Qual è il mantra del momento, chiaramente con sguardo strumentalmente fisso alla propaganda da elezioni europee? Fuori dall’Ue che da oggi ci obbliga anche alla casa green, spese pazze per trasformare le nostre abitazioni in habitat degni di Greta Thunberg.

Proprio sicuri che il fine sia l’ossessiva rincorsa per fermare il cambiamento climatico e l’innalzamento globale delle temperature? Proprio certi che l’efficientamento energetico sia qualcosa di eticamente perseguito e perseguibile e non soltanto l’ennesimo alibi socialmente acclamato?



Date un’occhiata al grafico. Ci mostra come l’assunto in base al quale l’out-performance economica di Croazia e (fu) Club Med europeo sia unicamente da ricondurre al turismo risulti tanto fallace, quanto strumentalmente stereotipata.

Ci sono i servizi ad alto valore aggiunto, ad esempio. Ma, soprattutto, c’è quella linea azzurra che in empatia cromatica vola verso il cielo. Per tutti. Le costruzioni. Ora date un’occhiata all’altra immagine, Europe’s unlikey outperformer ci ha definito il Financial Times.



Già, siamo noi. Anzi, tanto per dare a Conte ciò che è di Conte, è il Superbonus al 110%. Quanto ci ha dato? Quanto ci è costato? Sicuramente, qualche rogna bancaria. E, soprattutto, un 7,2% di deficit contro attese della Nadef del 5,3%. Tradotto, procedura di infrazione quasi certa. E manovra correttiva a ottobre, certa. Ma il problema è altro: l’Europa sta saltando per aria. Ormai è questione solo di guadagnare tempo ed evitare fall-out incontrollati. C’è in ballo Target2, ad esempio. E lì c’è poco da scherzare.

E cosa può tenere a galla due mondi totalmente differenti, se non un mega-intervento da buca keynesiana come l’intero impianto del Green New Deal? Ovvero, nulla più che assistenzialismo da spesa pubblica politicamente corretta. Talmente ben congegnato da aver mandato in overdrive persino la ratio del debito tedesca, ormai da quattro anni costretta a derogare alla politica di debt-brake. Ovvero, saldo zero e indebitamento zero. Addio, perché prima ti schianto l’industria col green e poi ti sveno con i costi energetici da sanzioni. Casualmente, prorogate oggi per altri sei mesi in contemporanea con il via libera alla casa green. Quindi, chi chiede di uscire dall’Ue per l’eccessiva regolamentazione dovrebbe leggere quanto accaduto dal Covid in poi sotto un’altra luce: la fine è ormai scritta, qui si sta solo cercando di evitare escursioni bendate fra le rovine. D’altronde, la Cina come ha gestito gli anni allegri del leverage e del Pil lunari? Ghost town a perdita d’occhio, cattedrali nel deserto. E gli Usa non utilizzano forse il real estate ciclicamente prima come boost e poi come alibi per il reset da indigestione finanziaria? Nulla come il mattone può edificare, nulla come il mattone può simboleggiare il crollo. Nel frattempo, cazzuola in mano, deficit a tracolla e costruire.



Ma attenzione, perché l’intera operazione della sostenibilità ambientale rappresenta un alibi strutturale tutt’altro che a somma zero di un quadro mistificatorio ed emergenziale ben più ampio. A partire dallo scontro in atto all’interno del board Bce riguardo l’implementazione del regime Mmr. Ovvero il livello minimo di riserve bancarie, attualmente all’1% del capitale. Questione che poteva tramutarsi in una criticità immediata, poiché il vertice della Banca centrale dedicato al tema era in programma mercoledì. E Germania e soci parevano intenzionate ad alzare barricate reali. O, quantomeno, a ottenere un do ut des, se Christine Lagarde avesse voluto o dovuto giocare la carta della profittabilità degli istituti in un momento globale di enorme tensione per rinviare tutto e perpetuare lo status quo.

