Non faremmo prima ad ammettere che l’Europa (e non escludo una parte di Governo italiano con essa) stia cercando un Papeete 2 a tutti i costi? Perché signori, parliamoci chiaro e fuori dal politichese da convergenza parallela: rimettere al centro del dibattito il Mes, mentre mezzo mondo tutt’intorno è in fiamme, può significare due cose soltanto. Appunto, voler fare fuori la Lega dal Governo italiano. Oppure che qualche banca sta per saltare. E allora occorre che quel mezzo sia dotato dell’espansione di intervento e, soprattutto, dell’operatività immediata. Tertium non datur.
Giusta o sbagliata che fosse la decisione presa, infatti, il Parlamento italiano si è democraticamente espresso sulla ratifica del nuovo Mes. E ha detto no. Io capisco che l’Europa sia la stessa che ha fatto votare il Trattato di Nizza all’Irlanda fino a quando i cittadini, forse per sfinimento, l’hanno approvato. Ma c’è un limite a tutto. Soprattutto se la seconda ipotesi si rivelasse quella giusta. Chi sta saltando? Qual è il rischio di contagio? E, soprattutto, qual è il detonatore?
Attenti alla fregatura accessoria che circola in questi giorni e che si sostanzia in questo grafico: l’allarme Vichy 2.0 in Francia sta facendo imbizzarrire il rendimento degli Oat nei confronti del Bund pari durata. Tradotto, vogliono venderci la barzelletta di un altro 2011 alle porte a causa della possibile vittoria di RN alle legislative d’Oltralpe.
Balle. Quel movimento al rialzo ha certamente più a che fare con le tensioni in atto in Giappone che con l’eventuale sbarco alla guida dell’Assemblea Nazionale di un Philippe Pétain in sedicesimi. Ma questo non si può dire. La francesissima nell’anima e statunitense nel cervello Christine Lagarde non può permettere che i sepolcri imbiancati dei Level 3 delle banche francesi divengano argomento di tensione. Soprattutto ora. Perché quando il mondo intero comincia a chiedersi quanto sia in realtà credibile un rally senza fine basato unicamente sull’intelligenza artificiale, quando l’indice dei semiconduttori sta schiantandosi da settimane, allora tocca mettere in campo le cortine fumogene. Ed ecco allora tornare in auge il Mes. Il quale chiaramente si sostanzia come aglio per un vampiro, se messo di fronte al ministro Giorgetti. E ancor di più a Salvini.
Sale sulla ferita, l’ha definito il titolare del Mef. Il quale non ha fatto mistero dell’impossibilità attuale del Parlamento italiano di ratificare la riforma del Meccanismo. Non ci sono le condizioni politiche. Tradotto, se passa anche il Mes, la Lega alle prossime elezioni va a fare compagnia a Calenda e Renzi. E quando tutt’intorno si scopre che l’inquilina di palazzo Chigi sarebbe pronta a dare il via libera a una Commissione Von der Leyen 2, allora qualche dubbio di cannibalismo politico interno sorge. Soprattutto mentre mezza maggioranza mugugna su quella stessa Autonomia che ha appena votato. E che senza una Lega da blandire, invece, si potrebbe facilmente annacquare. Se non archiviare del tutto. Con somma gioia del Quirinale. Il quale, apparentemente, tace.
Ma se Bruxelles ha voluto mettere becco così spudoratamente sulle questioni interne italiane, sorge il dubbio rispetto a un gioco di sponda fra poteri ai massimi livelli. E se la Lega rompesse, si andrebbe al voto?
Il patto anti-ribaltone dell’Esecutivo di centrodestra, formalmente, ci direbbe di sì. Tutti lo hanno sottoscritto. Ed è stata proprio Giorgia Meloni a spingere per ottenerlo, circumnavigando per mero populismo l’istituto dell’assenza di vincolo di mandato. Quindi, in caso di Papeete 2, magari a seguito del via libera a un Ursula-bis da parte di Fratelli d’Italia e un ridimensionamento dei conflitti di attribuzione regionali, Giorgia Meloni dovrebbe salire al Quirinale e rimettere il mandato, dichiarandosi indisponibile a colloqui esplorativi per un Esecutivo alternativo. Voi pensate che il Presidente della Repubblica manderà il Paese al voto in autunno, stante la situazione geopolitica ed economica globale? Escluso. E lì allora potrebbero mettersi in movimento tutte le doline carsiche del collateralismo politico. Potrebbero tornare in auge i Draghi e i Letta, chiaramente in modalità moral suasion. A quel punto, Bruxelles avrà ottenuto ciò che vuole. E magicamente la procedura d’infrazione diventerà poco più che un rimbrotto. La Bce applicherà il passo lento rispetto alle detenzioni di Btp legate al Pepp che dovrebbero tornare sul mercato secondario da fine anno. E anche il deficit, alla fine, potrebbe non dover rientrare almeno al 5% così in fretta. Al contrario, già circolano cifre da manovra correttiva garantita e strutturale solo per la riduzione di quest’ultimo. Una ventina di miliardi l’anno, tra una cosa e l’altra. E la certezza che il Pnrr non vedrà altre tranche sbloccate, visto che già oggi Bruxelles lamenta lentezza italica.
Resta quindi da capire quale delle due opzioni sia sul tavolo. Creare le condizioni di logoramento per un Papeete 2 o disperata necessità contingente di un Mes operativo da subito, poiché i bassi volumi di mercato dell’estate potrebbero scoperchiare qualche vaso di Pandora? Fossi Matteo Salvini, stante la situazione, parlerei chiaro. E stanerei gli alleati. Perché già un’Ursula-bis si sostanzierebbe come un clamoroso tradimento del risultato elettorale e delle promesse che lo hanno anticipato. Ma uno stralcio statalista e parassitario dell’Autonomia differenziata, quasi a voler compensare in grande stile l’addio al Reddito di cittadinanza, significherebbe condannare a morte l’economia del Nord. Perché la bufera è alle porte. Occorre solo capire da quale direzione spirerà il vento. Altrimenti, la questione Mes sarebbe rimasta nel cassetto. E non posta all’ordine del giorno, mentre scalpitano i Dottor Stranamore.
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