Quando un uomo come Mario Draghi arriva a nascondersi dietro slogan degni di un Cecchi Paone qualsiasi, c’è poco da stare allegri. Unite il fatto che nella notte la Corea del Nord ha lanciato un missile balistico e capite che il mondo è arrivato nella sua interezza alla modalità raschiatura del fondo. Quando Pyongyang spara i suoi giocattolini, infatti, la storia recente ci insegna che occorre un alibi da Qe in fretta. E quando il numero uno del Governo dei Migliori non trova di meglio che addossare la situazione attuale del Paese ai no vax, immediato sorge un senso di spontanea nostalgia per Giuseppe Conte. Praticamente, l’abisso. Degno della più disperata e oscura ossessione di Baudelaire. Strafatto.
Il problema sostanziale è ormai tutto di narrativa. Leggendo le cronache, l’elemento predominante è l’ammirazione per la scelta di Mario Draghi di tornare sui suoi passi e tenere la conferenza stampa, ammettendo un errore di sottovalutazione. Insomma, è umano! E, a differenza del Fonzie di Happy days, riesce persino a chiedere scusa! Per tutti, infatti, il presidente del Consiglio è ormai un misto fra l’uomo dello spot Denim (quello che non deve chiedere mai) e il Papa, infallibile ante litteram. Non è così. Basta guardare la realtà del Paese, andando oltre le veline e le grancasse, superando la mera contabilità sanitaria e le restrizioni sempre più kafkiane, a fronte di Regno Unito e Spagna che sposano la linea della convivenza con il virus e della sua natura endemico-influenzale. E, soprattutto, grattando via un po’ di iconografia macchiettistica da nazione che necessita obbligatoriamente del suo ciclico uomo della Provvidenza.
Perché volendo mantenere il livello rasoterra del dibattito intavolato dal presidente del Consiglio con la sua boutade a effetto, allora si potrebbe dire che se l’inflazione ha travalicato gli argini di contenimento finanziario (tradotto, il mercato equity non incorpora più tutta quella liquidità a costo zero, rischiando di fare la fine dello Zeppelin), esondando nell’economia reale e la Bce si trova con le spalle al muro sui tassi, la colpa è di chi – dopo aver dato vita a un Qe emergenziale e sacrosanto per salvare l’eurozona – si è però scordato per i sette anni successivi di avviare un minimo di normalizzazione della politica monetaria. Magari, a qualcuno potrebbe venire il dubbio che quella scelta sia stata addirittura dettata dalla volontà di sostenere proprio i mercati azionari e continuare a garantire cash a costo zero alle banche con le aste Tltro. Magari ancora, sperando in un do ut des sulle detenzioni di debito pubblico che risulterebbero quindi pagate backdoor dalla stessa Eurotower in violazione di tutte le norme. Ma, come ho anticipato, sostenere questo equivarrebbe a mettersi allo stesso livello del dibattito rispetto alle responsabilità millenaristiche di qualche milione di italiani a fronte del 90% della popolazione vaccinata.
Le file davanti alle farmacie parlano da sole, come certe guarigioni eccellenti garantite da quelle pratiche da stregoni che rispondono al nome di monoclonali. Certo, difficile andare in conferenza stampa, oltretutto controvoglia e dopo aver evitato la prima post-CdM, e ammettere che forse si è un po’ esagerato con la retorica salvifica da pozione di Panoramix il Druido che si è spacciata a reti unificate e H24 rispetto ai vaccini. Forse, occorreva un po’ di prudenza. Ovvero, far notare a chi ha scelto liberamente la via dell’immunizzazione che, trattandosi di sperimentazione (al riguardo parlano i tempi dei trials e quanto stiamo testando rispetto al decadimento temporale dell’efficacia e del potere di schermatura dalle varianti), forse era meglio non abbandonare proprio del tutto – dalla sera alla mattina – il minimo sindacale di precauzione. Ma come si fa? Dire questo sarebbe equivalso a una mozione di sfiducia per il ministro Speranza e l’intero CTS, oltre alla squalifica a vita da tutte le trasmissioni tv dell’esercito dei tele-virologi, i migliori alleati del Governo. E, non sia mai, un brutto colpo all’industria farmaceutica. Quando il dibattito prende una piega simile significa che il Governo ha appena girato la clessidra per l’ultima volta. Oltretutto alla vigilia dell’appuntamento spartiacque sul Quirinale. E con Silvio Berlusconi che, mangiata la foglia, ha immediatamente alzato la posta e minacciato il voto anticipato, in caso Mario Draghi gli soffiasse la poltrona più ambita.
