Potrei dire che il cerchio si sta chiudendo. Invece no, il cerchio si è già chiuso. Non occorre aspettare la capitolazione totale della Fed dopo i proclami di normalizzazione, quella della Bce dopo la chiusura del Qe, a cui aveva abboccato soltanto chi di economia capisce quanto io di ingegneria idraulica o la risoluzione della farsesca crisi politica italiana. No, signori, l’atto che segna la fine dell’inganno sovranista e il disvelamento del ritorno alla “normalità”, inteso come new normal di un nuovo mondo post-2008, il grande reset di cui vi parlo da mesi, è già avvenuto. Cosa vi dico dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca? Che il sovranismo globale – Usa ma anche Brexit, “gilet gialli” e “Governo del cambiamento” nostrano – è soltanto un morphing del sistema andato in crisi terminale con il crollo Lehman, una necessaria muta della pelle per far tornare accettabile dall’opinione pubblica il concetto stesso di establishment, l’idea che al mondo le classe dirigenti esistono per un motivo. E continueranno a esistere, statene certi.
Serviva un’ondata di populismo grondante sangue (grazie al cielo, solo metaforico) per placare la sete di vendetta del mitologico 99% del mondo solennemente proletarizzato e condannato a una vita a debito strutturale dagli azzardi cominciati con l’epoca della globalizzazione. E l’ondata è arrivata: impetuosa, travolgente, devastante come uno tsunami. Chi si aspettava, davvero, la vittoria di Donald Trump? E chi quella del Brexit? E chi la nascita di un governo fra M5S e Lega, dopo che in campagna elettorale si erano scambiati insulti pressoché quotidiani, tornati ora di moda? Eppure, tutto ciò che sembrava impossibile, è divenuto realtà. Poi, i primi intoppi. Le europee, ad esempio, dove il ruolo dei sovranisti è stato sommamente ridimensionato nell’ambito per loro più strategico, lasciandoli a bocca asciutta in fatto di poltrone che contano. Le primarie Usa, con un Congresso spaccato in due che offriva a Trump sempre nuovi motivi di scontro ma sempre meno armi effettive: et voilà, poteva quindi partire la crociata contro la FED, benedetta anche dai Democratici, visto che non mi pare di aver sentito alti lai contro l’attentato del Presidente nei confronti dell’indipendenza della Banca centrale. Per forza, o Powell cede e stimola o vien giù tutto. E Wall Street non si tocca nemmeno in casa democratica.
È stata una sequela senza precedenti di eventi preparatori e di distrazione di massa, un piano straordinariamente congegnato. Ora, poi, l’atto finale: la pagliacciata sesquipedale della Business Roundtable, il manifesto per un nuovo capitalismo dal volto umano, attento a diritti e ambiente, stilato da 181 grandi aziende Usa. Ovvero, il grande mea culpa mediatico della Corporate America. Il bacio del rosario del ministro Salvini, in confronto, è simbolo di autentica e viva devozione. Cosa vi avevo detto? Le élites hanno bisogno di due cose: rifarsi una verginità e creare condizioni tali di caos e malumore fra le popolazioni da veder lastricato il loro viale del ritorno al potere. E cosa sta accedendo a Roma in queste ore? Di colpo, è bastato un comizio l’8 di agosto. Tutto franato, nemmeno una sbrisolona sotto un colpo di forchetta finisce così in fretta in mille pezzi. Che strano.
Ed ecco, quindi, che l’establishment, quello vero, torna alla carica dopo la sua muta da lucertola. A partire dal suo epicentro, ovvero gli Usa: basta guardare solo al profitto, mettiamo dinanzi a tutto i diritti dei lavoratori e le tematiche di tutela ambientale! Ovvero, come sta già accadendo, una bella campagna per il salario minimo globale (Ue a guida Ursula in testa, guarda caso) – dopo che proprio in America quella scelta ha devastato il sistema e fatto aumentare a dismisura i prezzi – e una bella lavata di coscienza delle multinazionali, le quali continueranno a fare i loro comodi, ma lo faranno con attenzione maggiore ai diktat delle varie Greta in circolazione. Magari, delle belle donazioni a fine anno. Addirittura, la rinuncia ai bonus per un intero trimestre, da devolvere alla tutela di qualche foresta sconosciuta da salvare.
