Non so quanti di voi abbiano visto La regola del sospetto con Al Pacino e Colin Farrell. In quel film, il reclutatore della CIA che vuole accaparrarsi i servigi del talentuoso laureato in crittografia, gli delinea quale sarà la sua vita futura se declinerà la sua offerta di arruolamento nell’Agenzia: un impiego dirigenziale alla DELL, uno dei big tech americani. Di fatto, l’archetipo della carriera occupazionale tranquilla. Fino alla noia. Bene, quel simbolo di agiatezza salariale ha appena annunciato 6.650 esuberi a causa di un ambiente economico che a livello globale sta tramutandosi in uno scenario di sfida. Si tratta di circa il 5% della forza lavoro totale. Anche questo nel settore tech. Lo stesso che nel solo mese di gennaio ha annunciato 107.185 esuberi. Cui fino all’altro giorno si univano altri 2.578 di febbraio.
E il trend non è frutto di un 2023 nato sotto una cattiva stella. A ottobre dello scorso anno gli esuberi furono 24.164, a novembre 50.573 e a dicembre altri 40.368. Buon Natale, caro impiegato. Amazon, Google, IBM, Microsoft, OpenText, PayPal, SAP, Micron. Eccetera eccetera. Tutto il gotha tecnologico scaricava ed eliminava forza lavoro. Nel silenzio dei media. Ma in nome di cosa? Un tempo qui era tutta campagna, si dice osservando sconsolati certi casermoni nelle periferie urbane. Traslando la figura retorica al mercato, forse potremmo dire che un tempo qui era tutto ESG. Bene, oggi invece è AI. L’intelligenza artificiale. Microsoft punta sul nuovo motore di ricerca ChatGpt e Google immediatamente replica con Bard. Basta dare un’occhiata alle principali agenzie di stampa, da Bloomberg a CNBC a Reuters. Un’invasione di intelligenza artificiale. Una mania. L’ennesima. Di fatto, il nuovo boom del comparto tech.
Bene, in questo grafico vedete invece il vero boom del comparto tech, quello di cui vi ho appena parlato. Quello in atto da mesi e che oggi sta raggiungendo il suo zenit di ristrutturazione.
Perché occorre pur risparmiare da qualche parte, se si vogliono operare buybacks che tengano alte le valutazioni e basso il flottante di titoli che ora i vari ChatGpt e Bard ora manderanno con ogni probabilità in orbita. Quasi certamente in contemporanea con lo stop della Fed ai rialzi. E, magari, un bel taglio dei tassi che fa morale, come certi pareggi delle squadre di calcio incorse in un filotto di sconfitte. Al computo di febbraio, quella barra in fondo a destra che vola in cielo, occorre unire i 6.650 esuberi di DELL e i 1.300 appena annunciati da Zoom Video. Nel caso di quest’ultimo, pari a qualcosa come il 15% della forza lavoro totale.
Lungi da me lanciare appelli al neo-luddismo digitale. Così come ritenere che tutto ciò che è progresso vada letto come fattore di detrimento per l’occupazione tradizionale. Evitiamo anche di scomodare Orwell o Asimov. Ma, almeno, guardiamo la realtà in faccia. Dopo la sbornia ESG che rischia di devastare il comparto automotive e che comunque, quantomeno per noi europei, comporta l’imminente sbarco del colosso cinese BYD con il suo carico di dumping, quanto possiamo spingerci a rischiare in termini di capitale umano e condizione umana (André Malraux mi perdonerà da Lassù)? Oltretutto il tutto in nome di sesquipedali elucubrazioni del nulla come si dimostrano di essere l’80% delle app o il 90% dei social. Giochini. Marketing. Bolle. Perché parte e arriva tutto lì.
Quanto può valere la Spoon River silenziosa dell’occupazione sana negli Usa? E quanto manca prima che lo tsunami varchi l’Atlantico? Mentre noi attendevamo Sanremo, a Parigi le strade esplodevano. E la polizia caricava l’ennesima manifestazione contro la riforma delle pensioni. Ma nessun media ne ha parlato. Come non parlano degli esuberi a stelle e strisce. In compenso, AI ovunque. Come fosse pane. O acqua. O aria. Paradossalmente, rischiamo invece che ci porti via tutti e tre. Quantomeno nel breve termine.
Quel grafico dovrebbe farci paura. Invece è come se non esistesse. Forse perché non circola sui social. Forse perché non bisogna disturbare il manovratore. Forse perché, alla fine, ci fa comodo così. L’importante è non essere nella lista, almeno per questa volta. L’importante è morire per ultimi. Sicuri? Questa altra immagine parla fin troppo chiaro: compara le richieste iniziali di sussidio, il dato di creazione di posti di lavoro per settore e gli annunci di tagli occupazionali tracciati dall’azienda di consulting Usa leader del settore, la Challenger. Gray and Christmas. Nemmeno a dirlo, il proxy di quest’ultima voce è rappresentato dalla linea rossa in andamento iperbolico.
Ecco le parole con cui Andrew Challenger, vice presidente dell’azienda, ha presentato i dati: We’re now on the other side of the hiring frenzy of the pandemic years. Certo, le dotte parole dei libri di economia offrono differenti definizioni di recessione, ma, guardando il mondo non dall’oblò, ma dalla prospettiva della cassa di un supermarket, questa non è una recessione colossale già in atto? O, quantomeno in fieri? Il dato sulle non-farm payrolls della scorsa settimana, scorporato, parlava chiaro: al netto del doping contabile di un aggiustamento stagionale monstre, la parte del leone era recitata da lavori part-time. I quali, sommati per arrivare alla fine del mese, creano la figura giuslavorista quasi mitologica dei mutiple jobs. Ovvero, saltellare come grilli impazziti di lavoretto in lavoretto, spesso in nero, per arrivare a malapena a 1.200 dollari al mese. Nel frattempo, caricandone 1.500 sulla carta di credito per pagare affitto, bollette e mangiare
Non ci credete? Guardate questi due grafici e rendetevi conto da soli del grado di falsità di quei 517.000 posti di lavoro sbandierati la scorsa settimana dal BLS e statunitense, roba da Fausto Tonna dell’occupazione. Mentre in realtà, i colossi del tech licenziavano a tutto spiano. E tagliavano posti di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Insomma, come al solito, cortine fumogene ovunque. Tutto intorno, la vita che scorre accanto. Sempre più veloce. E nemmeno più con la consolazione di poter vedere il proprio figlio sistemato alla DELL, paradiso di tranquillità occupazionale. Dove spendere i primi 10 anni per ripagare il debito scolastico contratto per andare al college a imparare crittografia non lineare.
Unite i puntini, adesso. Saranno un caso gli attacchi hacker, i palloni sonda cinesi e l’invasione di intelligenza artificiale? O soltanto l’ennesima appendice social e parossisticamente mediatica dell’emergenza sicurezza, il lato tech di quel moltiplicatore warfare in piena carburazione?
Difficile uscire da un cul de sac di questo genere. D’altronde, chi crea certi loop, è uno che ci sa fare. Uno che capisce quanta presa possa avere un cellulare a rate da cambiare ogni anno, il credito al consumo per beni tanto inutili quanto irraggiungibili a livello salariale o il volo low cost, a fronte dell’instaurazione di un sistema che quelle briciole le garantisce volentieri. Perché generatrici di ben altro. Una schiavitù senza gabbia. O, meglio ancora, un alibi a tutto tondo. Sia di cui lamentarsi di default, sia di cui essere pronti a divenire scudiero. Alla bisogna. Come con certi numeri degli aggiustamenti stagionali.
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