Quello di Bill Blain non è un nome conosciuto al grande pubblico, soprattutto italiano. Ma se per lavoro o passione segui il mercato, il suo Morning porridge è appuntamento imperdibile per capire quale sarà il sentiment della giornata. Con oltre 30 anni di esperienza in banche e società di brokeraggio di primo livello, Bill Blain è strategist alla Shard Capital: insomma, quando parla, sa cosa dice. E, soprattutto, è abituato a non fermarsi all’orizzonte visibile a tutti. Scava sotto terra, sbircia sotto il pelo dell’acqua, si mimetizza nell’erba alta e, scusate il francesismo ma è il detto a recitare così, scopre dove vanno a pisciare i cani grossi. Inquadrato il personaggio, capite da soli che quando la sua lettura del caos di mercato dell’ultima settimana viene sintetizzata nella seguente formula interrogativa – Is this the “market spring”? -, serietà di analisi vuole che ci si fermi un attimo a riflettere.
Insomma, uno degli analisti più brillanti e meno ortodossi in circolazione si chiede se per caso la rivoluzione dal basso nata sottotraccia con il boom del trading on-line e ora esplosa con il trionfo degli short squeezes sul titolo di GameStop, versione nerd e finanziaria della presa del Palazzo d’inverno, non sia il corrispettivo di mercato delle Primavere arabe: quantomeno interessante. E inquietante, alla luce dei risultati portati con sé da quelle rivolte nate davvero per il pane e il lavoro, ma presto tramutatesi nell’ennesimo caso di sobillazioni eterodirette del Dipartimento di Stato Usa in aree calde del mondo. Insomma, qualcuno sta utilizzando la sacrosanta rabbia del cittadino medio verso Wall Street per ottenere un reset di mercato che non abbia banche e fondi come unico capro espiatorio?
Se ricordate, io stesso nel mio piccolo avevo avanzato questo dubbio pochi giorni fa. E il passare dei giorni e degli accadimenti mi fa pensare sempre di più di essere stato nel giusto. Oltreoceano il movimento dei daily traders radunatosi su Reddit e WallStreetBets sta ottenendo molta solidarietà, persino politica. La pasionaria della sinistra dem, Alexandria Ocasio-Cortez, si è schierata al loro fianco contro la decisione di Robinhood di bandire la vendita di azioni GameStop e di altre micro-caps finite nel mirino dei rialzisti da divano e immediatamente ha suscitato l’approvazione bipartisan del repubblicano Ted Cruz. Nemmeno a dirlo, Elon Musk è dichiaratamente al loro fianco, non fosse altro per il brutto rapporto passato di Tesla con gli short sellers. E in tal senso, sta utilizzando tutto il suo carisma social per intorbidire ulteriormente le acque, avendo gettato un sasso nello stagno delle criptovalute con un tweet che si è rivelato una vera bomba a mano per Bitcoin e Dogecoin. Sulla stampa e soprattutto in Rete fioriscono narrazioni romanzate di quanto sta accadendo, fra cui quella di tale Space-Peanut su Reddit, il quale spiega la sua scelta di combattere gli hedge funds a colpi di acquisti on-line per vendicare la memoria del padre, divenuto alcolista e per questo deceduto dopo aver perso il lavoro e la casa, mentre gli hedge funds festeggiavano a champagne, guardando dalle finestre le manifestazioni di OccupyWallStreet.
Strappalacrime, sicuramente. Toccante. E maledettamente mediatico, materiale perfetto per un instant-drama su Netflix. Ma al di là del fatto che una storia del genere la può inventare, scrivere e postare chiunque e che i social hanno una lunga storia di mitomania e utilizzo distorto (non fosse altro per l’abuso di pseudonimi e identità allegre), occorre inquadrare bene il contesto in cui tutto questo sta avvenendo. E a mio avviso, questi due grafIci fanno al caso nostro.
