Nemmeno un giorno ed è subito ricominciata la tarantella, la grande presa in giro di massa. Lo spoglio per le amministrative nemmeno era iniziato, le schede per sindaci e consiglieri comunali erano ancora nelle urne che, guarda caso, Bloomberg rilanciava la notizia di una lettera dell’Ue pronta per essere recapitata in Italia. Di fatto, l’antefatto formale all’apertura di una procedura d’infrazione per eccesso di debito. Un boicottaggio? Di fatto, per i sovranisti e i loro fiancheggiatori più o meno interessati, la riprova dell’esistenza di élites e poteri forti europei che, spaventati dal risultato del voto, lanciano subito l’offensiva contro l’Italia. Balle, da Bruxelles via New York è arrivato l’assist migliore che un governo morto nei fatti poteva ricevere. “La colpa è dell’Europa”, lo slogan preferito da chiunque non sia in grado di governare e necessiti di un alibi pret-a-porter.



Quindi, addio liti fra alleati, addio resa dei conti interna a M5S, addio giubileo di quel personaggio in cerca d’autore che è il premier Conte (stranamente e pateticamente silenzioso), addio alle incoerenze di fondo. La notizia è, ancora una volta, l’assalto frontale di una Commissione Ue uscente che, come le bestie ferite, diviene più pericolosa proprio prima di esalare l’ultimo respiro. E le cose le hanno fatte bene, quasi credibili. Con tanto di spread che ieri mattina, in apertura di contrattazioni, sfiorava subito quota 290, garantendo a siti internet d informazione e tg delle 13 un bel titolo allarmistico da fornire all’opinione pubblica, mentre si mangiava al volo un toast al bar. Che meraviglia, ci trattano come una Repubblica centrafricana! L’ennesima arma di distrazione di massa, tanto nota anche ai sassi quanto comunque efficace quando compare sugli schermi delle agenzie, sotto forma di indiscrezione di stampa. “Nulla è più inedito dell’edito”, mi diceva sempre un vecchio direttore.



Non so voi, ma io comincio a essere stanco di queste prese per i fondelli. Perché non so se ve ne siete accorti ma nell’arco del lungo weekend elettorale europeo, di fatto iniziato giovedì scorso in Gran Bretagna e conclusosi solo domenica alle 23 con la chiusura delle urne in Italia, magicamente il dramma dei drammi non solo ha perso di intensità, ma è addirittura sparito dai radar dell’informazione: per caso è scoppiata la pace commerciale fra Cina e Usa, senza che nessuno ce lo dicesse? Così parrebbe. Eppure, questo grafico parla una lingua contraria: il livello della prezzatura del mercato rispetto a un epilogo positivo del dialogo fra Pechino e Washington è infatti ai minimi storici.



Questo grafico – e quindi la lettura del dato tracciato – è di mercoledì della settimana scorsa, prima del weekend elettorale europeo: come mai lo spread fino a lunedì pomeriggio non si è mosso e le Borse non sono affondate? Volete dirmi che il vero rischio sistemico, il tail risk mondiale, il Cigno nero più grande non è più lo scontro a colpi di tariffe fra i due giganti globali ma una questione assolutamente nuova e sorprendente come l’eccessivo indebitamento del nostro Paese? Ne dubito, almeno a livello di sensazione. Eppure, è andata così. Fino al lancio di Bloomberg, era tutto un lago alpino in un placido pomeriggio estivo. Poi, stando a una indiscrezione basata su una notizia nota a tutti almeno da marzo (quando la Commissione Ue ci mise in stand-by rispetto ai conti del Def per quest’anno, annunciando la sua pagella definitiva per il 6 giugno, dopo il voto europeo), ricomincia la pantomima della contrapposizione Roma-Bruxelles che spaventa i mercati e dello spread. Il quale, si sa, in questo momento fluttua soltanto entro una banda di oscillazione che è quella prefissata e garantita dagli acquisti su reinvestimento della Bce: nessuno, a oggi, è ancora così pazzo da sfidare Mario Draghi apertamente con un attacco speculativo. A oggi, però. L’estate, potete giurarci, sarà diversa.

Perché qualcuno dovrà farsi carico di recitare il ruolo di capro espiatorio globale e, purtroppo, l’Italia ha il physique du role perfetto. Sapete cosa è accaduto nel corso del lungo weekend elettorale, meravigliosamente coperto dalla coltre di anestetico delle europee? Per la prima volta in 30 anni, le istituzioni cinesi hanno dovuto salvare una banca. Ma non con la solita iniezione di liquidità tramite prestiti a pioggia, hanno proprio dovuto prenderla e nazionalizzarla, metterla sotto tutela, sobbarcandosi tutto: prestiti in deteriorati in testa.

Si tratta della Baoshang Bank, istituto principale della Mongolia, finito bellamente zampe all’aria per insolvenza. E nonostante la vulgata degli analisti la ritenesse un istituto piccolo e locale, la Baoshang era in realtà il 50mo istituto del Paese, attivi alla mano. Alla fine del 2016, infatti, aveva qualcosa come 156,5 miliardi di yuan (22,68 miliardi di dollari) di prestiti in essere, un salto del 65% rispetto alla fine del 2014. E sapete, in contemporanea, a quale livello era la ratio dei non performing loans ufficiale della banca, la sua ammissione di colpa sulle sofferenze? Solo all’1,68, stando a dati del dicembre 2016! Ma cosa fa notizia nel mondo? Il fatto che la Commissione Ue stia per inviarci una lettera di cui tutti sono a conoscenza da mesi su un argomento e una criticità che è nota anche ai tombini! Ma non basta. Perché Baoshang, conscia dello stato reale dei suoi conti, dal terzo trimestre del 2017 ha smesso di fornire dati finanziari ufficiali, non si sa se per decenza ritrovata o per carenza di fantasia. All’epoca aveva assets per 576 miliardi di yuan e 534 miliardi in liabilities, con un profitto netto di 3,2 miliardi di yuan. Praticamente, un morto che camminava, roba da walking dead. Ma un morto molto grosso, un morto sistemico.

E infatti, nel silenzio generale di media troppo occupati a gridare per la vittoria di Marine Le Pen su Emmanuel Macron per addirittura un punto percentuale, ecco la reazione inaspettata del mercato cinese al salvataggio e alla proclamazione del Re nudo che questo ha comportato implicitamente. Come mostra il grafico, nonostante le autorità cinesi abbiano atteso il tardo pomeriggio di venerdì scorso per diffondere la notizia, garantendosi così due giorni di mercati e banche chiuse per farla digerire, ecco che l’ondata di shock ha trovato un altro modo per sostanziarsi. Inviare un bello scossone sistemico sul mercato obbligazionario cinese, con i costi di finanziamento in aumento netto e i rendimenti sul debito sovrano in forte crescita.

Anche in quel caso si tratta di problemi debitori e di questione legate al costo del debito, eppure nessuno ne ha parlato: cosa dite, chi pone più rischio a livello globale, il Def vagamente in deficit di Di Maio e Salvini o un sistema bancario indebitato fino al collo e sull’orlo del collasso, il quale da sempre offre al mercato dati falsi o ritoccati rispetto alle proprie liabilities reali? Il tasso repo a 7 giorni lunedì mattina a Shanghai faceva registrare un salto di 30 punti base al 2,85%, il massimo da un mese, mentre il rendimento del decennale cinese era salito di 5 punti base al 3,35%. Direte voi, cosa sono 5 punti base di aumento in apertura di contrattazioni? Nulla, perché allora tutti i giornali e i tg italiani aprono le loro edizioni con 6 punti di aumento intraday del nostro, come accaduto nella settimana precedente al voto europeo?