Però, voglio proprio vederla la Nike che fabbrica le sue scarpe in Thailandia, pagando i lavoratori come sarebbe costretta a fare nel natio Oregon e poi non porta il prezzo delle sue sneakers da 150 a 300 dollari, non potendo più operare sui margini! Perché scordatevi che ritornino in patria a produrre, visto che questo significherebbe devastare le economie emergenti, le quali – piaccia o meno – su quello “sfruttamento” occidentale ci campano, altrimenti morirebbero letteralmente di fame. È la stessa storia di chi continua a dire che i migranti vanno accolti a prescindere, visto che noi deprediamo l’Africa di materie prime e li obblighiamo così a scappare in cerca di fortuna.
L’Occidente sfrutta l’Africa? In parte, sì. L’Africa sarebbe la Svizzera senza sfruttamento occidentale? No. Fate un test: chiedete a un nigeriano che abita e lavora in Nigeria, se si dice favorevole alla chiusura di tutti i pozzi di trivellazione e le infrastrutture petrolifere occidentali e al loro ritiro unilaterale dall’economia del Paese. Però chiedeteglielo stando a dieci metri di distanza, almeno eviterete di prendere un pugno in faccia e avrete un po’ di vantaggio per scappare dalla sua ira. Signori, basta ipocrisie: l’Occidente ha sempre sfruttato, perché c’era da sfruttare e l’Africa non ha il know-how per farlo. Infatti, muore di fame. Storicamente e quasi ontologicamente. Punto. Vi invito a leggere lo splendido pezzo di Giulio Meotti su Il Foglio di mercoledì scorso riguardo la benedetta rivolta di parte degli intellettuali francesi contro la dittatura del catastrofismo pauperista ed ecologista. E non serve scomodare, come fa qualcuno, l’ultra-liberismo selvaggio o il mercatismo dei Chicago Boys: piaccia o meno, la crisi che ha devastato il sistema e cambiato letteralmente il mondo in cui viviamo, quella innescata dai subprime, è nata per volontà politica di eguaglianza mal riposta, ideologica e demagogica.
Certo, banche e finanziarie hanno cartolarizzato criminalmente anche l’ultimo mutuo in circolazione in Florida, ma chi aveva imposto agli istituti di credito di concedere prestiti e mutui a chiunque, pena multe, perdita di filiali e concessioni degli sportelli bancomat e altre sanzioni? Bill Clinton. Ovvero, la politica. Quella dal volto umano, quella delle multinazionali responsabili, del capitalismo etico, della globalizzazione selvaggia spacciata per maggiori diritti per tutti. La stessa melassa ipocrita fino al midollo che oggi vede 181 aziende Usa tramutarsi in Onlus od Ong, pur di veder tornare i loro referenti diretti in fretta al timone del potere, dopo la purga necessaria del populismo eterodiretto.
La commedia, ormai, ha dipanato la sua trama. Non aspettatevi particolari colpi di scena: la Fed è pronta a tornare al grande stimolo, come serve per evitare la catastrofe. E chi poteva compiere un lavoro sporco del genere, degno di Mr. Wolf de Le iene, se non un pazzo come Donald Trump, un fuori linea, un reietto delle buona maniere e dell’intelligencija globale e globalista? Ottenuto il risultato, si può tornare lentamente alla normalità: d’altronde, se anche i capitalisti più incalliti hanno capito la lezione. Lo stesso vale per l’Europa: Mario Draghi ha imposto la sua linea di Qe strutturale, madame Lagarde non farà altro che osservare i comandi dell’automobile che eseguono gli impulsi dettati dal pilota automatico. Spread salvo per Italia e Spagna, Grecia che non soffre più (sparita dal radar, dopo le elezioni vinte dal centrodestra) e banche tedesche e francesi, stracariche di immondizia nascosta sotto nomi esotici nei bilanci – e che molti di voi nemmeno sanno di avere piazzata allegramente in apparentemente innocui e profittevoli piani di investimento – salve per la seconda volta in un decennio.
