Doctor Copper vuole dirci qualcosa sul presunto soft landing? Parrebbe di sì. Perché il gap fra cash price e future a tre mesi del rame, il metallo proxy dei trend macro per antonomasia, è al massimo dal 1994, come mostra il grafico.

Siamo nel pieno di un contango, la condizione che preannuncia futuro contenimento dei prezzi. Causa? Eccesso di offerta. Causa ulteriore? Rallentamento economico. Quello vero.



Certo, qualcuno potrebbe intravedere una diabolica macchinazione speculativa, basata proprio sulla certezza di soft landing globale per poi scatenare l’inferno della domanda. Credeteci, se volete. Doctor Copper pare dirci che il mondo annega nel rame. Tradotto, rallentamento cinese ben oltre quanto lasciato percepire dal Cabaret Voltaire dei dati ufficiali del Dragone.



Ora, qualche riflessione. La prima riguarda la possibilità e l’opportunità per Pechino di lanciare un pacchetto infrastrutturale, sia esso interno che tramite l’esternalizzazione garantita dalla Via della Seta. Perché qui non si tratta di ribilanciare quel contango, bensì capire quale sia il reale stato di salute della crescita globale. Lo stesso vale per il petrolio. Quanto pesano gli shorts e i loro eventuali squeezes sulla valutazione e quanto la produzione? Quanto l’Opec è tornata a giocare al rialzo sul ricatto dei tagli in vista del suo incontro viennese, forte di un leverage che implichi un Iran in conflitto che blocchi il greggio saudita via Hormuz? E quanto invece si tratta dell’ultimo tentativo di spacciare per bazooka una Luger Parabellum, tanto rara quanto ormai inefficace?



Guardate quest’altro grafico, tanto per avere un proxy in più, un canarino messo a fare l’aerosol in miniera per vedere se sarà silicosi o fischiettio. La supply chain globale sta scendendo sempre più nettamente in territorio negativo, conferma implicita di un rallentamento del commercio globale.

Le deviazioni delle condizioni standard dell’indice di Bloomberg sulla media storica oggi segnano -1,74, minimo da 26 anni. Di fatto, minimo storico dall’inizio del tracciamento. Significa che sia i prezzi dei trasporti che l’operatività sulla catena di fornitura sono in netto miglioramento. Quindi, meno stress uguale meno domanda. O pensiamo davvero che il re-shoring post-Covid abbia già dato vita a un nuovo sistema di interconnessione, pienamente operativo?

Doctor Copper rappresenta un indizio. La supply chain il secondo indizio. Il petrolio, a breve, ci dirà se quello dell’Opec sia un bluff o meno. E svelerà così la sua possibile natura di terzo indizio/indicatore. In caso, positivo, saremmo a tre. Criminologicamente e letterariamente parlando, una prova. A quel punto, se per caso i trend inflazionistici fossero dovuti ad altro che ai famosi colli di bottiglia sulla catena di fornitura usati come alibi dalle Banche centrali per sostenere la dinamica transitoria dei prezzi, cosa faranno queste ultime, stante l’impossibilità di stampare cantieri e cargo pieni di merci?

Ma si sa, ormai lo stato di salute dell’economia non si valuta più dai sottostanti macro, bensì da quelli finanziari. Dal mercato. Al riguardo, guardate questi due grafici. Il primo mostra come la scorsa settimana, proprio il cosiddetto mercato abbia conosciuto il maggiore inflow di buybacks azionari della storia. Unite questo sostegno manipolatorio e ormai strutturale ai consequenziali short squeezes che i rialzi artificiali generano e certe hurrah per dati macro ridicoli sono presto spiegate.

Il secondo grafico mostra l’altra faccia della manipolazione di mercato, quella che potremmo definire politica e culturale: dopo quasi quattro anni di inflows continui, sistemici e crescenti, gli Etf dedicati all’universo della sostenibilità sociale e ambientale (ESG) hanno conosciuto una prima fuga. Non da poco, perché 8 miliardi sono più del doppio degli inflows dello scorso anno. Insomma, il green rischia davvero di lasciare al verde. Ed ecco allora che i più attenti continuano ovviamente a ballare sulle note del cambiamento climatico, ma avvicinandosi con eleganti volteggi alla porta di sicurezza. Prima che venga presa d’assalto. O sigillata dall’esterno, bloccando i riscatti.

Ed eccoci all’immagine principale, almeno a mio avviso. Tanto basica, quanto rivelatrice. Ci mostra il trend storico fra tassi Fed e prezzo dell’oro all’oncia.

Più interessante, i cerchietti rossi evidenziano il punto in cui la Banca centrale Usa ferma i suoi processi di normalizzazione del costo del denaro. E mostrano plasticamente i rallies aurei innescati quasi di conseguenza. Cosa dobbiamo aspettarci, quindi, da qui a qualche mese al massimo? Perché quando si comincia a parlare – ancorché ipocritamente solo su basi ipotetiche – di primi tagli ai tassi, ecco che il conto alla rovescia pare innescato. E con le elezioni presidenziali Usa non si scherza, quindi occorrerà pianificare bene le mosse. Generando crash, se servono. O spianando rallies, se servono. Ma molto più interessante è il continuo aumento del premio sui mercati asiatici dell’oro, di fatto un implicito indizio riguardo la reale finalità degli acquisti senza fine della Pboc cinese. Se prima il lingotto era utilizzato come mera difesa dello yuan, oggi potrebbe sempre più imporsi sul mercato come sottostante a garanzia. Di fatto, un backing.

E con gli hedge funds che da venerdì sono ufficialmente al ribasso sullo yen a un livello che non si vedeva dall’aprile 2022, l’Asia diventa epicentro di ciò che sarà. Non tanto il proverbiale battito d’ali che altrove genera tsunami. Più un laboratorio. Dal quale, però, rischia di uscire una scoperta che non tutti apprezzeranno. Non tanto e non solo per la sindrome da Re nudo al casinò fra oro fisico e di carta in quel di Londra. Bensì per il vero grido al Re nudo: i soldi da Qe stampati dal nulla, valgono nulla. Ora Suisse Gold, avvertendo la clientela di attese superiori ai 28 giorni, stante l’alta domanda, accetta anche Ripple come metodo di pagamento. Oltre a tutte le altre criptovalute. Suonano le sirene anti-aeree. Per chi vuole sentirle.

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