In questo Paese si parla di tutto, tranne che di cose serie. Non so se vi siete accorti, ma, dopo giorni in cui pareva che il mondo stesse per crollare, la questione europea è letteralmente sparita. Eppure, Ursula von der Leyen sta ancora mercanteggiando in stile suk il suo bis alla guida della Commissione. L’Europarlamento deve ancora votare. Nulla, di fatto, appare deciso.
Certo, qualcuno continua ad agitare il babao del ballottaggio francese, quasi la pantomima neo-resistenziale che domani andrà in scena Oltralpe potesse davvero cambiare qualcosa. Qui ci occupiamo di applausi inseriti nei servizi dei TG in stile Istituto Luce. Di deliranti proposte ministeriali di trasporto con elicotteri dei turisti. Della nostalgia per Alitalia, quasi si potesse avere un sentimento di malinconia romantica verso il proprio usuraio, una volta saldato il debito. Cerchiamo per un attimo di guardare in faccia la realtà. Ovvero, gli anni a venire. E dico anni non per spaventare ma perché un politico dovrebbe ragionare in base a questa distanza temporale. E non in prospettiva solo del prossimo turno elettorale.
Guardate qui. Questo grafico ci mostra la prospettiva di deficit dell’Eurozona e di alcuni Paesi membri, da qui al 2028. Non a caso, il grafico è stato elaborato da Longview Economics. Nomen omen.
Date un’occhiata alle traiettorie di Francia e Italia. Ciò di cui parlavo due giorni fa: l’asse Roma-Parigi è nei fatti. E nel debito. Forse per questo, agendo in base a un’irrituale preveggenza, al Colle hanno optato per un patto bilaterale così forte? Meglio unire due debolezze, stante i tempi che ci attendono.
Chiaramente, tutti scontano il fattore Covid. Tutti si sono indebitati. Tutti hanno operato in deficit spending. Occorreva sostenere l’economia e le famiglie. Nel caso tedesco, occorreva salvare il sistema di utilities energetiche dalla doppietta folle di sanzioni alla Russia e agenda green. Ora, però, occorre rimettersi in carreggiata. Non a caso, il Patto di stabilità riformato è sul tavolo. Le procedure di infrazione già partite. E la stessa Christine Lagarde, parlando da Sintra, ha ricordato come i vincoli di bilancio vadano rispettati. E quando a dirlo è la titolare della tipografia, meglio prendere appunti. Al Mef tacciono. Anzi, preferiscono addirittura parlare di Alitalia e Rete TIM. Tanto per farvi capire quale sia lo scenario cui si stanno preparando.
Viste così, quelle candele rosse non fanno paura. Forse perché sovrastano un’area ombreggiata di grigio che simbolicamente rappresenta il futuro. Pessimo abbinamento cromatico. Ma evocativo. Per questo Governo e opposizione si trastullano con idiozie ad alto tasso di reazioni social: perché sono obbligate a vivere nell’oggi, se intendono sopravvivere al domani.
Nessuno vi dirà in faccia cosa vi attende. Nessuno. Nemmeno ora che il voto europeo è archiviato e, al netto di un Papeete 2.0 mai da escludere a priori, non paiono alle viste nuove gite alle urne almeno per un paio di annetti. Quelle candele rosse evocano Natale. Ma non portano doni. Portano tagli. Perché quando hai il rapporto deficit/Pil al 7,2% e devi operare in base a quel cronoprogramma di riduzione, c’è poco da fare. O alzi le tasse e ti condanni politicamente a morte. Oppure tagli. E utilizzi la spatola per smussare gli angoli maggiormente appuntiti. Sperando che la gente non se ne accorga. O, quantomeno, che lo faccia chi non rappresenta la tua base elettorale più fedele.
Da qui al 2028 sarà un bagno di sangue sociale. Nessuno ve lo dice. Ma è inevitabile. Scritto nei numeri. E scritto in un Patto di stabilità che al vertice dei ministri dell’Agricoltura, l’Italia come Governo ha approvato. Dopo la pantomima delle astensioni in sede di Europarlamento. Metafora perfetta. I partiti giocano ai distinguo, visto che comunque il voto per il rinnovo delle istituzioni di Bruxelles doveva ancora tenersi. Ma col favore delle tenebre simbolico di una riunione che interessava unicamente ai congiunti del ministro Lollobrigida, l’Esecutivo ha detto sì. Ha firmato quei numeri. Ha firmato quella riduzione delle candele. Consumate.
Ma non c’è nulla di cronologicamente romantico. Non si tratta di cera che cola e fiammella che vacilla. Ci saranno tagli lineari. Perché per quanto tu possa avere una borsa piena di bisturi, se è cancrena, devi amputare. Con la sega. E non è un caso che Italia e Francia siano nella medesima condizione. E non è un caso che Italia e Francia siano, oggi, i Paesi maggiormente a rischio di stress test ed esperimento socio-economico. Non è un caso che, stante l’ennesimo, rivoltante pastrocchio politico ex ante, in Francia si evochi l’arrivo del Draghi d’Oltralpe. Governo tecnico.
Preparatevi quindi all’ennesimo e contestuale ritorno dei gilet di qualche colore, manifestazioni ogni sabato e tutto il coté di falsa rivolta sociale cui abbiamo assistito negli anni passati. Stessa moneta, due facce. Statalismo e debito. Era tutto programmato. Ludwig Von Mises scrisse che ogni crisi del debito è seguita da una crisi di mercato, un momento di tensione sociale e l’instaurazione conseguente di regime di crisi politica che porta sempre a un ulteriore accentramento del potere. Sia che lo operi la destra che la sinistra. Riguardate le dinamiche di Italia e Francia legate al deficit. Pensate ai percorsi politici dei due Paesi. Pensate, ad esempio, alla meteora 5 Stelle. Arrivata. E ora quasi sparita. Nel mezzo? Un’esperienza di governo che ha letteralmente dato il via all’effetto domino sulla destabilizzazione terminale dei conti pubblici. I Grillini, quelli che rifiutavano il debito come concetto, hanno lavorato per creare le condizioni della sua ristrutturazione.
Come siamo arrivati al 7,2% di deficit/Pil, quella candela che incombe come una spada di Damocle sulle Finanziarie dei prossimi 4 anni, ipotecate senza fiatare dal governo Meloni? Tramite la bomba a orologeria del Superbonus. Ovvero, politiche apparentemente espansive e keynesiane che hanno letteralmente distrutto il già labile equilibrio di sostenibilità dei nostri conti pubblici.
Stampatevi quel grafico. Prendete un magnete, uno che vi ricordi un bel viaggio e attaccatelo sul frigorifero. Tenetelo sempre sotto controllo. Sempre a portata di ottimismo. Sempre, soprattutto, come reagente alle bugie che maggioranza e opposizione vi spacceranno come pusher da qui ai prossimi 5 anni.
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