Certo, dopo tanto avere, occorre anche dare. E dovremo farlo questo autunno, statene certi. Non a caso, stiamo assistendo non solo alla crisi più pazza del mondo, ma anche alla più veloce in assoluto: consultazioni avviate immediatamente e tempi strettissimi per la presentazione di un nome, pena il babao delle elezioni anticipate. Sarà. Ma qualcosa dovrebbe farvi sospettare sulle reali motivazioni che hanno spinto Matteo Salvini a ritirare in quel modo la fiducia a Giuseppe Conte e aprire la crisi, dalla sera alla mattina, apparentemente suicidandosi politicamente. Vi invito a fare un esperimento: riguardate il primo discorso del premier dimissionario all’Aula del Senato del 20 agosto e notate quale argomento fa diventare la faccia del ministro dell’Interno di colore grigiastro, scatenando contemporaneamente la più frizzante e isterica reazione dai banchi leghisti. Capirete il perché della crisi in questi tempi e modi.
E ora? Poco cambia, l’importante era che si staccasse la spina al governo giallo-verde, prima che qualcosa andasse davvero fuori controllo. La Bce, ieri, ha comunicato che lo stock di crediti deteriorati nella pancia delle banche d’eurozona si è dimezzato, arrivando ora a 587 miliardi di euro dai 1.000 del 2014, oltretutto annunciando la concessione di più tempo agli istituti per coprire. Un lavoraccio, sanguinoso ma necessario, ricompensato oggi con l’addio all’Addendum: ringraziamo per questo, tutti quanti, anche l’ex presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani. Pensate che un Governo che vedeva le banche come fumo negli occhi sarebbe stato lasciato ancora in condizione potenziale di fare danni, magari con qualche Commissione d’inchiesta tal forte tasso di populismo giacobino? Suvvia.
Si andrà al voto? Magari sì. Ma non è un problema: scordatevi epiloghi stile 4 marzo 2018 o 26 maggio 2019 per M5S e Lega. La campagna elettorale, in tal senso, potrebbe riservare sorprese e colpi di scena. Nascerà il governo M5S-Pd? Poco male, tutto fumo e niente arrosto, solo un passaggio temporale breve ma necessario in attesa dell’epilogo reale. Tranquilli, l’unico Zingaretti destinato a essere ricordato dagli italiani è quello che ha impersonato il commissario Montalbano sul piccolo schermo. Signori, la pagina è stata voltata! Gli impresentabili del potere oggi ciarlano di capitalismo dal volto umano e ambiente, sono pronti per tornare in sella. D’altronde, a cosa credete che siano serviti mesi e mesi di sovra-esposizione mediatica di una liceale svedese con un cartello attaccato al collo, davvero a salvare il pianeta? Ora, con tutte le Banche centrali allineate sui nastri di partenza per un nuovo round di Qe, sarà tutto più facile per chi subentrerà ai barbari di passaggio che stanno lasciando la scena.
Barbari, chi ha detto di voler salvare l’Italia dai barbari, aprendo di fatto la strada a quanto sta accadendo al Quirinale? Ah sì, Beppe Grillo. Oltretutto, scavalcando il sacro principio della democrazia diretta del Web e tutti i suoi pretoriani e i loro – sacrosanti, stando all’ortodossia grillina – dubbi politici verso il Pd. Tutto dimenticato, tutto svanito: occorre salvare il sistema dai barbari. I quali, come certi leader dei “gilet gialli”, stranamente potrebbero diventare presentabili con il tempo. E passare dalle molotov ai dibattiti organizzati da Macron per ritrovare la concordia nazionale. Meditate gente, non è Scherzi a parte. È Matrix. E c’è davvero da aver paura, perché se la gente crede davvero che la stessa Corporate America che ha fatto miliardi con il rimpatrio dei soldi off-shore garantito dallo shock fiscale di Donald Trump e che, in cambio, ha sostenuto i suoi falsi rallies di Borsa a colpi di buybacks, ora si tramuti in Robin Hood o Muhammad Yunus, significa davvero che il loro lavaggio del cervello ha funzionato. E alla grande.
Io non voglio un capitalismo etico, mi terrorizza quanto lo Stato etico: la Ddr la vedevo come modello a 18 anni, lo facessi ancora adesso mi porrei delle serie domande di livello psichico. Io voglio un capitalismo fair, ovvero che gioca secondo le regole del profitto e della concorrenza leale, che livella verso l’alto del merito e del talento e non verso il basso delle Banche centrali che spacciano liquidità come pusher al giardinetto. Attenti al riflusso che sta per innescarsi in contemporanea con il ritorno in stile Conte di Montecristo delle élites ripulite e di nuovo vergini, perché la risacca dei “buoni a tutti i costi” può essere peggiore dell’onda sovranista. Molto peggio.