La Lega è in ebollizione, M5S a rischio polverizzazione totale. Il Pd morde il freno ma capisce che quella che si trova di fronte potrebbe essere l’occasione del secolo, ovviamente non menzionando nemmeno la brama di potere di Italia Viva. E il Paese, però, come sta? È colpa dei no-vax se sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico e del Lavoro le pratiche relative alle crisi aziendali crescono come quelle che giacevano sulla scrivania di Fantozzi? È colpa dei no-vax se il nostro spread necessita continuamente di interventi della Bce o delle nostre banche, poiché anche l’investitore più ottimista ormai prezza la fine del Pepp? E, soprattutto, le parole di una colomba come Isabel Schnabel, la quale – dopo aver parlato di inflazione da transizione energetica (Greta ha fatto più danni del diluvio universale, ora pare essersene accorta anche la Bce) – ha ammesso che se il trend non si raffredderà in fretta, l’Eurotower dovrà intervenire. E in cosa si sostanzierebbe quell’intervento? Ovviamente, primo ritocchino ai tassi. Non a caso, il capo economista Philip Lane ha rilasciato un’intervista al Sole 24 Ore nella quale definisce questa ipotesi altamente improbabile per l’anno in corso. Tradotto, il rischio c’è.
E se fosse tutta una strategia, una detonazione controllata alla ricerca dell’effetto Trichet? Quando nel luglio 2008, l’allora numero uno dell’Eurotower alzò i tassi, infatti, lo fece incurante dei segnali che arrivavano dal sottosuolo e dai meandri del mercato, tipo il repo market o l’interbancario. Due mesi dopo, Lehman Brothers e crisi finanziaria globale. Il caos. Ma anche l’alibi, più o meno auto-alimentato, per una retromarcia obbligata e vertiginosa verso politiche espansive. L’Europa è disperata a tal punto da auto-sabotarsi, pur di proseguire con la monetizzazione del debito e il finanziamento diretto dei deficit? Sì. Non a caso, Mario Draghi in conferenza stampa ha tagliato molto corto sulla riforma del Patto di stabilità, facendo intendere come la discussione sia ancora in fase assolutamente teorica e preliminare. Della serie, è l’ultima delle nostre preoccupazioni.
C’è un problema, però. Al netto di un nuovo scostamento quasi garantito per finanziare i ristori al turismo e agli altri settori colpiti dall’ondata Omicron, quale effetto patirebbe il nostro spread per alcune settimane, in caso a tarda primavera la Bce davvero ritoccasse il costo del denaro? È forse colpa dei no-vax se ieri a mezzogiorno, il differenziale di rendimento fra il Bonos spagnolo e il Bund era esattamente la metà di quello del Btp italiano, 70 punti base contro 140? Attenzione, perché certe uscite di Goldman Sachs come quella dei giorni scorsi non sono mai casuali. Così come gli strani sommovimenti nei corpi intermedi dei poteri paralleli italiani, economia e media in testa, lentamente costretti a un primo profilo di critica verso i Migliori: non state notando un progressivo aumento nella pratica della disciplina tutta italiana dell’abbandono della nave?
Il voto per il Quirinale non è un punto di approdo, bensì solo la partenza della vera scalata. Stiamo raggiungendo il campo base, ma da quel momento inizia la vera partita. E attenzione alla riunione della Bce del 3 febbraio prossimo: inutile negarlo, i destini dell’Italia passano più da Francoforte che dal Colle più alto.
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