Come al solito, tutto le tessere cominciano a combaciare nel mosaico. E la figura prende forma. Sempre la stessa: un’enorme sciarada. Gli Stati Uniti hanno appena vissuto il loro picco di contagi da variante Delta, 100.000 al giorno. Come da copione, almeno per chi non si è bevuto la retorica della Casa Bianca. E lasciano già intendere che la questione potrebbe aggravarsi, poiché sarebbero emersi già oltre un centinaio di casi di variante Lambda, quella sudamericana, apparentemente ancora più aggressiva dell’attuale.
Il Paese che come al solito pretendeva di insegnare a tutti come si sta al mondo, fanfaronando di immunità di gregge entro il 4 luglio, ora vede il suo Presidente proclamare ufficialmente l’inizio della pandemia dei non vaccinati. In compenso, dopo che il Cdc – ovvero, l’organismo sanitario – ha bellamente bypassato il Congresso con una direttiva di sicurezza nazionale che sposta dal 31 luglio al 3 ottobre la fine del blocco degli sfratti, ecco che la risorgente emergenza sanitaria ha garantito alla Casa Bianca l’alibi per estendere motu proprio il blocco delle rate per i detentori di mutuo scolastico fino al prossimo febbraio. Una platea di 42 milioni di americani, fra studenti attuali e lavoratori che, in ossequio a un sistema educativo quantomeno discutibile, si trascinano i debiti del college fino ai 40 anni e oltre.
La prossima tappa? Semplice, estensione dei programmi federali di sostegno quantomeno al reddito, attesi in scadenza il 6 settembre prossimo. E attenzione ulteriore, perché dopo i 934.000 nuovi posti di lavoro creati a luglio, già agosto segnerà un drastico rallentamento. Statene certi. Quindi, probabile che anche una qualche formula di sussidio occupazionale resti in vigore, magari un pochino decurtata rispetto all’attuale controvalore record. Benedetto Covid. Ma è l’intero quadro a svelare plasticamente l’orizzonte di ipocrisia in cui ci siamo giocoforza calati da quel maledetto 2008 in poi, quando Wall Street ha capito che per continuare a fare soldi dal nulla occorreva crearli dal nulla, facendoli stampare a ciclo continuo dalla Banche centrali. Ovviamente, alternando emergenze che giustificassero quell’operatività fuori ordinanza. Missione compiuta: il Qe ormai è normalità. Anzi, il new normal. E chi mette in dubbio questa realtà, viene immediatamente bollato come rigorista e affamatore di popoli. Un falco. Gente che merita l’espulsione dal genere umano.
E che dire dell’Afghanistan? Sono passati pochi giorni da quando vi ho detto che l’avanzata dei talebani avrebbe rapidamente disvelato le reali intenzioni Usa rispetto alla politica in Medio Oriente e Asia centrale. Detto fatto, a poche settimane dal ritiro delle truppe di Zio Sam dal Paese, ecco che Washington decide di inviare i bombardieri per cercare di contrastare l’avanzata inarrestabile degli studenti coranici. Siamo certi che quei bombardamenti serviranno a contenere la nuova ondata di rabbia estremista e non a facilitarla, come avvenne con l’avanzata dell’Isis in Siria, di fatto resa possibile a ritmo record proprio dai raid dell’aviazione statunitense contro le milizie di Assad? Non ci vorrà molto a scoprirlo.
In compenso, ora anche la Cina pare alle prese con una nuova ondata di pandemia. Tanto da aver spinto le banche d’affari Usa a operare con fretta sospetta nel drastico taglio delle aspettative legate al Pil del Dragone per il terzo trimestre. Morgan Stanley, infatti, lo ha abbassato dal 5,5% al 5%, facendo notare – come mostra il grafico – quanto l’attuale ondata di nuovi contagi stia interessando 144 distretti in 11 province contro i 72 distretti in 6 province dei focolai invernali.
Insomma, un disastro potenziale. E una manna per i mercati. Addirittura da ricorso al machete la mossa di Goldman Sachs, la quale ha tagliato il dato della crescita cinese del 3,5% su base annua per il periodo luglio-settembre, passando dal 5,8% al 2,3% e parlando chiaramente di spill-overs cinesi che impatteranno su tutto l’andamento economico globale in autunno. Et voilà, quale pazzo darebbe vita a un taper degli acquisti in seno al Qe o a un ritiro tout court delle misure di sostegno (leggi Pepp), quando il rischio incombente è di questo genere? Nessuno, ovviamente. E se la Casa Bianca ha già cominciato a operare in tal senso, quasi certamente con un occhio anche alle elezioni di mid-term, la Fed seguirà di conseguenza. Non a caso, Jerome Powell ha commentato il dato occupazionale della scorsa settimana con insolita flemma, quasi glaciale. E invitando tutti ad attendere altre due letture per trarre conclusioni. Tradotto, fino a ottobre, tutto fermo. Ennesimo calcione al barattolo. Globale.
Ovviamente, tutto questo ha un costo. Ad esempio, nuove restrizioni, green pass obbligatori, campagne vaccinali che divengono conditio sine qua non per ogni ambito della vita quotidiana. Ma la scelta ormai è chiara: volete mercati azionari in perenne rialzo oppure una realtà di indebitamento e leverage che chiede il conto con un’altra Lehman, quasi certamente ben peggiore dell’originale? Se la risposta è la prima – come sembra, anche in base all’allegra abbuffata di trading on-line da parte di clientela retail in regime di sussidio perenne -, allora inutile lamentarsi. Ci tocca l’endemia. Ci toccano le terze, quarte, quinte dosi di vaccino. Le mascherine da non buttare mai via, perché possono tornare a essere necessarie. Ci toccano condizioni di lavoro nuove, spesso e volentieri basate sullo smart working. E che un domani, quando la paura del virus sarà passata ma avrà lasciato la sua cicatrice indelebile sui rapporti sociali e occupazionali, magari garantirà l’introduzione di un nuovo criterio di flessibilità, fino al superamento di quello strumento obsoleto della contrattazione come la conosciamo. Tanti bei contrattini, abbelliti da qualche bonus, ma, sostanzialmente, votati a un indebolimento strutturale delle garanzie e delle tutele. Anzi, alla loro abolizione.
D’altronde, il Covid è servito anche come mezzo traumatico per il superamento della globalizzazione. Oggi serve un nuovo patto sociale, più snello. Nel senso che i diritti finiranno a dieta perenne. E quanto sta avvenendo in questi giorni, fra restrizioni e obblighi mascherati, rappresenta solo la prova generale. E il disvelamento finale del grande reset cominciato a inizio 2020, quando il mondo si è reso conto che la toppa messa dalla Fed nel settembre precedente con le operazioni repo sulla liquidità globale stava operando in modalità aspirina contro un tumore. Nessun piano orwelliano di controllo sociale, soltanto un nuovo ordine post-globalizzazione. Paradossalmente, ancora più ingiusto. Ma tempestato di diritti LGBT, helicopter money ciclica, Banche centrali dipinte come cavalieri bianchi e reddito di cittadinanza come argent de poche che cade dalle tasche stracolme dei mercati equity per farci sentire ancora middle-class e non il nuovo lumpen-proletariat digitale. Semplicemente, un altro post-Lehman. Per ora, senza il bisogno di una nuova Lehman. Per ora.
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