Nel cuore dell’Africa c’è una trappola di Tucidide pronta a scattare per l’Europa? Il famoso paradosso, in realtà, vuole che ogni qualvolta una potenza emergente tenti di spodestarne una egemonica, la tensione sfoci in conflitto diretto. Di fatto, però, in geopolitica lo si applica a un concetto un po’ diverso. Ovvero, la possibilità che un confronto limitato tra potenze possa tramutarsi in guerra di contrapposizione totale. In Niger, manifestanti filo-russi e filo-golpisti hanno attaccato l’Ambasciata francese. Parigi si è immediatamente detta pronta a intervenire. Mentre i Paesi africani – riuniti nel vertice straordinario Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale – hanno approvato un pacchetto di sanzioni e lanciato un ultimatum: Useremo la forza, se entro una settimana non sarà reinsediato il Presidente.
Chi tace, per ora? Usa e Cina. Ovvero, i principali beneficiari del caos. Pechino potrebbe infatti utilizzare l’accaduto per contarsi: se infatti mezza Africa ha debiti con il Fmi, l’altra vive dei prestiti e degli investimenti del Dragone. Se il golpe fosse eterodiretto da Mosca (e con il tacito assenso cinese), sarà quindi interessante vedere quanti Stati africani – alla prova dei fatti – colpiranno un proxy del grande creditore. Gli Usa, dal canto loro, sanno che per governare il caos servono cavalieri di ventura. E l’Europa ne è sprovvista. Tutto al più, fedeli scudieri. E mentre il Niger brucia, in Pakistan torna il terrore: 75 morti e 150 feriti a un comizio politico. Sahel e Asia meridionale. Uniti da un tratto distintivo: essere crocevia del jihadismo globale. Ovvero, motori immobili della guerra infinita al terrore, l’enorme panopticon bellicista e mediatico.
Cosa disse un mese fa il ministro dell’Interno francese in visita negli Usa? Il terrorismo jihadista è la principale minaccia per la Francia, in vista di Mondiale di rugby e Olimpiadi 2024. Et voilà. Con tanto di attacco all’Ambasciata, tanto per rendere chiaro il messaggio. E quando occorre il caos, nessuno fa l’esame del sangue al terrore: jihadista o golpista filo-russo, tutto fa brodo. E se il Niger controlla da solo il 7% dell’uranio mondiale, il Sahel non è solo centrale del jihadismo africano. Ma punto di passaggio obbligato delle tratte di esseri umani verso il Nord Africa e il Maghreb. Con destinazione Europa.
Se in Niger la situazione andasse fuori controllo e scattasse la trappola di Tucidide, chi pagherà il prezzo per le ondate di profughi? Proprio ora che, apparentemente, la Tunisia aveva accettato di trasformarsi in nuova Libia o nuova Turchia. Nel frattempo, l’estate passerà. E occorrerà fare i conti con il fronte energetico, Algeria in testa. Se sarà caos, Sonatrach tradirà Gazprom o deciderà di alzare quantomeno la posta (e il prezzo) per il suo gas? La logica del suk, d’altronde, è nata lì. Non in Tirolo.
Mosca tace, mentre i droni ucraini colpiscono il centro di Mosca. Usa e Cina tacciono. Il caos è sempre preceduto da silenzio. Come la notte prima di Lehman Brothers. Ma il caos è globale. Ad esempio, Suwalki è il nuovo spread? C’è il forte rischio che la striscia di confine tra Polonia e Lituania che passa pericolosamente tra l’enclave russa di Kaliningrad e la Bielorussia possa tramutarsi nel tormentone dell’estate. Sfruttando l’effetto evocativo da 1° settembre 1939 in sedicesimi, ecco che i media da sabato rilanciano il rischio di una marcia del mercenari della Wagner verso il confine polacco. Ovvero, Nato. Migliaia? No, un centinaio. Partiti dal loro buen retiro post-golpista della Bielorussia.
Ora, la loro effettiva pericolosità in un contesto a ridosso dello scenario baltico armato fino ai denti è pari a zero. Lo sanno tutti. Nato in testa. Se dovessero fare un passo oltre al consentito, di loro resterebbero le mostrine. Ma drammatizzare l’evocazione di un’invasione polacca per la geopolitica equivale a inserire un lungo corridoio di specchi in un film di Dario Argento: un evergreen. Quel 1° settembre 1939, infatti, l’entrata delle truppe naziste fece sciogliere ogni riserva e spazzò via i tentennamenti di Francia e Gran Bretagna. Di fatto, ciò che fu lo sparo di Sarajevo per la Prima guerra mondiale, era racchiuso in quell’invasione.
C’è un problema, però: a chi fa comodo enfatizzare quella mossa, strategicamente pari a zero? La Russia potrebbe avere buon gioco. Primo, perché mostrerebbe in un colpo solo di aver ricondotto all’ovile i Wagner dopo il tentato golpe e, soprattutto, svelerebbe l’ipocrisia di fondo di un’Europa che per quel colpo di Stato ha fatto il tifo, senza preoccuparsi di nasconderlo. Oggi, poi, le provocazioni e i rischi di false flags sono all’ordine del giorno, dal secondo attacco al ponte in Crimea all’abuso di droni su entrambi i fronti fino ai nuovi echi di Chernobyl 2.0 attorno alla centrale di Zaporizhzhia. Insomma, la partita a scacchi potrebbe diventare rischiosa non tanto per le forze in campo, bensì perché potrebbe tentare i Dottor Stranamore di turno, alimentando provocazioni non più a centinaia di chilometri di distanza ma nel salotto di casa dell’Europa. Spaventandone e distraendone le opinioni pubbliche. Altra tentazione irresistibile in tempi di recessione.
Insomma, la propaganda di entrambe i fronti si prepara a una battaglia campale. C’è un unico dato di fatto, il quale potrebbe offrire anche una spiegazione all’immediata eco mediatica della marcia in stile scout della Wagner a Suwalki. Mentre la Nato parla e invia armi all’Ucraina, la Russia ha di fatto piazzato un suo uomo in Niger. Un golpe-lampo, riuscito questa volta. Almeno così pare, fino adesso. Che offre un doppio risultato. Primo, una finestra sul fronte del Sahel, strategico vista la zuppa di intelligence occidentali che ribolle nell’area in ossequio alla lotta al terrorismo jihadista. Secondo, un Paese strapieno di materie prime. Fondamentali. Oro, petrolio, zinco, uranio. Non a caso, la comunità internazionale ha immediatamente condannato l’atto. Silenziandone la portata sui media, però. Perché a differenza della suggestione Suwalki, il Niger è realtà. E si è consumata sotto il nostro naso.
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