Le attese degli investitori per il 2024 sono sorprendentemente concordanti. Le banche d’affari che si sono esercitate nella consueta previsione per l’anno iniziato concordano sui punti principali e la dispersione, sulle metriche più importanti, è minima. Gli investitori non si aspettano alcuna recessione severa ma un “atterraggio morbido” dell’economia o, al massimo, una recessione lieve. Si attendono un ritorno dell’inflazione al 2% o a una cifra molto vicina a questo numero. Infine, si aspettano che nel corso del 2024 le banche centrali comincino a tagliare i tassi patendo con la Bce e la Banca d’Inghilterra e poi continuando con la Fed. Tutti si aspettano un leggero indebolimento del dollaro da questi livelli. Queste sono più o meno le attese che si concretizzano in un percorso molto stretto per i mercati.
Facciamo un passo indietro per parlare di quello che non è successo nel 2023. Negli ultimi dodici mesi non c’è stato alcun taglio dei tassi delle principali banche centrali occidentali, non c’è stata recessione e l’inflazione, per quanto in calo, ha rallentato molto meno velocemente di quanto ci si attendesse nei primi mesi dell’anno scorso. Nelle ultime settimane del 2023 i timori di rallentamento sono stati neutralizzati sui mercati dalle attese di inversione delle politiche delle banche centrali.
Lo scenario con cui si entra nel 2024, recessione lieve, taglio dei tassi e riduzione dell’inflazione verso il 2%, rappresenta un crinale strettissimo. Gli stimoli fiscali americani, ancora molto generosi e superiori a qualsiasi livello in tempo di pace, potrebbero far venire meno ogni scenario di rallentamento come ipotizzato per esempio dal Ceo di Blackrock qualche mese fa. Questo renderebbe molto difficile sia una discesa dell’inflazione al 2%, sia un cambio di passo della Fed nei tempi e nei modi che il mercato oggi si attende. La discesa dell’inflazione è poi legata a variabili che non sono completamente nelle mani delle banche centrali. Nonostante le tensioni geopolitiche i flussi fisici di gas liquefatto e di petrolio hanno retto negli ultimi mesi e le sanzioni sono state aggirate con la complicità di molti. Il taglio dei tassi, soprattutto se troppo in anticipo, potrebbe dare origine a fenomeni di esuberanza dei mercati che alla fine avrebbero un effetto sui prezzi al rialzo.
Alla base dello scenario di calma che gli investitori proiettano per il 2024 sembra ci sia un’assunzione non detta. L’assunzione vera è che banche centrali e politica riescano a governare il quadro macroeconomico senza scossoni; quindi tagli dei tassi ma senza una vera recessione, grandi stimoli fiscali, soprattutto negli Usa, ma senza una ripartenza dell’inflazione. Queste condizioni possono coesistere per un lasso di tempo limitato; non possono essere un orizzonte di lungo periodo. Forzare il quadro economico su questi binari stretti ha un costo che inevitabilmente si paga, per esempio nel caso dei deficit fiscali impazziti. Il lungo periodo però in questo momento lascia la precedenza alle prospettive di breve; su tutte le elezioni americane di novembre 2024 in un contesto geopolitico che si complica con il passare dei mesi. I conti arriveranno dopo, ma adesso, almeno nella prospettiva degli investitori, è troppo presto per parlarne.
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