Sabato di silenzio elettorale. Le orecchie ringraziano sentitamente, dopo settimane di bestialità economiche assortite. E assolutamente bipartisan. Ma su un punto, invece, occorre continuare a battere il ferro, almeno da parte mia: l’Italia, qualunque sia il risultato del voto e quindi la composizione di governo che la guiderà dal 22 settembre in poi, prenda subito tutti i fondi europei possibili. Anzi, si focalizzi unicamente su quelli pronta cassa. Lo ha già fatto con quelli destinati al contrasto della disoccupazione, lo Sure e ha fatto benissimo: 28 miliardi ipotecati. Ora, smettiamola con le idiozie sulle condizionalità (altrimenti, chiediamo alla Bce di non comprare più Btp almeno saremo davvero “sovrani”, nel bene ma anche nel male e capiremo l’effetto che fa) e attiviamo subito il Mes. Ma subito. Perché la situazione sta silenziosamente ma sempre più rapidamente precipitando. E l’epicentro è nientemeno che la centrale di comando delle operazioni di salvataggio: la Bce.



Christine Lagarde ormai non conta più nulla, messa all’angolo dalla sua stessa incapacità conclamata, prima ancora che da supposti complotti. Lo dimostra quanto accaduto nell’arco di una sola settimana dall’ultimo board dell’Eurotower, quello tenutosi non più tardi del 10 settembre scorso. E molto atteso, essendo il primo dopo la pausa estiva e quello destinato a dare una direzione alla politica monetaria verso un autunno su cui grava la pesante incognita di nuovi lockdown nell’eurozona. Senza scordare il tasso di cambio dell’euro, pericolosamente alto se si vuole stimolare un’inflazione in coma profondo e garantire alla ripresa economica il boost dell’export.



Come madame Lagarde abbia gestito quest’ultima vicenda, l’ho raccontato più volte e con dovizia di particolari. Non a caso, non più tardi di giovedì scorso, il vice-presidente della Bce, Luis de Guindos, è tornato sul tema, sottolineando come “il tasso di cambio dell’euro rappresenta un elemento fondamentale per l’inflazione dell’eurozona”. Di fatto, perfettamente in linea con il capo economista Philip Lane e in netto contrasto con la ridicola linea di ridimensionamento della questione sposata dalla numero uno in conferenza stampa. Ora, già così ci sarebbe – stante la delicatezza della situazione – da chiedere le dimissioni dell’ex capo del Fmi. Immediate. E per giusta causa. Ma c’è di peggio. Perché poco prima che Luis de Guindos commentasse in quel modo il nuovo, deludente dato CPI relativo alle dinamiche dei prezzi della zona euro, la stessa Bce compiva una manovra degna di un maestro dell’improvvisazione e della navigazione a vista.



Quando le Borse europee già viravano in negativo di oltre un punto percentuale, sul sito dell’Eurotower compariva uno stringato e anonimo comunicato stampa nel quale si annunciava l’ultima mossa emergenziale in fatto di supervisione bancaria: l’esclusione temporanea – per gli istituti sistemici dell’eurozona – dell’esposizione verso la Banca centrale dalla loro ratio di leverage. Ovvero, non rientreranno in quel misuratore gli assets come monete, banconote e gli stessi depositi detenuti presso l’Istituto centrale. Una mossa meramente tecnica, accountability pura. Almeno in apparenza. Ma decisamente concreta, quasi da bottegaio, per i bilanci delle cosiddette G-SIBs (Globally Sistemically Important Banks) europee e le sussidiarie di banche estere operanti nell’eurozona.

E a far riflettere è il fatto che, nonostante il basso profilo scelto per comunicare la decisione, l’Eurotower non abbia fatto nulla per nascondere il carattere di allarmante eccezionalità dell’ennesima deroga concessa: “Circostanze eccezionali legate alla crisi da coronavirus”. La scusa pret-a-porter per la stagione autunno-inverno 2020/2021, prepariamoci. Perché allora la deroga appena comunicata resterà in vigore fino a 27 giugno 2021? E come mai, non più tardi del 10 settembre scorso, la stessa Bce ha tenuto il suo board e la rituale conferenza stampa di Christine Lagarde, nel corso dei quali però non è stato fatto minimamente cenno alla nuova criticità cui si è appena messo mano? Forse perché nel frattempo Moody’s ha tagliato con il machete il rating della Turchia, una mossa non programmata che ha mandato a zampe all’aria le banche spagnole, le più esposte del continente ai guai dei conti pubblici di Ankara?

