Utilizzando un gergo pugilistico, si può tranquillamente dire fuori i secondi. Da oggi, si fa sul serio. Più che altro, da oggi ogni giorno è buono per il redde rationem finale, al netto della manipolazione strutturale delle realtà posta in essere dalle Banche centrali. E non certo per la questione ridicola e residuale rappresentata dal Vertice europeo in videoconferenza, di fatto un’inutile perdita di tempo attorno al feticcio del Recovery Fund. No, da oggi tocca confrontarsi con dati stringenti. Con prove del fuoco. Con stress test. Nel silenzio generale dei media, infatti, ieri si è tenuta l’asta Ltro di rifinanziamento a lungo termine per le banche europee. Il cosiddetto allotment finale, dopo che per settimane i vari istituti avevano presentato le loro richieste e le garanzie sotto forma di collaterale esigibile.
Attraverso la progressività di questo proxy, tutti si attendevano un’asta con domanda record. Ma, oggettivamente, nessuno forse si attendeva questo: ovvero, il più partecipato e ampio utilizzo del bancomat europeo di sempre. E non di poco. Insomma, le banche dell’eurozona hanno fatto il pieno di liquidità. Qualcosa come 1.308 miliardi di euro di controvalore in prestiti a lungo termine e tasso ultra-agevolato. Talmente agevolato da essere andato in negativo dell’1% fra giugno di quest’anno e quello del prossimo.
In parole povere e tagliando la questione con il machete, la Bce paga gli istituti di credito europei per erogare credito all’economia reale e alle famiglie. Di fatto, stiamo parlando di un varco epocale, poiché si passa – quasi senza soluzione di continuità e in ossequio alla lotta al Covid – da tassi negativi e un trasferimento netto verso le banche. Attendo con ansia la reazione degli euroscettici a questo ennesimo attentato dell’Ue contro le sovranità popolari!
Ora, però, inizia la sfida. In particolare per quei Paesi come il nostro e la Spagna, i quali devono scontare criticità serie in ordine al sistema creditizio. In primis, le sofferenze. E, almeno nel nostro caso, la cronica sovra-esposizione alle detenzioni di debito pubblico e quindi la sensibilità di bilancio all’altalena dello spread. Tutti impedimenti che finora hanno garantito un comodo alibi alle ritrosie e alle farraginosità nella concessione di prestiti a imprese e privati, divenute di drammatica attualità durante il lockdown e ora destinate a peggiorare nel loro impatto, stante la fase di difficilissima ripartenza dell’economia. Intendiamoci, quella cifra monstre non entra direttamente nei bilanci delle banche, rendendole ricche, come mostra questo grafico, il quale però attraverso la linea blu mostra plasticamente il trend di trasferimento netto di capitale nei bilanci. Ma, almeno dal mio punto di vista di osservatore, opera da reagente, esattamente come i liquidi miracolosi utilizzati in CSI New York da Mac Taylor e soci: quanto di rischioso sta nascosto sotto il tappeto dell’ufficialità? Viene da chiederselo. Soprattutto in una fase di risiko bancario e tentativi di scalata della cassaforte del Paese, ovvero Generali, tramite Mediobanca.
Chi, utilizzando una metafora anglosassone, ha messo rossetto sul maiale, tentando di renderlo più attraente? E quanto ci è andato pesante con il make-up? Paradossalmente, una notizia che dovrebbe vederci festeggiare, rischia di tramutarsi in una rogna per i diretti interessati. Perché ricordatevi che viviamo nel mondo degli unicorni gestito dalle Banche centrali, dove nulla è come appare. Qui, invece, ci sono soldi che entrano a interesse negativo e che la Bce ti presta a lungo termine, affinché tu garantisca la trasmissione del credito all’economia reale: se non lo fai, cosa accade? Più che altro, quanto ci metterà il mercato a prezzare le tue difficoltà occultate, a fronte di una cartina di tornasole così eclatante? Poco.
