In Italia esiste una strategia collaudata per mandare in cavalleria un’argomentazione scomoda: la si trasforma in dibattito sui media, millantando interesse fattivo. E urgenza di intervento. Non a caso, quando una vicenda scotta, si istituisce una bella Commissione d’inchiesta parlamentare. Insabbiamento assicurato. In casi meno gravi, invece, i giornali cominciano a montare la panna, costringendo chi di dovere a intavolare una discussione. Con la grancassa in sottofondo. Ad esempio, il tema del lavoro. E dei salari.



Ricordate l’annoso confronto fra politica e parti sociali sul salario minimo per legge? Un nuvolone di polvere degno delle partenze a razzo di Bip Bip. Epilogo? Catastrofico come gli inseguimenti di Will Coyote. D’altronde, l’inflazione imponeva una riflessione sul rischio di spirale prezzi-salari. Argomento che alla cassa dell’Esselunga, però, non garantisce sconti. Ma non ditelo a Confindustria. Ora il focus si è spostato sulla settimana corta a parità di salario, dopo che la Gran Bretagna pare averne scoperto le virtù quasi taumaturgiche. Il Brexit fa miracoli. O impone scelte tanto obbligate quanto disperate. In ogni caso, l’Italia si accoda. Il dibattito comincia a impazzare. Quindi, tutto finirà in nulla. I salari resteranno mediamente da fame e incapaci di coprire il potere d’acquisto minimo necessario, le proposte di lavoro a 2 euro l’ora troveranno sempre file di nuovi schiavi pronti ad accettarle. E non giudici che le tramutino in reati e ammende, ponendo così un argine a una deriva che politica pare non vedere, se non quando proprio non se ne può fare a meno.



I sindacati dormono e coccolano la sola categoria che ancora rappresentano, cioè i pensionati. Non a caso, alla parola pensioni mostrano epilettici riflessi pavloviani da tesseramento. Ora guardate il grafico.

Nella realtà, siamo già oltre. Già oggi, il numero di lavoratori necessari a un’azienda quotata sullo Standard&Poor’s 500 per generare 1 milione di dollari di fatturato è ai minimi storici assoluti. E lasciate che i soloni parlino di grafico poco credibile, poiché non contempla valore del dollaro e inflazione rapportata ai diversi contesti storici. Basta che vi guardiate attorno. Con onestà. Semplicemente, il lavoro umano serve sempre meno. E, soprattutto, le cosiddette ristrutturazioni non rappresentano più una dolorosa eccezione alla regola per ripartire dopo una crisi, sono voci e ricette strutturali di manipolazione dei bilanci. Esattamente come certi continui aumenti di capitale. Si opera sulla finanza, si abbandonano ricerca e sviluppo e CapEx e quando i conti non tornano, si lasciano a casa operai e impiegati.



Stupiti – in tal senso – dell’esplosione di popolarità e sovra-esposizione mediatica dell’intelligenza artificiale nell’ultimo periodo? Casualmente, proprio ora. Con la recessione alle porte, l’inflazione che rialza la testa e in pieno rigonfiamento dello tsunami occupazionale in arrivo. O già in atto, come mostrano non più solo le corporations Usa (tech in testa, guarda caso) ma anche Basf ed Ericsson in Europa. Capito perché le varie Confindustrie del mondo possono permettersi il lusso di negare l’evidenza di un mercato parallelo di salari da fame e fare spallucce a 3 morti sul lavoro al giorno, molti magari nei cantieri di quel superbonus che si difende come una trincea del Carso? Capito perché dobbiamo diventare sempre più tech e social-dipendenti?

Ci hanno talmente ingozzati di superfluo, come oche da ingrasso per il foie gras, da essere diventati noi stessi il superfluo, senza nemmeno essercene accorti. A inizio anni Novanta servivano 7 lavoratori per generare 1 milione di fatturato. Oggi ne bastano 2. Un domani ormai alle porte, soltanto 1. Poi? Poi sarà guerra. Di sopravvivenza. O forse lo è già e già in un contesto peggiore? Perché il sopravvissuto è riconoscente. Ma il risparmiato lo è ancora di più. Diventa fedele fino al parossismo. Perché è ancora vivo. Non deve vergognarsi della disoccupazione, della precarietà, dei debiti e delle rinunce. O, quantomeno, può rimandare quei pensieri funesti al domani, mantenendoli dentro di sé sotto forma onirica di incubo.

Ed è questo che sembra perseguire chi arriva a certe sperimentazioni da eugenetica occupazionale, come quella denunciata dai giorni scorsi dai sindacati svedesi: l’azienda di abbigliamento svedese H&M deciderà i 1.500 dipendenti da licenziare attraverso 30 test di intelligenza. A cosa può servire un processo di selezione distopico come questo, se non a mantenere vivo l’incubo? Farlo diventare stella polare. Di più, linea di condotta. Bertolt Brecht intitolò così il più noto dei suoi Drammi didattici, fulgido esempio di spietatezza della coerenza. Il compagno che tradisce la lotta, ancorché involontariamente, va punito. E il processo da coro greco ne sublima l’essenza, rendendola indelebile. L’incubo, appunto.

I sindacalisti svedesi hanno parlato di dipendenti in lacrime, dopo aver sostenuto il primo test. Perfetti sopravvissuti. Adoranti risparmiati. Esempio per tutti, monito che cammina. E striscia il badge, felice di poterlo ancora fare. Chi si lamenterà più per salario, straordinari, reperibilità o ticket restaurant, essendo tornato vivo dall’Inferno conradiano della quasi disoccupazione? Ma i sistemi sociali non viaggiano mai sconnessi da quelli economici. Soft landing, davvero ci credete? Poiché trattasi della stessa Svezia che aveva fatto già parlare di sé in tal senso, solo pochi giorni prima, stante gli 8.500 esuberi previsti dal colosso della telefonia Ericsson. Il Paese della socialdemocrazia compiuta, del welfare universalistico, di Olaf Palme e degli asili che venivano studiati in tutto il mondo come esempio di inclusività. Quasi di maieutica civica. Puff, tutto svanito?

Il problema ora non è sopravvivere a questa recessione, il problema sta alla radice. Culturale. Ora che i Governi non possono più giustificare l’erosione del potere d’acquisto con il caro-energia dovuto al Putin’s hike, che faranno per gestire il cortocircuito tra inflazione da sgonfiare e tassi in rialzo che minacciano il mercato? Come potranno evitare che il vaso di Pandora si scoperchi, rivelando come stampare moneta artificiale ben oltre la domanda sia la ragione per cui ora è necessario non solo licenziare, ma anche – contestualmente – educarne cento, colpendone uno?

Il libero mercato sposa Mao. Finché le equities inglobavano quel diluvio di liquidità, lasciando rivoli carsici controllati a irrorare le dinamiche macro, tutto andava bene. Perché i debiti divenivano sostenibili. Senza fatica. E senza tagli. Anzi, l’inflazione andava stimolata. E si sa, accademicamente, l’inflazione aiuta e rendere ancora più sostenibili i costi di finanziamento dei debiti. Era tutto bello. Helicopter money, MMT, sussidi, sostegni pandemici, bonus e marchette. E adesso? Chi glielo spiega ai sopravvissuti di H&M? E, soprattutto chi, come e per quanto tempo si potranno tenere buoni i sacrificati? Basterà il mezzuccio atroce del test che presuppone la tua colpevolizzazione implicita, il tuo esserti meritato il licenziamento perché sei scemo? Già l’esserci arrivati, è un passo verso il vuoto.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI