Caos Germania. Ohibò, devo essermi distratto: pare che la locomotiva d’Europa sia diventato un carretto trainato da corrotti e incapaci. Ne prendo atto, colpa mia. Probabilmente non sono più in grado di analizzare e poi raccontare la realtà. In effetti, in Germania le vaccinazioni non vanno spedite come altrove. Sono il primo ad ammetterlo, tanto che pubblico anche un grafico aggiornatissimo al riguardo: come vedete, però, la linea azzurra della variazione su base settimanale ha subito un’accelerazione enorme negli ultimi giorni. In Italia, invece? 



In effetti, in Germania è poi appena emerso uno scandalo legato alle mascherine a livello ministeriale. In Italia, invece, dietro alla questione mascherine è stato tutto limpido in questi mesi. Direte voi, magra consolazione quella del così fan tutti. In effetti, è vero. C’è una differenza, però, al netto del fatto che purtroppo le mele marce ci siano in ogni cesto: in Germania, se e quando ti beccano, hai chiuso. La politica la vedi nei talk-show. Non rientri dalla porta di servizio, magari con il ruolo di responsabile o patriota per far nascere il Governo di unità nazionale di turno. Ma si sa, il mondo è bello perché è vario. Ognuno la pensa come vuole. 



Forse io apprezzo troppo il rigorismo tedesco. Forse qualcun’ altro è eccessivamente affetto da schandenfreude, il godere delle disgrazie altrui. Ma c’è da capirlo. D’altronde, quando ti avevano promesso un governo-Ferrari e ti ritrovi con un governo-Multipla, da qualche parte occorre aggrapparsi. E per quanto mi riguarda, l’esecutivo Draghi è partito non con il piede sbagliato. Con entrambi. Ed è anche già inciampato. 

Al netto delle briciole dei sostegni e di un’annuncite quotidiana sui vaccini che, alla fine, si tradurrà unicamente in ridimensionamento in senso centralistico della Sanità, sapete qual è stato il provvedimento cardine di questo Governo? I ministri Carfagna e Brunetta hanno già annunciato 2.800 nuove assunzioni nella Pa del Mezzogiorno! Accidenti che fantasia, praticamente il provvedimento prêt-à-porter di ogni esecutivo del Pentapartito negli anni Ottanta. E il primo ministro in persona ha rincarato la dose, focalizzando il suo ultimo intervento unicamente sul Sud, sulla necessità di investire in Meridione e sull’obbligo morale di indirizzare i soldi del Recovery fund verso la chiusura del gap fra le due aree del Paese. La peggiore DC. Fortuna che stiamo parlando dell’uomo che, non più tardi dell’agosto scorso al Meeting di Rimini, catechizzava su debito buono e debito cattivo, delineando il sacrosanto principio schumpeteriano di abbandono a se stesse delle zombie firms che rendono disfuzionale l’intero sistema.



 Scusate, un Paese che ha appena vissuto il suo peggior crollo del Pil in assoluto e che arrivava da un decennio di crescita dello zero virgola, per ripartire punta su tremila assunzioni di statali al Sud? Magari non era il caso di operare a livello di leva fiscale su aree del Paese che hanno più facilmente impatto in produttività, tramutandole in altrettanti volano per la crescita dell’intero Paese (che ne so, uno shock da no-tax area in Friuli-Venezia Giulia, tanto per stendere la concorrenza sulla fiscalità corporate di Slovenia e Carinzia)? Forse non abbiamo capito che quando si ripartirà, saranno due i concetti chiave. 

Primo, lo si farà con il coltello fra i denti. Non a caso, Joe Biden ha gettato 1.900 miliardi di benzina su un’economia già incandescente a livello di dinamiche dei prezzi. E guardate questo grafico, il quale mette in prospettiva la crescita attesa della ratio debito/Pil tedesca, alla luce dell’ulteriore scostamento di bilancio da 60 miliardi di euro deciso proprio ieri. In un quarto d’ora. 

Certo, non partire dal 166% di quel rapporto aiuta quando le situazioni su fanno serie, cosa ne dite? Parliamo di un indebitamento per il 2021 pari a 240,2 miliardi di euro, circa il 7% del Pil, a cui si uniranno i già preventivati 81,5 per il 2022: qualcosa come 320 miliardi in un biennio. Regna davvero il caos in Germania, non c’è che dire. Secondo, la Bce gradatamente ci sarà sempre meno. E perché vi dico questo? Mentre tutti i giornali raccontavano il fallimento tedesco e gli scandali del governo Merkel – tutti, tg della Rai compresi, quindi sai che scoop -, il Governo greco ha completato il proprio ritorno sul mercato anche sulla parte più a lungo termine della curva, per la prima volta dal 2007. 

Già, il 18 marzo scorso il titolo a 30 anni di Atene ha registrato un bid book di richieste pari a 26 miliardi di euro a fronte di 2,5 miliardi di emissione. Dieci volte tanto, secondo risultato di sempre dopo i 29 miliardi di richieste per il decennale lo scorso gennaio. E ha pagato un rendimento dell’1,956%: in contemporanea, il titolo Usa di pari durata viaggiava al 2,386%. Credibile, vero? Ora il Frankenstein del monetarismo ha ripreso conoscenza, si agita, freme per camminare con le sue gambe. Ma proprio ora che l’illusione della stabilità da Banca centrale è completa, il gioco può cominciare. 

Peccato che senza la deroga della Bce alla base del Pepp, ovvero proprio l’inclusione della carta da parati di Atene nella platea del collaterale accettato per le operazioni di rifinanziamento, per la Grecia quel gioco sarebbe già finito. Pensate che chi ha fatto la fila per quei titoli non lo sappia? E che li detenga fino a maturity? Il picco masso di follia monetaria è stato toccato. Ora può solo, gradatamente, calare. E noi come ci attrezziamo per affrontare quel primo redde rationem? Ovviamente, assumendo 2.800 dipendenti pubblici al Sud. Il mercato ne sarà deliziato. 

Ma veniamo all’oggi, lasciamo stare la scorsa settimana. Quella è già preistoria. Ieri sono usciti i dati relativi all’indice PMI di servizi e manifattura nell’eurozona, in particolar modo di Germania e Francia. Berlino ha segnato un 50.8 contro attese del 46.5 per i primi e un 66.6 contro attese del 60.5 per la seconda. Questo grafico parla da solo, penso.

Il dato francese: stagnazione. E questo nonostante un lockdown duro che in Germania è cominciato prima di Natale e che ora proseguirà, ancora più stringente, fino al 18 aprile. Come avranno fatto i tedeschi? Favoriti dall’euro, forse? O dalla Bce, magari (quelli temo che siamo noi)? O forse dal fatto che non declinano l’idea di investimento con 2.800 assunzioni nella Pa, ma nelle fabbriche e con sindacati duri ma responsabili? Ma attenzione, perché non voglio lasciare nulla di intentato. Questi due grafici mostrano quei dati da una prospettiva ancora più chiara e netta: il PMI tedesco è letteralmente esploso in tutte le sue componenti e sub-componenti, addirittura con l’output manifatturiero più forte di sempre. Ma in Germania è caos, vi dicono. 

Non so perché ma vorrei vivere io in un caos simile. E con i ristori tedeschi, invece che italiani. E voglio andare anche oltre, visto che la narrativa generale è quella di glorificare la via statunitense e britannica – ovvero fuori dall’Europa e dalla conseguente schiavitù tedesca – alla ripresa economica tramite il presunto miracolo vaccinale. Bene, i dati ufficiali parlano chiaro. Negli Usa la campagna di immunizzazione sta realmente superando l’obiettivo dell’amministrazione Biden di 2,5 milioni di somministrazioni al giorno, peccato che la scorsa settimana si sia segnato un nuovo aumento generalizzato con 54.308 nuovi casi di contagio, arrivando al picco di 27 Stati che hanno registrato una crescita superiore al 5% rispetto alla settimana precedente. Quelli più colpiti? New Jersey che infatti ha rimesso in discussione le riaperture e Michigan, quest’ultimo caso decisamente particolare, poiché si tratta anche dello Stato con maggiore tasso di vaccinazione del Paese. Non a caso, il professor Anthony Fauci ha raccomandato a tutti quanti una sola cosa: Take it easy with the reopening. Andateci piano con le riaperture. Sono tutti dati ufficiali, certificati dalla Jonhs Hopkins University e riportati da Cnbc e New York Times. Potete verificare, non temo smentite. 

Ma non basta. Martedì il Data and Safety Monitoring Board (DSMB) statunitense, l’ente federale preposto alla supervisione dei trials di sperimentazione farmaceutica e vaccinale, si è sentito in dovere di emettere un durissimo comunicato contro AstraZeneca, imputandole la comunicazione di informazioni datate che potrebbero aver offerto una visione incompleta dell’efficacia del siero. Questione seria. Non foss’altro perché gli echi della polemica europea rispetto al vaccino anglo-svedese, dopo la sospensione cautelativa e il parere-lampo dell’Ema, parevano appena essersi spenti. E anche perché a stretto giro di posta, la stessa AstraZeneca ha ammesso l’utilizzo di interim data e promesso la pubblicazione di dati aggiornati entro 48 ore. Un’ammissione di colpa bella e buona. 

Nessuno, mi pare, nemmeno da queste colonne, si è sentito però in dovere di chiedere scusa alla Germania che ha bloccato cautelativamente quel vaccino, dopo averla tacciata di boicottaggio della campagna vaccinale in Europa, o sbaglio? Il fatto che dopo la due giorni di blocco AstraZeneca abbia aggiornato il bugiardino, vi pare cosa da poco? Se sì, spero che la presa di posizione di un ente federale Usa vi faccia riflettere. 

E la Gran Bretagna? Come mai, se tutto è così scintillante, l’altra sera Boris Johnson è andato in tv a dire ai propri connazionali che la terza ondata in arrivo appare ormai ineluttabile, invitando quindi tutti alla cautela e rimettendo in discussione le riaperture già programmate per metà maggio? E, soprattutto, perché il professor Mike Tildesley, membro del board di advisers del governo britannico, ha chiaramente detto ai cittadini del Regno di evitare prenotazioni per l’estero in vista delle vacanze estive, poiché la situazione in Europa e a breve quella interna impongono un atteggiamento cauto? Chissà come mai i media e i fustigatori dei teutonici costumi non vi raccontano anche queste cose, ve lo siete chiesto? Forse perché sono troppo impegnati a fare la grancassa allo scandalo delle mascherine o agli ospedali tedeschi dipinti come il regno del centralismo politico. 

Schadenfreude, gran brutta bestia. Ma i dati che contano, quelli degli indici PMI, parlano da soli. Mio padre mi ha insegnato che da quelli più bravi si deve imparare e non cercare il pelo nell’uovo come alibi alla nostra impreparazione. Una lezione che mi tengo stretta. 

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