Non a caso, due ore dopo la comunicazione dell’allotment ufficiale da parte della Bce, Piazza Affari era in peggioramento e già in negativo dell’1%. In un contesto di normalità macro, sarebbe dovuta schizzare in aria, stante anche il peso del comparto bancario sull’indice principale. Invece ecco il grande inganno: la Borsa ormai sale soltanto in base agli annunci e alle promesse, di fronte alla realtà – anche formalmente positiva – si spaventa. Insomma, il vecchio mantra del buy the rumors, sell the news al suo meglio. Ora, però, il tempo è scaduto. Al netto di quella montagna di liquidità gratis – anzi, formalmente con un interesse in reverse -, quale alibi potranno accampare le banche per non allentare i cordoni del credito? Peggio ancora: se per caso, dopo l’asta di ieri, qualcuno dovesse cominciare a far balenare la possibilità di altri tagli occupazionali o restrizioni nelle concessioni o, peggio ancora, di necessità di un aumento di capitale o di una cessione emergenziale di filiali per fare cassa (spacciando il tutto per razionalizzazione dei costi o ristrutturazione del business model), come leggerebbe il mercato quelle mosse?
Attenzione, da oggi non si scherza più. E, probabilmente, se questa estate qualcuno fosse tentato da un attacco speculativo contro il nostro Paese, la strada maestra sarebbe quella di operare short sui titoli bancari in Borsa, più che sui titoli di Stato schermati dagli acquisti Bce (a meno che da Karlsruhe non arrivi un ultimatum alla Bundesbank). Qualcuno avvisi la Consob in tempo, magari evitando ridicoli bandi sulle vendite allo scoperto dell’ultimo minuto, perché penso siano troppo occupati a tramutare in opzione operativa la geniale intuizione politica dei bond patriottici perpetui.
E a proposito di opzioni, guardate questa tabella, elaborata da Rocky Fishman di Goldman Sachs, la quale ci dice che proprio oggi vanno a scadenza qualcosa come 1,8 trilioni di dollari di opzioni sullo Standard&Poor’s 500, alle quali vanno uniti 230 miliardi di opzioni SPY (esercitabili prima della scadenza) e altre 250 miliardi di opzioni su E-mini futures del medesimo indice.
Si tratta del terzo controvalore di opzioni in scadenza non nel mese di dicembre (quello storicamente deputato al massimo di impatto, vista la fine dell’anno) da quando vengono tracciate le serie storiche. Insomma, una sorta di test su quanto chi investe creda realmente in un rally solido e sostenuto. Un esame importante, poiché come vi ho mostrato più di una volta, nelle ultime settimane il livello di esposizione rialzista sugli indici statunitensi era da record assoluto, a fronte di una ratio call/put che parlava di un’assenza sistemica di hedging difensivi dai cali.
Wall Street oggi reggerà l’impatto di questa scadenza, monstre almeno quanto l’asta della Bce? O sarà necessario un aiutino esterno, magari una news tutta da confermare riguardo un nuovo test positivo su un vaccino anti-Covid in sperimentazione o il fatto che la Cina abbia messo sotto controllo i nuovi focolai? O, magari, il fatto che qualche voce coperta dall’anonimato renda noto l’ennesimo aiutino a cui la Fed starebbe lavorando, in vista dell’ultimo Fomc prima delle vacanze?
Basterà seguire l’andamento della Borsa americana di oggi e lo scopriremo in fretta. Ma attenzione, perché sempre Goldman Sachs fa sapere attraverso il suo desk che il modello teorico a oggi mostra una potenziale vendita di titoli per un controvalore di 76 miliardi di dollari da parte dei Fondi pensione entro la fine del trimestre (ovvero, entro dieci giorni): se così fosse, si tratterebbe del terzo outflows di capitali dall’azionario di sempre, dopo quello dello scorso marzo (le cui conseguenze sono state palesi) e del dicembre 2018. Insomma, altro stress test sulla fiducia reale che si ha in questo mercato ultra-manipolato. Unite a queste due criticità principali il fatto che, inaspettatamente,ieri la Bank of England ha ampliato di altri 100 miliardi di sterline l’ammontare del suo programma di Qe anti-Covid, portandolo a un totale di 750 miliardi e capite che il tempo degli esami non riguarda unicamente i maturandi con mascherina e distanziamento.
Forse anche l’euforia da Brexit e sovranità imperiale riconquistata sta per affrontare un drammatico faccia a faccia con la realtà, al netto di un Pil britannico crollato nel trimestre del 20%, il doppio di quello già da bilancio bellico dell’eurozona. Signori, da oggi, fuori i secondi.