I verbali del meeting del Fomc della Fed di luglio pubblicati ieri erano attesi dagli investitori per ragioni più che comprensibili; i mercati e gli indici azionari hanno resistito a tutto e nonostante tutto grazie all’intervento della Federal Reserve e poi a ruota delle altre banche centrali occidentali satellite con gli investitori che non osano più mettersi di traverso. Ondate di pandemia, crisi e tensioni geopolitiche o politiche hanno lasciato i listini ai massimi. Qualsiasi accenno di inversione “vera” da parte della Federal Reserve metterebbe quindi a rischio lo scenario attuale e i listini. Ieri, dopo un’iniziale reazione negativa, i mercati hanno digerito la comunicazione senza particolari contraccolpi.
I fattori in gioco sono sempre gli stessi: il ritmo di recupero dell’attività economica, l’inflazione e il recupero del mercato del lavoro. I primi due elementi dell’equazione consiglierebbero un rallentamento del ritmo di acquisti della Federal Reserve; i fattori sottostanti alla crescita dei prezzi non sono transitori perché alcune voci, per esempio quelle relativo al costo delle abitazioni sia in termini di affitto che di acquisto, hanno una naturale persistenza. La Federal Reserve, però, e di questo abbiamo avuto conferma ieri, guarda al tasso di partecipazione al lavoro degli americani che è ancora sensibilmente al di sotto dei livelli pre-pandemici. Possiamo discutere le ragioni alla luce dei sussidi governativi, della ristrutturazione delle catene di fornitura globale o del fatto che il recupero economico non è presente in tutti i settori nella stessa misura. Quello che conta è che la Fed sia “obbligata” a posticipare qualsiasi rientro delle politiche di stimolo monetario fino a che il mercato del lavoro non sarà sensibilmente migliore di quanto sia oggi. Oppure, per i malpensanti, la Fed ha la scusa perfetta per non far rientrare subito gli stimoli e per far correre l’inflazione che rimane il “male minore”.
In ogni caso niente di meglio per capire l’aria che tira delle dichiarazioni rese ieri da Lorie Logan, responsabile delle operazioni di mercato aperto della Fed, secondo cui la banca centrale potrebbe alzare i limiti delle operazioni di pronti contro termine (“Reverse repo”). La banca centrale non sembra avere intenzione, per ora, di cambiare corso. Rimane sullo sfondo l’andamento dell’inflazione che colpisce le tasche dei consumatori e delle famiglie molto di più di quanto dicano le statistiche ufficiali. In Europa alle famiglie alla ricerca di tracce visibili di inflazione basterebbe controllare la bolletta elettrica, piagata, tra l’altro, dalla rivoluzione verde, ma i prezzi del gas sono esplosi anche negli Stati Uniti. I prezzi degli alimentari, degli affitti e delle case sono in rapida salita in tutte le principali economie occidentali.
Gli indici azionari quindi rimangono una destinazione per mancanza di alternative con il mercato obbligazionario che non offre rendimenti nemmeno con l’inflazione ai massimi degli ultimi 20-30 anni mentre tutti si pongono il problema di come tutelare il potere d’acquisto dei propri risparmi. I listini saliranno per sempre? Non lo sappiamo, ma la Fed continua a spingere e non accenna a rallentare e questo continua a entrare nelle valutazioni degli investitori. Ieri, il Governo americano ha annunciato la terza dose per i vaccinati. Difficile continuare a convincere alla vaccinazione annunciando chiusure. A parte shock esterni sempre possibili in uno scenario internazionale e nazionale volatile l’unica minaccia che si vede all’orizzonte è un’esplosione dell’inflazione.
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