Siamo proprio certi che tutto passerà in cavalleria e che invece l’Eba non sia decisamente meno prona a compromessi, stante una Bis che deve piantare qualche bandierina a livello di regolamentazione bancaria per prevenire crisi di sistema? E se stante la fine del reinvestimento titoli del Pepp prevista per la fine dell’anno, qualcuno tornasse alla carica con la limitazione delle detenzioni di debito sovrano per banche e assicurazioni? Se Basilea III non passa dalla porta, può rientrare dalla finestra. E in questo caso, cogliere l’Italia e il suo doom loop strutturale con la guardia abbassata. Nel pieno di una manovra correttiva e di una minaccia di procedura di infrazione per deficit eccessivo. Casualmente, Matteo Salvini rispolvera il meno Europa. Spifferi dal Mef a guida leghista? Ma, in realtà, cosa si è deciso l’altro giorno nella riunione virtuale e da remoto?

Alcune modifiche all’operational framework della Banca centrale, ad esempio la riduzione dello spread fra tasso delle aste di rifinanziamento e di deposito, il quale dal 18 settembre scenderà a 15 punti base. Ma questo estratto del comunicato ufficiale mostra ciò che conta davvero, ancorché scritto in codice.

Di fatto, la Bce ha deciso nuove aste di rifinanziamento bancario a lungo termine e la creazione di un altrettanto strutturale portfolio di securities a garanzia di liquidità per il sistema. In caso di crisi? No, a fronte di più stringenti requisiti di capitale e accantonamenti! Una democristiana quadratura del cerchio fra la volontà dei falchi di proseguire con l’implementazione di Basilea III e il terrore della Bce nell’applicare ciò che, a parole, insieme all’Eba aveva trionfalmente annunciato prima del Covid come bacchetta magica anti-crisi. Insomma, la Bce ha appena ammesso che il sistema bancario europeo ha un problema. Ma per farlo non ha avuto la decenza di utilizzare la consueta conferenza stampa post-board o un comunicato. No, ha utilizzato lo spiffero. Ovvero, voci fatte filtrare a Bloomberg. Che, ovviamente, ha raccontato.

E cosa dicono? Che per quanto il caso dell’austriaca Signa sia stato debitamente insabbiato, nonostante i primi rimborsi parziali ai creditori e che le due banche tedesche più inguaiate godano di garanzia implicita proprio dall’Eurotower per evitare l’insolvenza, i rischi sui prestiti corporate collateralizzati attraverso il settore del commercial real estate stanno crescendo.

Questo nonostante sei anni di retorica Bce sulla necessità di prepararsi per tempo a eventuali shock. Ma signori, parliamoci chiaro: siamo di fronte a un cane che si morde la coda. Perché la stessa Bce che predica prudenza e cuscinetti, di fatto mercoledì ha dato vita a un triplo carpiato per evitare che le banche debbano ammettere lo stato di salute reale dei loro bilanci e delle loro esposizioni. Basterebbe mettere mano – seriamente – a una regolamentazione sui requisiti prudenziali, la cartina di tornasole di controparte. La stessa ipocritamente chiesta dai falchi del Nord Europa, a vario titolo stracarichi di derivati all’olandese, di esotici Level 3 alla transalpina o prestiti teutonici molto allegri verso il mattone. Quanto manca prima che qualcosa scricchioli davvero e strutturalmente e non si limiti a default tanto sporadici quanto clamorosi come quello di Signa?

Nel frattempo, attenzione all’ultimo grafico. La stessa Europa che a livello bancario calcia il barattolo e si raccomanda l’anima al reinvestimento titoli e alle aste Tltro, a livello di produzione industriale – ovvero, carne e sangue e non indici manipolati – oggi è ai minimi dal 2020. Cioè dal Covid. Dall’era glaciale della pandemia.

Come si concilia questa realtà con la narrativa del va tutto bene, Piazza Affari vola? Forse tacendola?

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