il fuoco di fila di dichiarazioni al riguardo arrivato sempre ieri dal fronte teutonico e rigorista della Banca centrale europea. Il dinamico due Nagel-Holzmann ha infatti dichiarato senza giri di parole che il 2024 potrebbe tranquillamente concludersi senza alcun taglio dei tassi europei. Questo perché, a volte, il mercato eccede in ottimismo e auto-convinzione. Ieri, poi, classico gioco delle parti con le dichiarazioni di Christine Lagarde da Davos, possibiliste verso un taglio in estate. Déjà vu. Resta il fatto che, al netto del calo, le probabilità che il mercato attribuisce a un primo intervento sul costo del denaro fra 3 mesi restano alte, circa l’80%. Qualcuno ha come unica priorità evitare un’archiviazione troppo repentina della data-dependency? A qualcuno fanno comodo tassi a questo livello per un periodo prolungato? Le emissioni record dei Governi europei di questi primi 15 giorni dell’anno, oltre 80 miliardi, hanno qualcosa a che vedere con queste manovre parallele e queste agende nascoste? La stessa inflazione in over-shooting strutturale e controllato sul target del 2% sta rivelandosi un toccasana per la sostenibilità di certe ratio di debito, alla faccia del potere d’acquisto dei cittadini? E il fatto che la Bce, più che al taglio dei tassi, sembri preoccupata per l’inizio del suo Qt di bilancio e la conseguente fine dello scudo anti-spread del reinvestimento, ha qualcosa a che fare con quella revisione galeotta del 3° trimestre del Pil tedesco?

Achtung, perché se il risultato dell’Iowa ha riempito siti e giornali, è il silenzio su quanto sta accadendo in Germania che deve davvero interessarci. Molto da vicino.

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