Il primo sintetizza i risultati dello studio compiuto da Axios rispetto al grado di fiducia dell’opinione pubblica nei mass media tradizionali negli Stati Uniti: con il 27% siamo al minimo storico. Perfetto per chi vuole che la realtà venga veicolata proprio da quei social media che hanno generato campagne di disinformazione da Oscar, a partire dal Russiagate in poi. E lo dico essendo il primo critico dei mezzi di informazione establishment, quelli che con un certo sprezzo del ridicolo – non so quanto involontario – in Italia abbiamo ancora il coraggio di definire autorevoli. Ma signori, quantomeno la stampa ufficiale ha un minimo di controllo cui fare riferimento e, soprattutto, padroni tanto potenti quanto noti nei loro interessi e posizionamenti. Quindi la sua narrativa, ancorché di parte, è facilmente tarabile nel livello di distorsione applicato al veicolare le notizie. I social network, da questo punto di vista, rappresentano davvero il lato oscuro. Il secondo grafico è ancora peggiore, quantomeno alla luce della variabile Covid, a mio avviso tutt’altro che in via di risoluzione, stante gli strani stop-and-go in atto attorno alla campagna vaccinale globale. Stando a dati dell’ultimo Trust Barometer della Edelman Research, sondaggio compiuto fra il 19 ottobre e il 18 novembre scorsi su oltre 33.000 persone in 28 Paesi nel mondo, infatti, nella seconda metà del 2020 il tasso di fiducia globale verso i governi e le istituzioni è letteralmente crollato dai massimi raggiunti a maggio. Timing perfetto: quando si pensava che il Covid fosse sconfitto, la gente è tornata a fidarsi dei governanti che la avevano salvata dalla pandemia. Non appena si è materializzata la seconda ondata tardo-estiva e autunnale, tracollo. E ovvio che, in un contesto simile, Wall Street e il concetto stesso di finanziarizzazione estrema del sistema risultino come perfetto capro espiatorio, bersaglio legittimo, detonatore e miccia di un carico di esplosivo che dal 2008-2009 ha continuato a crescere di volume e livello di instabilità.
Troppo facile, però. E con tempismo appunto troppo su misura. Com’è possibile che gli stessi hedge funds che per mesi hanno salvato i loro conti in rosso proprio tracciando i flussi di trading retail che acquistavano da piattaforme di brokeraggio in odore di doppiogiochismo, si siano poi fatti cogliere tutti quanti con la guardia abbassata di fronte a uno short squeeze di questa profondità, magnitudo e durata? Oltretutto, organizzato in Rete su chat che proprio i fondi monitorano in continuazione, in ossequio alla business intelligence? Qualcosa non quadra. E ce lo mostra plasticamente questo grafico basato su dati elaborati venerdì sera dopo la chiusura di Wall Street e quindi delle contrattazioni settimanali a livello globale.
Quello che vedete rappresentato in gergo tecnico si chiama gamma phase reversal, di fatto l’inversione della dinamica che ha reso possibile le follie dei cinque giorni di trading che ci siamo lasciati alle spalle. Le opzioni call, rialziste, calano e quelle put, al ribasso, invece ora salgono. Tradotto: se non interviene qualcosa o qualcuno fra il weekend ancora in corso e la giornata di domani, la prossima settimana sul mercato sarà decisamente caotica. Forse più di quella appena conclusa. La quale, in effetti, ha fatto piangere qualche hedge funds e svelato gli altarini di Robinhood, costretto a prosciugare tutte le sue linee di credito bancario per tamponare le perdite sulla limitazione del trading e a chiedere (e ottenere, chissà su garanzia di chi) nuova liquidità per circa 1 miliardo.
Dietro a quella che è stata ribattezza la Reddit rebellion, però, state certi che c’è una regia ben precisa. Qualcuno che con largo anticipo ha pianificato questa Primavera araba del mercato, creandone i presupposti. Fate mente locale, quanto tempo fa ho cominciato a far notare come la gran parte dei picchi di mercato equity fossero nulla più che enormi short squeeze, resi possibili da una sovrabbondanza di liquidità da Banche centrali che garantiva continuo afflusso di acquisti alla ricerca disperata di un minimo di return? Bene, gli short squeezes della scorsa settimana hanno rappresentato la sublimazione della strategia, il picco assoluto. Che qualcuno, regolatori come la Sec in testa, ha voluto fosse raggiunto, guardandosi bene dal porre un freno agli eccessi del trading on-line in tempo, quando ancora si poteva evitare l’assalto alla diligenza delle opzioni, ad esempio. Ora, invece, a ricalibratura avvenuta, sfoderano posture da sceriffo. Ma se in tempo di sfiducia globale verso media mainstream e governi, il tassello che manca al tuo mosaico di big reset è quello di un’altra crisi finanziaria – magari che metta questa volta sul banco degli imputati anche la rabbia condivisibile ma mal incanalata dei cittadini e non solo l’avidità dei banchieri -, ecco che il quadro pare delinearsi in maniera quasi perfetta. Faustiana, certo. Ma perfetta.
Ancora poche ore e quando le macchine si riaccenderanno nel casinò globale, forse avremo qualche risposta in più. Una cosa è certa: se il 2020 è stato un anno incredibile, quello appena iniziato rischia di umiliarlo in quanto a effetti speciali e fuochi d’artificio.