Ed eccoci al passo successivo, quello che mi spinge a invitare il Governo italiano a non perdere altro tempo e attingere a tutto ciò che è disponibile con elargizione pressoché immediata. Parlando in video-collegamento a un evento nella natia Spagna, ieri Pablo Hernandez de Cos ha infatti scoperchiato il vaso di Pandora, rendendo ancora più drammaticamente palese la frattura in seno al board della Bce. E l’ormai residuale ruolo ricoperto da Christine Lagarde, ora sì nel mirino di chi la vorrebbe fuori dalla stanza dei bottoni prima che la seconda ondata di crisi colpisca l’eurozona. “Non può essere escluso che sarà necessario aggiungere nuovo stimolo per raggiungere i nostri obiettivi di supporto alla ripresa economica, dopo il rallentamento registrato nel mese di agosto e di stimolo all’inflazione”, ha dichiarato.

Ora, siamo seri per un istante. Al di là della mossa di Moody’s che ha obbligato la Bce a intervenire con l’ennesima deroga sulle ratio di leverage delle banche, cos’è accaduto dal 10 al 17 settembre per portare a un’apertura simile verso nuovo stimolo, ovvero misure organiche a livello espansivo? Nulla. Perché allora le parole di Pablo Hernandez de Cos non sono state pronunciate da Christine Lagarde in sede di conferenza stampa post-board, anche solo con carattere di mera apertura potenziale? Volete dirmi che il Consiglio direttivo non ha parlato dell’argomento e che il nostro eroe ieri mattina sia impazzito, decidendo di sua sponte di annunciare una possibile nuova ondata di misure di supporto senza averla concordata? Difficile. Anche perché parliamo dell’ex governatore del Banco de España, presidente del Basel Committee on Banking Supervision e capo dell’Advisory Technical Committee dello European Systemic Risk Board. Oltre che attuale membro del Consiglio direttivo dell’Eurotower. Non esattamente un passante, insomma.

A chi sono in mano, quindi, i destini dell’eurozona? Chi è al timone della Banca centrale, chi comanda e detta la linea a Francoforte? Quanto è grave la fragilità sistemica del sistema bancario, se si è dovuti intervenire emergenzialmente con una deroga decisa quasi certamente in una call notturna e resa nota la mattinata seguente con un laconico comunicato? Immagino al fine di non dare nell’occhio al di fuori del novero degli addetti ai lavori e dei diretti interessati, ad esempio una banca sotto pressione come l’iberica Bbva, controllore al 50% del terzo gruppo bancario turco e crollata ai minimi dal 1995 sull’Ibex dopo la comunicazione di Moody’s. Guardate questo grafico, il quale mostra l’ammontare monstre di liquidità garantita dalla Bce alle banche europee attraverso i vari cicli di aste di rifinanziamento a lungo termine, classificate tramite le varie colorazioni in base all’anno di emissione del prestito e alla sua scadenza di rimborso.

Nella settimana che va a concludersi, i rimborsi volontari sono stati pari a un ammontare di 10,9 miliardi di euro, 6 dei quali in riferimento al Tltro2. Casualmente, la prossima settimana si terrà una nuova asta di rifinanziamento, il cui allotment è molto più basso di quello alluvionale distribuito e interamente allocato lo scorso giugno. E sempre casualmente, prima di quell’appuntamento la Bce interviene sulla ratio di leverage delle banche sistemiche: scommettete che ci sarà molta più richiesta di liquidità del previsto all’asta della prossima settimana? Magari tale da “imporre” un aumento dell’allotment? E scommettete che ve lo venderanno come sintomo di volontà delle banche di fornire liquidità all’economia reale, a famiglie e imprese? Balle. Il meccanismo di trasmissione del credito è in stato comatoso al pari dell’inflazione nell’eurozona. Forse peggiore.

Quanto è in crisi il sistema bancario e quanto rischia di schiantarsi contro gli iceberg nascosti nei vari Level 3 dei bilanci o le criticità geopolitiche e geofinanziarie in agguato da qui al voto presidenziale del 3 novembre? Perché credete che negli Usa i banchieri stiano dando via libera alla richiesta di ottenimento anticipato dai bonus di fine anno, come raccontato da Bloomberg, solo perché temono tagliole e tassazioni populiste in caso di elezione di Joe Biden?

Riflettete, qui le cose stanno per complicarsi e non poco, non foss’altro perché all’Eurotower regnano l’anarchia e l’improvvisazione al potere. A Roma ne prendano atto. E portino a casa tutto ciò che è a disposizione tramite la Commissione Ue, finché ancora tira aria di falso e auto-imposto ottimismo. Perché domani rischia di essere già tardi.