Botta e risposta. Brutto segno. Bruttissimo. Perché se in prima battuta Global times, il megafono del Governo cinese, aveva dedicato alla scelta italiana di abbandonare il memorandum sulla Via della Seta solo un articolo molto critico, lunedì siamo arrivati all’editoriale. E all’utilizzo di un termine che si pone come contraltare di un aggettivo. Quest’ultimo è scellerata e qualificava – a detta del ministro della Difesa, Guido Crosetto – la scelta italiana di firmare quel documento di intenti. La risposta cinese: regret. Rimpianto. In questo caso, riferito alla decisione di stracciare quell’impegno.
E i bene informati fanno sapere che a Pechino non ha dato troppo fastidio l’utilizzo in sé di quello scellerata, bensì il seguito del ragionamento del ministro: ovvero, l’Italia prende il memorandum e lo getta nel cestino, ma continuerà ad avere buoni rapporti con Xi Jinping. Come dire, noi sappiamo come abbindolare e rabbonire qualsiasi interlocutore. Insomma, Xi Jinping trattato come un Carlo Calenda o un Matteo Renzi qualsiasi. Così trattiamo il capo di Stato che ha convinto negli ultimi 20 giorni la Casa Bianca a muovere le pedine diplomatiche in assoluto più pesanti sullo scacchiere – Janet Yellen e Henry Kissinger – pur di frenare potenziali escalation nella tensione. Gli Usa vogliono trattare la divisione del mondo con la Cina? Per ora, ovviamente sì. Non è certo questo il momento delle contrapposizioni frontali. Anzi, questo è il tempo che George Orwell definì come caratterizzato dal principio di inganno universale.
Guido Crosetto non deve avere letto George Orwell. E, purtroppo, nemmeno Sun Tzu. E se occorrerebbe chiedersi come mai a Roma si ricorra sempre più spesso alla figura del ministro della Difesa per trattare temi non direttamente riconducibili agli ambiti operativi del suo dicastero – forse per un tacito accordo con la Nato nella gestione della vicenda Cina? -, il titolo di apertura del Corriere della Sera di ieri dovrebbe far riflettere tutti. Soprattutto alla luce dell’intervento in Aula del ministro Fitto sul Pnrr e su quei fondi rifiutati dall’Italia e destinati a tramutarsi da subito in progetti ora senza più copertura.
Certo, il ministro ha garantito che i 35 miliardi della terza e quarta tranche arriveranno entro l’anno (solo tre giorni fa si parlava di subito o al massimo settembre), ma tutti sappiamo a cosa serviranno: a evitare che il buco da 30 miliardi di crediti incagliati del superbonus si tramuti in un colossale Npl innescato come una bomba a tempo sotto il nostro sistema creditizio. Il Corriere parlava chiaro. E parlava di strada in salita e di nuove riforme richieste dall’Ue in cambio dei fondi. Signori, il Pnrr è una tela di Penelope che viene disfatta ogni notte per andare incontro alle continue variazioni e richieste di Bruxelles. Di fatto, chi temeva le condizionalità del Mes sanitario è servito. Sicuri che sia il momento più adatto per tramutare Pechino in un nemico dichiarato?
Certo, chi all’estero vuole un’Italia in versione agnello sacrificale di una nuova crisi europea che autorizzi misure emergenziali e deficit, applaude. Ma a Roma? E qui non siamo più alla critica basata sui pareri e i punti di vista. L’ultima settimana, in tal senso, è stata rivelatrice. Immaginate di andare al cinema. In programma c’è la versione restaurata di Amici miei. All’intervallo, vi alzate per sgranchire le gambe. Chi ancora ha il vizio, corre a fumare una sigaretta. Buio in sala, l’intervallo è finito. E parte il secondo tempo di Shining. Quantomeno bizzarro. Il proiezionista è in vena di scherzi? Si è confuso? Oppure fin dall’inizio era programmato Shining e dopo l’errore iniziale, si è deciso di tornare al cartellone originario?
bbene, a me pare di essere al cinema oggi. Per l’esattezza, in quel cinema un po’ bislacco. E non perché, a sorpresa (dei soliti noti, certamente non mia e ciò che scrivo ne è conferma), nel secondo trimestre il Pil dell’Italia si è contratto dello 0,3%, a fronte del +0,3% dell’eurozona. Bensì perché la Fabi-Cisl, il sindacato dei bancari, parla chiaramente di shock finanziario in arrivo per le famiglie italiane. In contemporanea, Confindustria mette in guardia da un credito troppo caro che blocca gli investimenti e frena la crescita. Nel frattempo, in autostrada la benzina arrivava a 2,5 euro per litro. La risposta del Governo? L’obbligo di esporre il prezzo medio. Praticamente, aspirina contro il cancro. E il ministro Urso convocava addirittura i vertici di grande distribuzione e industria alimentare per calmierare i beni di prima necessità. Sempre in contemporanea, il Viminale allertava le Prefetture di tutta Italia per rischi di potenziali e imminenti tensioni sociali legate alla fine del Reddito di cittadinanza. La Cgil, poi, decide di rompere gli indugi e annuncia uno sciopero generale per l’autunno contro la manovra finanziaria. Ex ante, quando formalmente ancora il Def è tutto da scrivere. Ecco il secondo tempo cui stiamo assistendo. Molto simile a Shining. Eppure, fino a dieci giorni prima sullo schermo era tutto un vortice di ottimismo e risate. Pil migliore di Germania e Francia, Confindustria silente sui rischi dell’economia, bancari unicamente preoccupati del rinnovo contrattuale e dei dividendi nelle trimestrali, sindacati in modalità concertazione ad libitum per evitare che l’autonomia differenziata spazzi via i contratti nazionali e il loro ruolo egemone, inflazione che ormai stava calando. Quantomeno nell’attenzione dei media.
Cosa accade? Quale film era quello giusto, a quale programmazione dobbiamo fare riferimento? Mi sono limitato a mettere in fila dei fatti, inoppugnabili. Ora avanzo un’ipotesi, tutta mia. Stranamente, il cambio di bobina è avvenuto in concomitanza con l’ok dell’Europa alle due tranche del Pnrr entro la fine dell’anno. A sua volta, accelerazione impressa dallo stralcio pressoché totale del piano originario e da una riscrittura che ha visto il prepotente ingresso tra i beneficiari di vari bonus edilizi ed energetici. Da quel momento, realismo a badilate. Probabilmente sarò il solito pessimista. Ma temo che questa svolta nella narrativa sia figlia di una clessidra che non ha più sabbia. E che non può più essere rovesciata. Cosa ci attende, alla fine del film? Forse un trailer del prossimo. Una riedizione del 2011. Perché nessun pasto è gratis. Tantomeno quello che ha tamponato i nostri conti in un afoso luglio, prima che fosse tardi. E ora, tanto per gradire, trattiamo la Cina come fosse Malta. Dissolvenza, per carità di patria.
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