Per quanto i nostri conti pubblici siano messi male, certamente non sono in grado di scatenare il disastro che un default anche solo parziale del sistema creditizio cinese potrebbe innescare. Questo, almeno, spero sia condiviso da tutti, critici o meno verso il governo giallo-verde. Insomma, tu guarda le coincidenze: serviva una notizia che evitasse troppa diffusione al caso Baoshang e al conseguente tremore obbligazionario e monetario cinese e, casualmente, Bloomberg rilancia una notizia nota a tutti, tramutandola in headline catalizzatrice.

Sapete come ha commentato il caso Becky Liu, capo della macro-strategy per la Cina di Standard Chartered? “La questione della Baoshang rappresenta un enorme segnale di sveglia. I partecipanti al mercato interbancario, i quali solitamente non differenziano il credito quando prestano denaro a istituti che ritengono non possano andare in bancarotta, ora sono diventati più cauti. E questo ha avuto come conseguenza diretta l’innalzamento dei costi e l’aumento dei rendimenti sovrani”. E quale fu il primo segnale di rottura degli equilibri, il canarino nella miniera che qualcuno colse in tempo prima del crollo di Lehman Brothers e del patatrac del 2008? La tensione iniziale e poi il totale congelamento del mercato interbancario, gli istituti non si fidavano più gli uni degli altri e non si prestavano denaro, se non a interessi esorbitanti. Ci risiamo, forse? E, oltretutto, con al centro della disputa un colosso come il sistema bancario cinese e non una singola banca d’affari, per quanto ramificata nella suo essere catena iniziale di controparte di contratti per centinaia di miliardi?

Forse esagero, ma se quanto accaduto nel silenzio a Baoshang Bank fosse solo il primo tassello del domino e, per caso, partisse una catena di default presso le banche più piccole ed esposte della Cina, tutti i depositi corporate e le liabilities bancarie sopra i 50 milioni di yuan andrebbero in rinegoziazione, se subentrassero le garanzie governative per il salvataggio degli istituti. Siamo ai prodromi del mitologico e apocalittico hard landing dell’economia cinese, l’esplosione della bolla debitoria, il disvelamento del mega schema Ponzi? No, il mondo non reggerebbe, Wall Street in testa. Occorrerà spostare l’attenzione altrove, in modo da creare un tale livello di emergenza dissimulata rispetto al vero epicentro da garantire mano libera alle Banche centrali per tornare in azione. Tutte. In sincrono. E a forza quattro. Chi pensate che vestirà gli abiti sgraditi e sgradevoli di quell’alibi, di quel capro espiatorio? Altrimenti, perché tutti starebbero impegnandosi affinché questo Governo, di fatto già morto, venga invece artificialmente mantenuto in vita, fino a quando necessario? Chissà.

P.S.: Per finire, mi permetterete di rendevi edotti di una notizia. La trovate qui, stranamente la fonte è sempre Bloomberg ed è uscita ieri con la stessa modalità di quella relativa alla nuova crisi Itaia-Ue, un flash in tarda mattinata, seguito da un articolo basato su fonti bene informate ma anonime. Ve la faccio breve, se vi interessa leggerete l’articolo integrale e approfondirete: dopo le batoste elettorali patite dalla sua successore designata, Angela Merkel si sarebbe decisa a restare in sella fino al 2021, dando il ben servito anticipato ad Annegret Kramp-Karrenbauer. Ma Angela Merkel non era politicamente morta? Ma il voto europeo non aveva archiviato la vecchia Europa e cambiato finalmente gli assetti di potere, sradicando l’asse renano e i suoi due leader? Dite ai sovranisti di spegnere la Playstation adesso. Il voto europeo potrà essere buono per qualche resa dei conti interna degna di Giovanni Toti o Alessandro Di Battista, ma le cose serie si decidono seduti ad altri tavoli. A cui siamo presenti, ma non certo con i ministri Salvini o Di Maio. Grazie al cielo.